13 giugno 2023

GIANFRANCO GALANTE CI REGALA “STATI D’ANIMO” a cura di Vincenzo Capodiferro


GIANFRANCO GALANTE CI REGALA “STATI D’ANIMO”

Sentire intimo, sbocciato in forma di versi e steso su carta


Gianfranco Galante questa volta ci regala “Stati d’animo (e complici emozioni)”, Scriptores, Varese 2022, una densa raccolta di poesie, fatta di «numerose pagine, piene di pensieri, file di parole, esternazioni, vibrazioni avvertite; si tratta del sentire intimo, sbocciato in forma di versi e steso in carta; forse una forma di “confessione”, o confidenza».

Lo stile di Gianfranco è sempre, per così dire “galante”, fine, neoclassico, neo-stilinovistico. C’è questa esigenza di fondo che ricollega gli antichi ai moderni, c’è la passione e la nostalgia del ritorno, del perduto, delle perle della Scuola Poetica Siciliana.


Ed infine, dopo strazio

ed animo tormento

pur arido deserto

offre nuovo fiore.


È chiaro che il tema neoclassico qui si rivolge al fiore del deserto, alla leopardiana “Ginestra”, che sfida imperterrita lo “sterminator Vesevo”. E poi ci ricorda il profeta:


Si rallegrino il deserto e la terra arida,

esulti e fiorisca la steppa.

Come fiore di narciso fiorisca;

sì, canti con gioia e con giubilo.

Le è data la gloria del Libano,

lo splendore del Carmelo e di Saròn.

Essi vedranno la gloria del Signore,

la magnificenza del nostro Dio.


Carezza, dei pini,

le fronde bagnate,

che sfiora dall’alto

a colori sfumati.


Come non ricordare il panismo dannunziano de’ “La pioggia nel pineto”? Auscultando la poesia di Galante si fa un tuffo nel mondo poetico antico, in quelle venature, ispirazioni, che da secoli hanno animato il “vatismo” italico. Le orecchie sono accarezzate da ritmo, eufonia, musicalità, poesia vera, quella che affascina, intrattiene l’animo, invita alla riflessione, non lascia smarrito come la poetica razionalista e astrattista attuale, addolcisce il cuore, crea quel sentimento sublime che si chiama arte. È come l’arte astratta, che finisce per rivelarsi come un’arte “dis-tratta”. Il lettore non capisce, deve fare uno sforzo per poter dedurre i pensieri. L’arte non è più pura espressione d’un sentimento, intuizione pura, è diventata concettualizzazione. Questa è la morte dell’arte, cominciata già da Hegel.


La notte urla!

Un suono, un allarme,

si attiva paura

e spande terrore

in mente e nel cuore.

Riecco la guerra

di case sfondate

E gente per terra…


Come non ricordare “Uomo del mio tempo” di Quasimodo? O “San Martino del Carso” di Ungaretti? La guerra non finisce mai. È come gli esami. Anche se non la viviamo più in prima persone dal ’45, ne avvertiamo sempre l’eco, coi suoi stermini, le trombe degli angeli della morte. Thanatos sconvolge sempre, come ha sconvolto anche Freud in quella “Grande Guerra”.

Galante è un poeta sensibile a tutte le tematiche, quelle eterne, che la poesia sempre rimescola e rioffre come un mazzetto di bei fiori, cambiando la posizione degli steli e quelle, naturalmente legate al proprio tempo, al posto in cui si vive, all’erleben.


Vincenzo Capodiferro

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