14 marzo 2022

Bertille Bak MINEUR MINEUR Fondazione Mario Merz a Torino a cura di Marco Salvario

 Bertille Bak

MINEUR MINEUR

Fondazione Mario Merz – Via Limone 24, Torino

21 febbraio – 22 maggio 2022



Lo spazio espositivo della Fondazione Merz a Torino ospita per tre mesi un progetto artistico di Bertille Bak, vincitrice nel 2020 della terza edizione del Mario Merz Prize.

Nata nel 2005, la Fondazione ha sede nella ex centrale termica delle Officine Lancia, in Borgo San Paolo, molto vicino allo storico grattacielo Lancia, che con i suoi 70 metri è uno dei simboli della vecchia Torino industriale, anche se il quartiere circostante si è ormai trasformato in una zona residenziale. Intitolata a Mario Merz, la Fondazione ospita mostre, eventi, attività di stimolo, ricerca e approfondimento sull'arte contemporanea.



Bertille Bak è nata in Francia, ad Arras come Robespierre, nel 1983. Si è subito segnalata come artista impegnata nel sociale e nei temi legati all'infanzia, troppo spesso sfruttata e privata del suo diritto a istruzione, gioco e libertà.

“Mineur Mineur”, questo è il titolo del progetto, perde nella traduzione dal francese la bellezza tragica e gioiosa del suono; “mineur” significa sia minorenne che minatore: bambino minatore, quindi, come lo erano i piccoli carusi siciliani che ancora a inizio novecento dovevano lavorare sotto terra nelle zolfatare in condizioni di reale schiavitù.

L'artista è nipote di operai polacchi che lavoravano nelle miniere di carbone nel nord della Francia, un mestiere che i bambini cominciavano a svolgere dall'età di tredici anni, quindi nella tradizione orale della sua famiglia si sono tramandati i ricordi di quei tempi.

Purtroppo, quello che per noi è il passato, in molte parti del mondo è ancora una realtà presente. Un'esistenza dura, nella miseria di umide baracche, che priva i bambini dell'infanzia e del futuro; spesso la polvere mina i polmoni e il sangue, ma le minime paghe sono necessarie e non sufficienti per il sostentamento delle famiglie.

Per tre anni, Bertille Bak ha studiato l'attuale realtà di sfruttamento minorile nelle miniere di cinque nazioni: India, Indonesia, Thailandia, Bolivia e Madagascar. Dal materiale raccolto, elaborato e rivisitato dell'artista, nascono cinque filmati paralleli eppure diversi, da vedere simultaneamente l'uno accanto all'altro, dove la storia dei piccoli bambini inizia dal risveglio al mattino e si sviluppa nella giornata lavorativa. Un racconto che non è documento quanto rappresentazione, dove gli adulti non compaiono mai, dove la fatica e l'abuso diventano passatempo amaro, dove la schiavitù è subita con uno sberleffo discolo e ribelle.

Eppure, per lo spettatore, quanta tristezza, quanta amarezza.

Mi vengono in mente, ma sono mie associazioni personali, Chaplin di Tempi moderni oppure Benigni in La vita è bella, dove l'assurda disumanità del presente, non potendo essere accettata nella sua cruda essenza, è traslata a un livello diverso, grottesco e amaro per noi, ma che per le sue vittime infantili riesce a ricreare un'illusione di gioco.



L'opera che apre lo spazio espositivo è “Le berceau du chaos”, la culla del caos, una giostra senza bambini, che gira senza fermarsi tra sirene e allarmi; segue “The mine is mine”, sette strutture in pesante cartone al cui interno, salendo con qualche disagio una ripida scala di tre gradini, si possono vedere fibre luminose realizzate sulla base dei disegni eseguiti dai bambini minatori.

L'esposizione comprende infine altri due video: “ Bleus de travail” e “Tu reviendras poussière”. L'ultimo è una realizzazione complessa, densa di simboli e allegorie, che prende l'abbrivio dalla vita in una cittadina francese di ex minatori; gli abitanti devono continuamente testare la propria salute e curarsi contro la silicosi, terribile malattia che le polveri respirate fanno sviluppare nei corpi e che miete vittime ogni giorno. Purtroppo non è una storia isolata e abbiamo casi dolorosi in Italia, penso a Casale Monferrato dove la multinazionale Eternit aveva aperto nel 1907 il più grande stabilimento d'Europa: lì si continua e si continuerà a morire per molti anni per colpa del mesotelioma pleurico, provocato dalle fibre d'amianto allora lavorate.

La denuncia di Bertille Bak non è quindi solo un grido isolato e particolare, ma stigmatizza una realtà che ha i suoi germi malati dovunque e che troppo spesso si cerca di allontanare dal nostro tempo e dal nostro mondo. Serve l'arte per risvegliare quella consapevolezza che l'informazione e la politica ci negano?

Come in passato, il disprezzo per la salute umana e per l'infanzia è presente oggi, qui tra noi, non dimentichiamocelo.


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