30 settembre 2022

IL POPOLO CHEYENNE (3) a cura di Enrico Pinotti

 

IL POPOLO CHEYENNE (3)


Quello che segue è la terza parte dell’articolo sulla Nazione Cheyenne. Resterebbero tanti altri episodi e storie da raccontare di questo popolo, sulle sue migrazioni, sulle sue lotte anche fratricide e con i coloni bianchi. Chi vorrà approfondire troverà senz’altro materiale nelle biblioteche e nelle librerie, materiale che servirà per la conoscenza di questo popolo vissuto fra gli odierni Stati Uniti ed il Canada ma che con le Guerre di Indipendenza ed i conflitti fra inglesi e francesi si è diviso ed è migrato sia all’est che nelle semipianure occidentali o nelle zone montuose del Canada, spesso scontrandosi con altre tribù a loro affini .

Nel 1861 a Fort Wise sul fiume Arkansas i capi della nazione Cheyenne furono invitati dai bianchi, assieme ai loro cugini Arapaho, a un consiglio di pace. Non era la prima volta che i Cheyenne andavano con le migliori intenzioni a stipulare quello che i Wasechu (i bianchi) definivano ‘trattato’. Anche dieci anni prima a Fort Laraime avevano espresso parole di pace. In quell’occasione avevano firmato anche i Crow ed i Sioux che rappresentavano le tribù più potenti delle pianure.

Ma poi nelle terre abitate dai Cheyenne erano stati individuati filoni d’oro ed i coloni erano venuti come mosche per avventarsi sul metallo prezioso. Avevano cominciato a ferire il ventre della terra senza nessun rispetto per le persone e per la gente che quelle terre le abitava da secoli. Ogni volta che estraevano una pietra luccicante, nei loro occhi brillava una luce demoniaca. Gli indiani speravano che una volta arricchiti del loro bottino, i bianchi avrebbero abbandonato il territorio, invece i pionieri non se ne andarono più. Costruirono una città chiamata Denver per decretare in modo definitivo la presa di possesso del territorio. Il loro numero in breve volgere di tempo si era triplicato.

Adesso c’era un nuovo trattato da firmare perché il Grande Padre di Washington aveva regalato ai suoi figli bianchi un nuovo territorio chiamato ‘Colorado’. Gli uomini rossi che erano i soli abitatori del luogo dovevano sloggiare da lì ed accontentarsi di insediamenti inadeguati alle loro esigenze ed al loro numero, le cosiddette riserve. Gli Arapaho ed i Cheyenne optarono nonostante tutto, per la pacifica convivenza; erano stati relegati lungo il Fiume della polvere (il Sand Creek), in una terra povera di selvaggina e priva d’acqua, ma non si ribellarono, i loro obbiettivo era la pace. Ponevano solo una condizione: la possibilità di cacciare i bisonti anche fuori da quella angusta riserva.

Al colonnello A. B. Greenwood, che conduceva le trattative e al suo interprete William Bent, gli indiani Caldaia Nera, Antilope bianca e Orso Magro, tre dei venti capi della grande nazione dei Cheyenne del sud, espressero le loro pacifiche intenzioni. Matovato, che i bianchi chiamavano Caldaia Nera (Black Kettle), era un vecchio e pacifico indiano che guidava i Cheyenne meridionali. Nel 1863, dopo la firma del trattato, era andato a Washington in visita al Grande Padre, Abramo Lincoln ed aveva ricevuto doni e parole d’amicizia, dalla capitale portò alla sua gente una grande bandiera americana, questo per dire delle disponibilità. Era, Caldaia Nera il capo indiano che dopo la guerra civile cercò di persuadere il suo popolo a cercare nell’attività agricola i mezzi per la sopravvivenza; anche per questo si affidò alla protezione dell’esercito americano, ma nonostante ciò subì un’aggressione dalle milizie del Colorado nel massacro del Sand Creek, lì dove morì Antilope Bianca. Egli avrebbe chiuso la sua lunga vita in un altro massacro, il 27 novembre 1869, sul fiume Washita, una carneficina guidata e organizzata dal generale Custer.

Dopo l’inizio della guerra fra le Giacche Blu e le Giacche Grigie, le cose erano peggiorate nel territorio del Colorado. I soldati avevano il grilletto facile e spesso derubavano e annientavano gli indiani. Nel 1864, quando era la stagione della caccia, per evitare i soldati che erano arrivati fino allo Smoky Hill, Caldaia Nera, Antilope Bianca ed Orso Magro decisero di restare sotto il Platte per evitare gli eserciti. Da loro si staccò la banda di Naso Aquilino che con i suoi Dog Soldiers raggiunse i cugini del nord sul fiume Powder. Alcuni soldati, nello stesso periodo, senza motivo avevano fatto incursioni nei campi indiani presso il fiume Ask e sparavano a chi capitava. Nei brevi combattimenti successivi, Orso Magro, che si era fatto incontro ai soldati con intenzioni pacifiche, fu ucciso assieme ad altri guerrieri. Anche i soldati persero degli uomini e probabilmente sarebbero stati tutti uccisi se non fosse intervenuto Caldaia Nera a far sospendere la lotta.

In quel tempo, nel territorio del Colorado, a causa della Guerra Civile, c’era un vuoto di potere politico e le direttive centrali di Washington venivano spesso scavalcate da iniziative locali. In quel periodo, erano stati segnalate dai coloni anche diverse razzie e furti di bestiame probabilmente da squadre di sudisti che sconfinavano, visto che il Colorado era terra di frontiera e lontana dagli echi della guerra; ogni pretesto era comunque valido per incolpare le genti indigene.

Poco prima delle scorribande delle Giacche Blù nei territori indiani di cui sopra, gli americani avevano attaccato a Fremont’s Orchard una banda di Soldati Cani, ripetendosi poi a Cedar Bluffs, dove avevano ucciso anche donne e bambini: in questo episodio erano comandati dal tenente George S. Eayre il quale aveva ricevuto l’ordine dal colonnello Chivington di “uccidere i Cheyenne, dovunque e comunque”. Il capo indiano Caldaia Nera voleva giustificazioni su quest’ultimo episodio di sopraffazione e mandò a chiamare il suo vecchio amico William Bent. Costui era chiamato dagli indiani Piccolo Uomo Bianco e per due volte aveva sposato delle donne Cheyenne, da esse aveva avuto cinque figli, tre maschi e due femmine che ai bianchi avevano preferito la vita con i Cheyenne. Bent ricevette il capo indiano e si informò sull’accaduto, inoltrò una comunicazione sull’accaduto ai capi di Washington prospettando che se simili episodi dovevano ripetersi vi sarebbero state rappresaglie da parte degli indiani e sicuramente sarebbero sorte difficili situazioni da gestire. Per cercare di sbloccare rapidamente la situazione, Bent andò al vicino Fort Lyon e parlò con il generale Chivington; spiegò che i Cheyenne non volevano fare la guerra e raccomandò di frenare i sodati più giovani: Il generale Chivington in quell’incontro fu laconico, disse che era sua intenzione eseguire puntualmente gli ordini ricevuti, anche a costo di mettere a repentaglio la vita dei civili che vivevano in quei territori. Disse anche che a suo parere gli indiani ‘meritavano una lezione’.


Il capo Cheyenne Caldaia Nera era comunque intenzionato a rispettare l a Circolare di Evans e per dare dimostrazione di buona volontà inviò al maggiore Edward W. Wynkoop due dei suoi guerrieri, Occhio Solo e Testa d’Aquila: nel messaggio era scritto che al campo Cheyenne più vicino vi erano sette prigionieri bianchi ed informava che se l’esercito fosse andato a riprenderli nel suo campo di Smoky Hill, gli indiani non solo li avrebbero riconsegnati, ma avrebbero anche accettato di andare con tutta la sua tribù dove Wynkoop avrebbe voluto se il campo fosse stato nelle vicinanze. Il capo indiano non sapeva che Evans, nel frattempo, aveva emanato un secondo proclama nel quale diceva: “…si autorizzano tutti i cittadini del Colorado, sia individualmente che in gruppi organizzati a dare la caccia a tutti gli indiani ostili delle pianure, evitando scrupolosamente di colpire quelli che hanno risposto al mio appello a riunirsi nei punti indicati; di uccidere e di distruggere inoltre come nemici del paese dovunque si trovino tutti gli indiani ostili. Sempre John Evans diramò una circolare nella quale invitava gli indiani ‘amici degli Stati Uniti’ a rientrare nelle loro riserve, dove il loro agente Samuel Colley li avrebbe riforniti di viveri per l’inverno e avrebbe anche indicato dove le varie bande avrebbero dovuto soggiornare.

La situazione però s’era ulteriormente deteriorata, i soldati davano la caccia ai Sioux ribelli, non facevano molta distinzione sulla nazionalità dei pellerossa ed in breve tutta la zona divenne un campo di battaglia. Anche i Cheyenne che non si riconoscevano più nella linea di Caldaia Nera e che facevano capo a Naso Aquilino si ribellarono, razziando il bestiame, distruggendo le fattorie, attaccando i convogli e le diligenze.

Wynkoop, che era un militare alle prime armi e non aveva esperienze con gli indiani, sulle prime non si fidò. Fece imprigionare i messaggeri e solo dopo qualche giorno accettò di seguire i due cheyenne: era settembre inoltrato ed in seguito si sarebbe ricreduto sull’onestà dei suoi avversari: “ …mi sentii alla presenza di esseri superiori, questi erano i rappresentanti di una razza che fino a quel momento avevo considerato, senza eccezioni, composta di esseri crudeli, sleali e assetati di sangue, senza sentimenti per amici o parenti”: arrivato al campo dovette constatare che gli ostaggi godevano di ottima salute e che non erano stati trattati male. Avvenuta la consegna, Wynkoop decise che avrebbe aiutato i Cheyenne a chiarire la loro posizione e si impegnò a portare i capi Caldaia Nera, Antilope Bianca, Orso Magro dei Cheyenne ed anche alcuni Arapaho a Denver dal Governatore. L’incontro avvenne alla fine di settembre ma non andò come gli indiani speravano.

C’era infatti una trama che legava Evans e Chivington ed entrambi all’agente Colley. Tuttie tre erano pronti a favorire il trasferimento degli indiani per consentire l’insediamento di nuovi coloni e far lievitare contemporaneamente il costo delle terre, dei materiali e delle derrate alimentari. La posizione di Evans era ancora più scomoda: premuto dai cittadini del Colorado che volevano evitare il servizio di leva nella guerra civile, egli si era battuto a Washington perché fossero stanziati fondi per allestire un reggimento in modo da combattere gli indiani ribelli. Prevalse la linea dura da parte dei governatori e tutte le richieste degli indiani furono scartate, anche le più ragionevoli, si pensava ad una ‘soluzione finale’ la quale prevedeva il mettere contro le diverse etnie indiane e a questo lavorarono diversi capi dell’esercito e uomini politici.

Ecco come lo scrittore Dee Brown racconta i preparativi dell’attacco al campo di Caldaia Nera: “Quando Chivington giunse a cavallo ai quartieri degli ufficiali a Fort Lyon, il maggiore Anthony lo salutò calorosamente: Chivington cominciò a parlare di raccogliere scalpi e di colpire a sangue. Anthony rispose che da tempo ‘attendeva una buona occasione per scagliarsi su di loro’ e che ogni uomo di Fort Lyon era impaziente di unirsi alla spedizione contro i maledetti indiani; non tutti gli ufficiali erano d’accordo a partecipare alle scorrerie ordinate da Chivington, ad esempio i tenenti Joseph Cramer e James Connor ma le cose andarono diversamente.


© Enrico Pinotti

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