01 ottobre 2022

Ketty La Rocca. Se io fotovivo. Opere 1967-1975 a cura di Marco Salvario

Ketty La Rocca. Se io fotovivo. Opere 1967-1975

a cura di Marco Salvario

Camera – Centro Italiano per la Fotografia

Via delle Rosine 18 - Torino

14 luglio – 2 ottobre 2022

Questa estate il centro espositivo Camera ha ospitato in contemporanea due mostre relative allo stesso periodo. La prima mostra, “La rivoluzione siamo noi. Arte in Italia 1967-1977”, è una raccolta di 150 immagini che documentano la rivoluzione dell'arte negli anni dirompenti del '68 e nel periodo immediatamente successivo. La seconda, “Ketty La Rocca. Se io fotovivo. Opere 1967-1975”, illustra, sempre con riferimento alla fotografia, i vari momenti di ricerca di questa artista talentuosa, scomparsa prematuramente; sul valore del suo percorso creativo, la cui importanza ancora non è stata completamente recepita, cercherò di soffermarmi in questo articolo.



Gaetana Ketty La Rocca nasce a La Spezia nel 1938 e muore a Firenze nel 1976. La fotografia è solo uno, e non il principale, dei linguaggi artistici che usa per esprimersi. I suoi primi passi sono all'interno del movimento della Neoavanguardia che a Firenze, dove l'artista vive ed opera, ha il suo centro più attivo; si fa conoscere e apprezzare con le proprie sperimentazioni di poesia visiva, mirando a creare e utilizzare un linguaggio moderno e contemporaneo, che avvicini il mondo reale e l'arte. Realizza collage di denuncia dello sfruttamento dell'immagine femminile, dove le locandine hanno l'impatto delle pubblicità commerciali e sono accompagnate da parole che volutamente mostrano le mistificazioni dei messaggi.

La ricerca prosegue con installazioni, performance e video, dove le tecniche e i contenuti si mischiano e completano. A volte si tratta di idee e progetti complessi che resteranno su carta o verranno realizzati solo dopo la sua morte.



Con gli anni '70 il corpo e il gesto diventano per Ketty La Rocca il soggetto ispiratore più indagato e la fotografia viene scelta come il linguaggio di comunicazione più immediato.

L'artista si fa ritrarre nel proprio letto, sotto le lenzuola, accanto a una grande lettera J. J come je, il pronome personale io in francese: uno sdoppiarsi dunque, un cercarsi, un indagare su se stessi, probabilmente un non-riconoscersi. Le parole scritte sulle opere “con attenzione”, “con inquietudine”, esprimono un disagio reale, smarrimento, disorientamento; sono le prime tracce di quel bisogno fondamentale di comunicare e conoscere, che diventerà quasi ossessione con la malattia.

Le “Riduzioni” comprendono una serie di immagini dove gli originali, fotografie in bianco e nero di opere dell'archivio Alinari, sono reinterpretate seguendo l'impatto con cui si sono impresse nella memoria e le emozioni che hanno creato. I chiaroscuri diventano frasi, poi anche le frasi scompaiono e si condensano in una sola parola: “you”, tu, ripetuta come un'invocazione, come un richiamo martellante, angosciato e senza risposta.



Ketty La Rocca è cosciente del male che la sta uccidendo, quando produce le “Craniologie”.

Alle lastre della propria testa attaccata dalla malattia, sovrappone immagini di mani, di gesti e ossessivamente si ripete sempre e sempre quella parola: you, you, you. Una rabbiosa protesta contro il destino, un'invocazione disperata a un Dio misericordioso, un richiamo a ogni uomo perché le sia vicino nella malattia: forse tutte e tre questi messaggi insieme, se non l'evocazione di uno spirito, di una dimensione oltre noi stessi, che trascenda le nostre sofferenze.

Sono momenti intensi e drammatici, dove l'artista riesce a superare i limiti dell'opera e a colpire al cuore e allo stomaco lo spettatore.


La prossima mostra in programma alla Camera, l'inaugurazione è prevista a metà ottobre, sarà una retrospettiva dedicata a Robert Doisneau, uno dei più importanti fotografi del novecento. Un'occasione da non perdere.

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