13 settembre 2023

"CASTELSARACENO. IL PONTE SOSPESO PIU' LUNGO AL MONDO" a cura di Vincenzo Capodiferro


"CASTELSARACENO. IL PONTE SOSPESO PIU' LUNGO AL MONDO"

Un viaggio nella storia e nel futuro, di Adamo De Stefano


"Castelsaraceno. Il ponte tibetano più lungo al mondo. Idee, esperienze e narrazione per la progettazione del paesaggio nelle aree interne" è un libro dell'autore Adamo De Stefano, editore Universosud 2023. L'autore ci narra una singolare ricostruzione che parte da determinate matrici tematiche storiche, come quella arabo-saracena e quella greco-basiliana, preponderanti nel nostro territorio, per sfociare in una progettualità che prevede la valorizzazione di tutto il paesaggio, attraverso la creazione di itinerari storico-naturalistici, che colleghino vari punti focali di tutto il territorio, come le antiche badie basiliane, tra cui spicca quella di Sant'Angelo al Monte Raparo, con le sue grotte ancestrali e le fonti intermittenti, ricordate da umanisti quali il Pontano, attraverso la rielaborazione degli antichi miti. L'opera del ponte tibetano più lungo al mondo viene così inquadrata in un contesto che tiene conto di tutto, un contesto geo-storico. Come diceva Giustino Fortunato: «La Basilicata è frutto della storia e della geografia!» e ciò è valido non solo per la Basilicata. La progettualità dell'autore prevede, dunque, la creazione di un Parco Tematico, che coinvolge tutti i comuni del circondario e che prevede quindi un grande spirito di collaborazione, che non sempre è auspicabile, dati i campanilismi presenti nel territorio: «La visione sistemica di rigenerazione urbana e rurale,» scrive l'autore, «prevede il miglioramento estetico dell'intero areale e delle sue connessioni ecologiche, la fruizione sportivo/pedonale dell'habitat del fiume Racanello, con la rifunzionalizzazione idraulica e la risagomatura del canale del mulino, la realizzazione di un percorso idrotermale, di un parco avventura, un laghetto artificiale, rappresentazioni scultoree, ovvero il terrazzamento di alcune superfici da destinare a orti saracene ed erbe medicinali, percorsi didattici e sensoriali, corpi illuminanti per la fruizione notturna, trekking someggiato, un ponte levatoio o sospeso aggiuntivo e così via». È una sfida, accattivante, sincera, che parte da uno Studio profondo. Proprio la conformazione storica dei centri urbani, arroccati sui colli a scopo difensivo, ha accresciuto nel corso dei secoli un senso di sfiducia reciproca e di diffidenza trai comuni. È soprattutto il racconto di un sogno, che piano piano ha preso piede, dalle prime mosse, avviate dal sindaco Domenico Muscolino, fino alla realizzazione completa, raggiunta sotto l'amministrazione Rosano. È un'opera singolare che non parla solo di storia, ma che intende attualizzare la storia, renderla accessibile alle masse, che soprattutto si proietta al futuro. La temporalità, come sosteneva Agostino, è sintesi delle tre estasi: passato, presente e futuro. La storia non è solo storia ma il riflesso del tempo, il gomitolo di Bergson, che non è solo una collana di perle, né un soprammobile da ammirare. Come scrive il giornalista Eugenio Montesano nella prefazione: «Prima ancora che un libro, questo volume è un atto d'amore,» e soprattutto «Aprirsi al domani rimanendo legati alle proprie origini e ai propri valori. Impegnarsi "al fare" piuttosto "al solo dire"». La gettatezza del fatalismo storico si slancia allora nell'evoluzione creatrice, nell'"élan vital", nell'heideggeriana pro-gettatezza dell'esserci. Questi esserci, le persone concrete e reali, non sono più da vedere come i vinti di Verga, ma vincenti nel progresso che non è solo materiale, industriale: oggi più che mai si parla di patrimonio immateriale. L'emigrazione non diventa così solo un dramma storico, ma dialogo trai popoli. La globalizzazione può diventare così una risorsa, se si mantengono i contatti con il mondo e con gli emigrati presenti nel mondo, altrimenti si cancella ogni identità. D'altronde questo processo è stato adempiuto già dalla storia: gli emigrati non hanno mai rotto il filone ombelicale che li collega alla loro terra madre.

Vincenzo Capodiferro

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Immagini immaginarie al MIIT di Torino