24 maggio 2023

Eve Arnold e la fotografia come verità. A cura di Marco Salvario

Eve Arnold e la fotografia come verità.

A cura di Marco Salvario


Nel 1952 Eve Arnold ha l'opportunità di fotografare Marlene Dietrich. L'attrice tedesca è una diva bella e famosa che, però, ha superato i 50 anni e deve fare i conti con i segni del tempo; quando esamina i provini del servizio, si intromette pesantemente con annotazioni, commenti e chiedendo interventi di ritocco. Eve non si piega e lascia le proprie immagini così come sono state riprese, fedele alla convinzione che la fotografia sia documentazione della realtà e non alterazione o falso.

Una volta pubblicato, il servizio riscuoterà pareri favorevoli, compreso quello della stessa Dietrich.


Il centro espositivo Camera ha dedicato a questa fotografa dalla forte e coraggiosa personalità, una mostra visitabile dal 25 febbraio al 4 giugno 2023 dal titolo: “Eve Arnold. L'opera 1950-1980.”; un felice ritorno a Torino che, nel 2014, aveva ospitato: “Eve Arnold: Retrospettiva.”



Eve nasce nel 1912 a Philadelphia da una famiglia ebraica di immigrati russi, fuggiti dalle persecuzioni in atto nei travagliati e poveri territori che, nel 1917, sarebbero diventati la Repubblica Popolare Ucraina, uno degli stati fondatori, cinque anni dopo, dell'Unione Sovietica.

Nonostante le difficoltà economiche, Eve frequenta la facoltà di medicina, ma lascia gli studi senza arrivare alla laurea. Si trasferisce a New York e comincia a lavorare per una società di pellicole fotografiche, passando da uno stato all'altro. Ha 28 anni, quando riceve in dono la sua prima macchina fotografica. Nel 1943 frequenta un corso di fotografia e si fa notare per le sue qualità. Si sposa con un ebreo tedesco fuggito durante il nazismo e nel 1948 avrà un figlio; una seconda gravidanza si concluderà con un aborto. Il matrimonio non durerà, anche se Eve conserverà sempre il cognome del marito, Arnold.

Le sue foto dietro le quinte delle sfilate di moda ad Harlem, dove modelle afroamericane presentano capi per una clientela di colore, creando scandalo in un'America conservatrice, che ritiene le riviste di moda destinate a un pubblico esclusivamente bianco.

Nel 1950 ottiene i suoi primi incarichi editoriali e il suo stile diretto, senza censure e senza pregiudizi, ancora più difficile da accettare, allora, perché proveniente da una donna, crea spesso imbarazzi e rifiuti. Eppure, nel '51, Eve Arnold è scelta per diventare la prima donna membro associato della prestigiosa agenzia Magnum Photos.

Decisa, ma sempre rispettosa delle persone, instaura rapporti di professionale amicizia con le mogli dei principali uomini politici statunitensi, a cominciare dalla first lady, Mamie Eisenhower.

Nel '54 è a Cuba per un reportage e fotografa i momenti di un rito voodoo. Tra le foto esposte alla Camera, non posso non ricordare il bianconero “Barista di un bordello nel quartiere a luci rosse”, dove una giovane donna dallo sguardo perso nel nulla si appoggia al bancone con le mani giunte, quasi in preghiera; forse è ubriaca o solo stremata dalla fatica, avvolta dalle luci e dai riflessi del locale. Sembra che solo lei sia ferma, al centro di un turbine frenetico di cui non è cosciente. L'Avana sarà, così è il titolo del servizio, “La città più sexy del mondo”, ma è anche povertà, degrado e sfruttamento.

Eve Arnold sta raggiungendo la fama e dal suo obiettivo si fanno riprendere gli attori Paul Newman, Marilyn Monroe, Laurence Olivier, Joan Crawford, Clarck Gable ecc. Resta però una fotografa impegnata, che ritrae personaggi religiosi come il predicatore Oral Roberts, segue la vita degli italoamericani nel New Jersey, documenta le attività di integrazione tra studenti bianchi e neri in Virginia.

Nel 1961 riesce a essere presente ai convegni di Malcom X, leader complesso, impegnato nel sostenere le rivendicazioni degli afroamericani, che si definisce comunista, aderisce all'Islam e stringe alleanze con gruppi strettamente legati al nazismo. Proprio uno dei capi di quei movimenti, infastidito dagli scatti della fotografa, la minaccia: “Farò di te una saponetta.” Chiaro e tragico è il riferimento ai forni crematori e alle origine ebraiche di Eve, che continua il suo lavoro e si limita a commentare: “Purché io non diventi un paralume”; in italiano si direbbe meglio “un soprammobile”. Una risposta splendida, dove la fotografa dichiara la sua vocazione per documentare la verità ad ogni prezzo, sia anche quello della vita, senza permettere a nessuno di fermarla. Lei non giudica, semplicemente mostra la realtà, senza ipocrisie, senza abbellimenti, senza compromessi. Minacce e lusinghe non la piegano.

Sempre nel 1961 si trasferisce in Inghilterra con il figlio e segue la vita dei giovani britannici.

Nel 1962 ritrae l'ex attrice, diventata principessa, Grace Kelly nella sua residenza di Monaco.

Nel '64 realizza un altro servizio scomodo, che crea molte polemiche, “The Black Bourgeoisie”, dedicato alla nuova e ricca borghesia nera, sempre più ambiziosa e potente. Per molti lettori bianchi, il servizio è uno sgradevole e inaccettabile schiaffo, una finestra aperta su un nuovo mondo, che non riescono ad accettare.

In questo periodo stare dietro a tutti i servizi realizzati da Eve Arnold, è quasi impossibile.

La troviamo nel Caucaso, a Windsor col principe Filippo, in Vaticano, sul set di decine di film, in Russia, nel North Carolina a seguire l'addestramento dei marines che si preparano per combattere in Vietnam, poi in Afganistan, Pakistan, Egitto e negli harem degli Emirati Arabi Uniti. Nel 1972 è presente a Monaco durante le Olimpiadi più tragiche della storia. Nel '75 è in Russia, poi in Marocco. Nel '78 ci presenta una sorprendentemente tenera Margaret Thacher, futura Lady di ferro, con la piccola figlia, e viaggia in India per seguire la campagna elettorale di Indira Gandhi.



Per due anni vive in Cina e la percorre per decine di migliaia di chilometri, attraversando Tibet e Mongolia. Ormai Eve ha più di 60 anni, ma conserva la voglia e l'energia di mettersi in gioco. Le immagini che ci regala della Cina, sono belle e interessanti; un documento unico per valore artistico e storico.

Nel 1981 ritorna negli Stati Uniti e racconta come la grande potenza stia cambiando, visitandone ben 36 stati; successivamente è al lavoro in Messico, poi nuovamente in India e a Medjugorje, per indagare sulle miracolose apparizioni della Madonna.

Pubblica con successo numerosi libri con le sue opere e i suoi reportage.

La sua attività rallenta per l'età, ma non si ferma. Nel 1988 ritorna in Russia. Nel 1997 è a Cuba, e incontra una bambina che aveva fotografato più di 40 anni prima.

Ovunque riceve riconoscimenti; nel 2003 è insignita dell'Ordine dell'Impero Britannico.

Nel 2012 muore a Londra, a un passo dai cento anni. La sua vita e le sue foto sono state raccolte dai suoi amici in un volume: “All about Eve”.



Nel 1987 Eve Arnold aveva pubblicato “Marilyn Monroe: An Appreciation” e, poco prima di morire, “Marilyn Monroe”.

Quello tra Marilyn e Eve è un rapporto di stima reciproca, che va ben oltre l'ambito professionale. Le due donne si conoscono quando sono a inizio carriera, e d'istinto, colgono e apprezzano le rispettive capacità; entrambe hanno nella propria arte un dono naturale che riescono a valorizzare e le rende uniche. È l'attrice a chiedere per prima a Eve di ritrarla e la inviterà più volte sui set dei suoi film.

L'obiettivo di Eve la segue dopo un ricovero per uso eccessivo di stupefacenti, nella crisi del matrimonio con Arthur Miller, nei momenti di fatica in cui cerca di memorizzare la propria parte prima di recitarla sul set. La diva non si nasconde davanti all'obiettivo e spesso lascia intravedere la propria fragilità psicologica, che la porterà alla morte prematura nel 1962.

Di Marilyn ci viene mostrata non la nudità del corpo ma quella dell'anima, senza velature, come è nello stile di Eve, e con la partecipazione emotiva di un'amica per un'amica.


FONTE: "Eve Arnold: la biografia della fotografa che viaggiò in tutto il globo cercando verità - OUBLIETTE MAGAZINE"

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