14 giugno 2022

LA MADRE DEL TUTTO a cura di Vincenzo Capodiferro

 


LA MADRE DEL TUTTO

Un’opera apologetica della Natura, comune progenitrice dello humanum genus.


È uscita per Scriptores di Varese “La Madre del Tutto”, ultima opera di Vincenzo Capodiferro. Il titolo riprende l’eponimo omerico, tanto ad indicare un genitore comune sui generis, anzi un super-genere. L’opera naturalmente riprende l’antica Filosofia della Natura, Periphyseos, o Periphyseon, Perifisica, titolo comune di tutte le trattazioni della proto-filosofia. Nella prima parte si riprende la storia della Filosofia della Natura dal Seicento avanti Cristo al Seicento dopo Cristo. Nella seconda parte si riporta un saggio di anonimo scienziato spiritualista francese degli inizi del Novecento, in difesa del creazionismo. La Natura e le sue cose (de rerum) deve essere vista non come una mucca senz’anima, da mungere fino all’esaurimento totale di tutte le sue risorse, prima di essere del tutto macellata, ma come una creatura animata e privilegiata, la prima creatura Creatoris del Creatore. Ragion per cui c’è stato un abbaglio: la Natura non è stata studiata iuxta propria principia, ma iuxta impropria principia. Tanto per riprendere una tesi telesiana, ma Bacone ha sballato: non possiamo studiare il tutto ex analogia universi per sottometterlo ai nostri capricci. È un errore fatale. Tutto si ritorce contro: il cataclisma climatico è solo l’inizio della ribellione di questa santissima madre ai suoi figIi, oramai impazziti. In tal senso riprendendo il neoplatonismo d’uno Scoto Eriugena essa è la creata creans, figlia del Creatore, ma nello stesso tempo Madre del Tutto, Colei che perpetra l’opera creatrice divina, la madre di tutte le specie viventi. Dal Seicento in poi l’uomo si è allontanato dalla Natura, l’ha vista come estranea, come matrigna, esempi ne sono strascichi che si propagano da Galilei a Leopardi. Salvo la breve parentesi romantica, col positivismo ottocentesco e lo scientismo novecentesco, la Natura torna ad essere vista come una macchina senz’anima, un automa impersonale. L’uomo deve riappropriarsi del giusto rapporto con questa madre, della vera oicheiosis degli Stoici, intesa come vivere a casa, stare in comunione con la famiglia di tutti gli esseri. Primo passo è tornare a contemplare, come sosteneva Husserl: - Tornare alle cose stesse. Cioè tornare alla Natura stessa! Non usarla, coma invece sosteneva Heidegger e tanti altri appresso. Contemplare significa amare. Solo così potrà superarsi questo fatidico complesso edipico scientifico dell’umanità: in questo solo caso il complesso edipico non va mai superato. Amare sempre la Madre del tutto. Mai staccarsi da essa. L’attaccamento deve essere totale a questa Madre assoluta, nel rispetto quindi del quarto imperativo categorico (dopo i primi tre di Kant) ecologico di Jonas. Il Prometeo incatenato punito dalla Deità per aver concesso all’umanità il fuoco, dunque l’industria, il progresso, la scienza, simboleggia appunto questa tendenza distruttiva umana nei confronti della Natura, che deve essere ridimensionata. Tutte le filosofie prometeiche ottocentesche, figlie della aberrante scienza seicentista, di Galilei, di Cartesio soprattutto, che divide Spirito e Materia e di Newton e compagnia bella: cioè socialismo, positivismo ed in parte l’idealismo (quello hegeliano che riduce la Natura ad alienazione dello Spirito), hanno scatenano una guerra contro la grande Madre, obbedendo a Thanatos, lo Spirito della Morte, che ha infettato la Madre già ai principi dell’universo, con la colpa cosmica dell’allontanamento dall’Assoluto delle creature intelligenti. La Morte ha fatto il suo ingresso nel mondo, ma Dio ha provveduto con la potenza generatrice, il logos spermatico degli Stoici donato alla Madre, sua Figlia, Madre di tutte le cose e Sposa del Creatore, riprendendo appunto l’antico inno mariano: O gran Figlia, Madre e Sposa, de tuto stesso del tuo stesso Creatore, deh difendi in tutte l’ore chi confida e spera in Te!

A cura di Vincenzo Capodiferro

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