Mario di Gianfranco Galante a cura di Vincenzo Capodiferro

 


MARIO

Un romanzo esistenziale profondo ed innovativo di Gianfranco Galante


«Mario è un entusiasta; un genuino trasportato sulle ali della semplicità. Un autentico, un verace che si concede sempre e spontaneamente. Vive la sua vita ancor, da che era bambino, giorno dopo giorno rimanendo fanciullo; sempre onesto, corretto e simpatico. Con la fantasia applicata ad ogni giorno della sua vita. È ingegnoso, servizievole, educato ed attento a non offendere “l’altro”. Impara in fretta e non ha paura di sperimentare. È la prova, vivente ed evidente, del pensiero filosofico per cui “la curiosità è ciò che manda avanti il mondo». Così esordisce Gianfranco Galante, descrivendo questo emblematico personaggio nel suo ultimo romanzo: “Mario”, uscito per Scriptores nel 2022. È un romanzo esistenziale, incentrato sulla figura di questo personaggio. È un romanzo meditativo, in cui si eleva la riflessione. Quello che si descrive sono i pensieri che si affastellano nella mente del protagonista in una sequenza che ci ricorda le associazioni libere freudiane, in una sorta di sperimentale auto-analisi, quasi sveviana. Ciò che si racconta è il proprio erlebnis, in un flusso vitale continuo, nel riflesso di un fiume eracliteo, ove è difficile ritrovare la posizione dello spettatore e del fiume: entrambi sono risucchiati nel flusso, in un flusso maggiore, come nei paradossi sulla temporalità, derivati dalle riflessioni di Mc-Taggart. Ogni flusso temporale è concentrico rispetto ad un altro: e così all’infinito. Si riflette a specchio sulle onde del mare il contrasto dell’infinito che si contrappone alla terra/finito: naufragar m’è dolce in questo mare: «Mario amava sedersi, ogni tanto, sulla terza panchina in quella bella terrazza a strapiombo sul mare. Era una grande piazza arredata da palme e contornata dalle stesse. I blocchi di marmo, che ne creavano giochi geometrici per terra, la illuminavano con il suo bianco candore. Ed i ciottoli, a corredo, davano quel senso di antico e rustico al tempo stesso. La vista, oltre la poderosa ringhiera, poteva vagare a perdita d’occhio sul mare, sulla curva dell’orizzonte, su per il cielo od in cerca di vele che facessero sognare. Mario sedeva sempre solo». Mario è un dialogo tra l’uomo finito ed infinito che accade in ognuno di noi. In questo dialogo si succedono inquietanti, romantici mutamenti: sturm und drang, sehnsutch, ironia, titanismo. Mario è come il Leopardi che da solo si siede a contemplare la siepe, ed immagina l’infinito. Mario è il “Viandante sul mare di nebbia”. Le emozioni si susseguono come in un turbine. Mario è ognuno di noi. Un nome, solo: Mario. Il nome di “Nessuno”. E come non indagare in questi concisi termini del titolo il tema pirandelliano dell’”Uno, nessuno e centomila”? Tema caro di quella “sicilianità” da cui anche Gianfranco proviene? Tema caro che riflette quell’ambiente contrastante e conflittuale tipico della patria del Verismo? L’uomo-maschera, l’uomo fenomenologico, si sviluppa soprattutto in quei contesti ove la libera espressione della personalità spesso è negata, calpestata. Il tema dei “vinti” lo ritroviamo spesso nella narrativa di Galante, come ad esempio in “La vita pretende dignità”, ed. Macchione, Varese 2021.

Vincenzo Capodiferro

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