10 ottobre 2022

IL PNRR, BANCO DI PROVA DEL NUOVO GOVERNO di Antonio Laurenzano

 


IL PNRR, BANCO DI PROVA DEL NUOVO GOVERNO

di Antonio Laurenzano

Corsa contro il tempo per il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza elaborato dall’Italia per superare l’impatto del Covid-19 con i suoi devastanti effetti. Nel 2020 il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione europea del 6,2. E’ partito da questi dati macroeconomici il quadro strategico di riforme strutturali da realizzarsi entro giugno 2026 per accedere alle risorse del Next Generation EU. Un volano per stimolare in modo significativo gli investimenti pubblici a sostegno della domanda aggregata, premessa della ripresa economica. Per l’Italia una ricca dotazione: circa 209 miliardi di euro, di cui 81,4 in sussidi.

Il pagamento dei fondi comunitari è legato agli impegni che il governo Draghi ha preso in Europa. Impegni per le “riforme verticali” (nei singoli settori, come la giustizia, la scuola, la pubblica amministrazione) e per le “riforme orizzontali” (che interessano più settori). In particolare, uno degli obiettivi espliciti del Pnrr è quello di ridurre i divari territoriali. Per questo è prevista una specifica “clausola”, per cui almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente è destinato al Mezzogiorno dove, secondo un recente studio della Sda Bocconi, si registrano ritardi nell’utilizzo dei fondi stanziati “a causa della bassa qualità delle istituzioni locali”. Un campanello d’allarme che potrebbe pericolosamente suonare anche in altre zone del Paese a causa delle pastoie burocratiche.

L’Italia, dopo l’incasso del primo esborso di 21 miliardi in aprile, ha ricevuto nei giorni scorsi il via libera dalla Commissione Ue per l’esborso della seconda rata di finanziamenti: 24,1 miliardi collegati ai 45 obiettivi previsti dal Pnrr per il primo semestre 2022, il cui raggiungimento è stato certificato da Bruxelles. Lo sguardo della politica è però già focalizzato sui prossimi 55 obiettivi, in scadenza il 31 dicembre, dal conseguimento dei quali dipende lo sblocco della prossima tranche, che vale 21,8 miliardi. In cantiere riforme strutturali, leggi delega, decreti attuativi. Sarà il primo vero esame europeo per il nuovo governo per la continuazione della politica attuativa del Pnrr, la verifica cioè dell’impatto del cambio di maggioranza sul cronoprogramma concordato a livello comunitario. Ci sarà spazio per rinegoziare il Pnrr come ipotizzato durante la campagna elettorale? Sul tappeto le variabili economiche innescate dal conflitto russo-ucraino: l’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione, la crisi energetica e la forte inflazione. Extra costi che rischiano di causare rilevanti ritardi nell’assegnazione dei lavori. Procedura di revisione abbastanza complessa con valutazione da parte della Commissione e successiva approvazione del Consiglio europeo.

Da Palazzo Chigi si precisa che i tempi di attuazione del Pnrr stanno rispettando la tabella di marcia. La prima fase di attuazione del Piano, dedicata soprattutto al disegno e all’approvazione delle riforme, si sta esaurendo. “Nei prossimi mesi e anni, ha commentato Mario Draghi, occorre attuare queste riforme sul campo, monitorando continuamente i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi quantitativi indicati nel Pnrr.” Centrati gli obiettivi fissati da Bruxelles, puntare ora senza indugi sugli investimenti. Passare cioè dalla programmazione all’attuazione concreta. Sono i “compiti da fare” che il premier uscente lascia alla nuova maggioranza, e più in generale alla forze politiche a pochi giorni dall’apertura della XIX Legislatura, con un preciso appello alla collaborazione: “la politica italiana sa ottenere grandi risultati quando collabora tra forze politiche di colori diversi ma anche tra Governo centrale ed enti territoriali.” Il banco di prova è il Pnrr che, sottolinea Draghi, “non è il Piano di un governo, ma di tutta l’Italia, e ha bisogno dell’impegno di tutti per garantire la riuscita nei tempi e con gli obiettivi previsti.” E senza riforme e senza Pnrr, ha avvertito l’Agenzia Moody’s, il rating dell’Italia potrebbe essere tagliato. Un rating Baa3 con outlook negativo, ovvero “un debito soggetto a rischio creditizio esistente, seppur moderato”.

Per l’Italia, dunque, una sfida epocale per attivare uno sviluppo sostenibile, superare cioè i rischi derivanti dalla incertezza politica, dalla crisi energetica e dall’aumento dei costi di finanziamento. Occorre una notevole e coesa volontà politica per dare concretezza all’azione di governo, accantonando ogni sterile protagonismo per privilegiare gli interessi superiori di un Paese in forte affanno socio-economico. La crescita non scaturisce solo da variabili economiche. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Dipende dalla credibilità del sistema Italia sui mercati finanziari internazionali. Fattori che determinano il progresso di un Paese a patto di una “unità intesa non come una opzione ma come un dovere.”






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