18 giugno 2022

“NOVE STELLE PIU’ UNA” Racconti di Anna De Pietri a cura di Vincenzo Capodiferro


 
NOVE STELLE PIU’ UNA”

Racconti di Anna De Pietri che racchiudono in uno scrigno l’umano anelito all’infinito pro-gettantesi nella coltre di stelle


Anna De Pietri vive a Varese. Laureata in lettere Moderne si dimena tra giornalismo ed insegnamento. Ha pubblicato raccolte di poesie e di racconti: Nuvole di una parte di cielo (2010); Sussurro (2017). Ha ottenuto vari riconoscimenti. Cura anche sito-poesie, come poe-zonia e tuseilume. Da pochissimo, nel maggio 2022, ha pubblicato la raccolta di racconti Nove stelle più una con Macchione, editore di Varese. Come scrive nella nota introduttiva: «Il rapporto dell’individuo con le stelle è dunque inevitabile da sempre, e molto personale, infatti gli astri non solo esistono, ma rappresentano». La tradizione aneddotica riporta che Talete per guardare le stelle cadde in un pozzo e fu redarguito da Diotima: - Guarda dove metti i piedi! Questo è l’uomo. Un incantato. Già qui si potrebbe aprire un trattato. Mi viene in mente solo Kant: - Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me. Il mondo esteriore che si proietta nel cielo è parallelo a quello interiore. Il cielo interno ed il cielo esterno si riflettono come in uno specchio. È Iris, una delle protagoniste, che si fa allucinare dai corpi celesti. Il cielo è anche Dio, il Dyaus sanscrito, Dies latino, la luce, come in “La visita”, dove l’incontro tra due vecchie amiche, che si cantano le glorie, si conclude in un serio sbigottimento: «Io non mi capacitavo di come si potesse rinunciare a tutto per seguire Dio, ma soprattutto non riuscivo a comprendere quando fosse nato in lei questo desiderio del quale mi aveva tenuto all’oscuro». Pitagora diceva: - Segui Dio! E poi c’è questa figura molto bella del giaguaro stellato, contenuta nel racconto “Sulle tracce”. È uno delle tante figure astrali, che come una costellazione ci scruta dai cieli, impaurisce nell’oscurità, da cui l’uomo è necessariamente avvolto: «Qualcosa si muove nel buio, senza far rumore. Scivola sotto il velo dell’oscurità. Mi sento osservata. Studiata. Sono in trappola …». Sono quelle junghiane figure ancestrali che emergono dall’inconscio collettivo, di cui il cielo, colle sue “nove stelle più una” è cosparso, con ele sue innumerevoli “costellazioni familiari”. I racconti di Anna De Pietri hanno un risvolto psico-narrativo. Dietro i personaggi si muove l’anima al buio, nello smarrimento esistenziale. Quest’anima cerca di dare un senso alle cose: il non-senso, rappresentato dall’oscurità, dalla paura, dallo smarrimento, questo non-senso tipicamente esistenziale, trova una proiezione nella ricerca: il cielo è la mappa dell’anima, riflette in alto ciò che succede in basso: «Guardarsi dall’alto fa un po’ impressione. Non siamo abituati a vederci da quelle angolazioni che sfuggono ad ogni specchio». Lo specchio ci dà sicurezza, mentre ci muoviamo su di un terreno instabile, come la “società liquida” baumaniana. Le stelle da sempre sono state punto di riferimento, soprattutto per l’orientamento, per la navigazione. Hanno rappresentato un appiglio, un punto fermo, d’altronde anche questo inesistente, surreale. Archimede diceva: - Datemi un punto fermo e solleverò il mondo! Ma un punto fermo non c’è. L’anima è alla ricerca. Questi racconti ci ispirano appunto questo stimolo alla ricerca: - Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta. Socraticamente. 9+1… ci fa pensare ad una somma infinita, continuativa. Le stelle sono innumerevoli. La ricerca è infinita. È la santità kantiana del postulato sull’immortalità che riprende quel socratismo. È l’affacciarsi all’infinito: che il cielo e il mare rappresentano per eccellenza (il dolce naufragio leopardiano, il “viandante sul mare di nebbia”) rispetto alla terra, il finito, lo stabile. Il buio indica poi il sublime mistero di quell’Assoluto, velato nel cielo. Le stelle sono tracce. L’uomo si pone nella sua romantica estasi, fatta di sehnsucht-ironie-titanismus.


Vincenzo Capodiferro

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