14 settembre 2022

IL VOTO FRA PROMESSE E ILLUSIONI di Antonio Laurenzano

 


IL VOTO FRA PROMESSE E ILLUSIONI

di Antonio Laurenzano

Ultimi giorni della campagna elettorale. Per i partiti battute finali per catturare consensi e convincere gli indecisi in una corsa verso il voto segnata dal tema dell’astensionismo che da anni domina il dibattito politico. Una inquietante disaffezione elettorale per protesta o indifferenza, segno di un grave deficit di rappresentanza e, dunque, di malfunzionamento del sistema democratico. Sullo sfondo la grande incertezza del momento: la guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’emergenza economica. Problemi ai quali nessuna risposta, se non in termini demagogici, è venuta dai leader politici impegnati a una reciproca delegittimazione. Scarso contributo, a volte contraddittorio, sul piano programmatico. Il nuovo governo si troverà ad affrontare prove estremamente impegnative: c’è da completare il PNRR per evitare di perdere i finanziamenti europei, bisogna varare misure urgenti che evitino il rischio di fallimento di un quinto delle imprese italiane non più in grado di sopportare i costi energetici, occorre arginare il calo dell’occupazione per evitare che le difficoltà economiche delle famiglie si trasformino in una vera e propria emergenza sociale. Una bomba ad orologeria particolarmente pericolosa. E’ in gioco a livello internazionale la credibilità dell’Italia, la sua azione di governo finalizzata a riformare il sistema economico e amministrativo per renderlo stabile e affidabile. E la credibilità non è fatta solo di parole. E’ fatta di nomi, di facce, di programmi. E’ fatta cioè di coerenza e di serietà politica.

In circa due mesi di campagna elettorale, condotta da coalizioni o meglio da semplici cartelli elettorali privi di una precisa identità politico-programmatica, è andata in scena una rissosa fiera della propaganda e delle promesse irrealizzabili. Centinaia di miliardi gridati al vento. Promesse e illusioni a elevato impatto mediatico, fortemente simboliche, ma lontane da una realistica visione di riordino del sistema, che rischiano di trasformarsi in boomerang per qualche pifferaio magico. In particolare, sul fisco, in attesa dell’ok alla legge delega di riforma, si è giocata la partita dei grandi proclami, fra flat tax e patrimoniali, catasto e imposta di successione. Effimere suggestioni estive.

Una fastidiosa televendita quotidiana insensibile all’autunno difficile che ci attende. In primis la Legge di bilancio da scrivere con promesse elettorali mirabolanti che si infrangeranno contro il muro delle spese già maturate a causa dell’alta inflazione e indifferibili. Un’ipoteca di 25 miliardi di euro, che potrebbero salire a 40 tenendo conto della frenata dell’economia. Lo Stato, senza sciagurati scostamenti di bilancio che farebbero deragliare il percorso di risanamento dei conti pubblici, dovrà trovare le risorse necessarie per combattere l’inflazione e sostenere famiglie e imprese. Soprattutto dovrà mettere in campo le misure necessarie a far crescere il Paese, perché senza crescita e conseguente occupazione c’è il buio oltre la siepe. Non può esserci sviluppo del Paese se ogni azione che si intraprende non tiene conto di un debito pubblico che ha superato i 2.700 miliardi. Un debito che significa dover pagare circa 70 miliardi l’anno di interessi agli investitori e che richiede un quadro di finanza pubblica, il rapporto fra entrate (il fisco) e la spesa pubblica, in grado di sostenere l’indebitamento, tenendo sotto controllo il famigerato spread.

Dopo una irresponsabile fuga in avanti con la caduta del Governo Draghi, occorre una prova di… responsabilità per allontanare dai palazzi romani l’instabilità politica e l’inaffidabilità finanziaria, evitando di esporre il Paese alle imboscate dei mercati. E venire meno agli impegni presi con l’Europa con una serie di riforme strutturali, cestinando il Piano di ripresa socio-economica, sarebbe il più rovinoso scivolone di una classe politica che, distratta da un anacronistico sovranismo e da un demagogico populismo, non ha certamente brillato in cultura politica, visione programmatica e accorta azione di governo. L’Italia che verrà sarà di nuovo sottoposta a condizioni stringenti per ottenere l’aiuto della Bce e anche a nuove regole europee sul bilancio che il prossimo premier dovrà essere in grado di contrattare a Bruxelles.

Crisi di sistema, dobbiamo prepararci al peggio? Non basta “coalizzarsi” attorno a una miracolosa “agenda Draghi” per esorcizzare beghe di partito, per inventare “ammucchiate” politiche, per recuperare dignità e purezza politica dopo i miseri giochini di potere. L’obiettivo di fondo per i partiti non può essere solo vincere le elezioni, ma governare bene e ricomporre la profonda frattura fra politica e società civile, grave malattia della democrazia. Servono serietà, responsabilità, coesione, competenza. E autorevolezza. Serve il ritorno del “primato della politica”, serve una classe politica al servizio del Paese.


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