26 aprile 2022

I CONTI PUBBLICI E LE INCERTEZZE DELL’ECONOMIA Di Antonio Laurenzano

 


I CONTI PUBBLICI E LE INCERTEZZE DELL’ECONOMIA

Di Antonio Laurenzano

Conti pubblici, problema di sempre. Il Documento di economia e finanza (Def) approvato dal Parlamento ha aggiornato gli obiettivi di finanza pubblica e il relativo piano di rientro del saldo strutturale di Bilancio alla luce del mutato quadro macroeconomico caratterizzato dal rallentamento della crescita. Un documento che nell’aridità di numeri e tabelle ripropone per la prossima Legge di bilancio incertezze e vincoli di spesa sullo sfondo del peggioramento di ogni previsione economica. I prezzi dell’energia, l’acutizzarsi del conflitto in Ucraina con le sanzioni alla Russia, ma anche la nuova ondata della pandemia e l’incremento dell’inflazione al 6,7% sono i principali fattori critici. In tale scenario, la previsione tendenziale di crescita del prodotto interno lordo (Pil) per il 2022 scende dal 4,7% programmatico della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) dello scorso settembre al 2,9%, quella per il 2023 dal 2,8% al 2,3%. Una perdita di prodotto stimata nel biennio pari a 40 miliardi di euro. Confermati gli obiettivi per il disavanzo contenuti nella Nadef: il 5,6% nel 2022, in discesa fino al 2,8% nel 2025.

Il via libera al Def apre la strada a misure espansive dell’economia con aiuti a favore di famiglie e imprese per circa 6 miliardi di euro. In particolare, contrasto al caro-energia e al costo del carburante, potenziamento del bonus sociale contro la povertà, sostegno a favore di lavoratori giovani e donne. Per effetto di questi interventi, la crescita programmatica, secondo le stime (ottimistiche) del Mef, sarà più elevata di quella tendenziale, raggiungendo il 3,1% per fine anno con riflessi positivi sull’andamento dell’occupazione. Per far fronte a tutte queste esigenze di carattere socio-economico, il Parlamento ha impegnato il Governo a valutare un nuovo “scostamento di bilancio, qualora si verifichi un peggioramento dello scenario economico e le risorse disponibili non fossero sufficienti a garantire misure per la promozione di una crescita economica più elevata e sostenibile”. Una scorciatoia pericolosa: aumento del deficit, e quindi del debito pubblico, significa dovere spendere di più per pagare gli interessi al mercato finanziario che, nel tempo, potrebbe essere meno disponibile a prestarci soldi se non a prezzi (tassi d’interesse) più alti. In prospettiva, sarebbe più razionale imboccare senza compromessi politici la strada della revisione della spesa pubblica: quest’anno spenderemo oltre 900 miliardi di euro. Una efficace “spending review”, con tagli agli sprechi, alle ruberie, alle malversazioni, al di là di ogni sterile e demagogica difesa di bandierine di partito, darebbe credibilità alla manovra delineata dal Governo per la graduale riduzione del debito (150,8% nel 2022), nonostante le maggiori uscite per interessi sui titoli di Stato generate dall’aumento dell’inflazione.

Perplessità da parte della Corte dei Conti nella valutazione della manovra, “esposta a ulteriori e considerevoli rischi”, a causa delle incertezze legate a ragioni geopolitiche che hanno accentuato le tensioni già esistenti sui prezzi dei beni energetici e di molte materie prime e che incidono in particolare sulle economie europee, ancora impegnate in un difficile recupero degli squilibri indotti dalla pandemia. Crescita tendenziale sovrastimata. Se rischi e timori si dovessero materializzare, richiederebbero un’appropriata ricalibratura delle scelte di bilancio con adeguate misure di sostegno (interventi selettivi) ma anche di consolidamento della finanza pubblica per il mantenimento dei relativi equilibri. Il quadro economico- finanziario infatti potrebbe peggiorare con un livello del tasso di rendimento dei BTP a 10 anni più alto di 100 punti base e un accesso al credito più difficile per effetto dell’aumento dello spread. Obiettivi futuri dell’economia tutti da ridisegnare per armonizzarli con i processi a livello comunitario.

L’eccesso di ottimismo rilevato dai giudici contabili nel Def per la previsione di crescita del Pil, e condiviso da Bankitalia e dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), ripropone il problema di fondo: il contenimento degli effetti economici collegati alla pandemia e alla guerra in Ucraina. L’iter politico-economico verso la manovra d’autunno appare tutta in salita. E non incoraggiano di certo le analisi del Fmi che per le maggiori economie europee (Francia, Germania Regno Unito e Italia) prevedono, nella prima parte del 2022, crescita piatta, se non addirittura recessione. Ma per l’Italia, secondo l’agenzia di rating S&P, potrebbe registrarsi una inversione di tendenza grazie alle riforme pro-crescita che il Governo italiano punta a finalizzare entro la fine di giugno nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Queste riforme, dalla giustizia agli appalti pubblici e della concorrenza, dalla burocrazia al fisco, sbloccheranno gli afflussi dei fondi europei Next Generation EU per finanziare gli investimenti nelle energie rinnovabili e rilanciare l’economia.

Una sfida da vincere. E’ l’ora di scelte unitarie responsabili, non dell’avventurismo elettorale. La fragilità del Paese rischia di tradursi in instabilità fuori controllo in presenza di una programmazione economica e finanziaria non sostenibile. I mercati finanziari non perdonano.

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