25 gennaio 2022

LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA E LE CONSEGUENZE SULLA POPOLAZIONE INDIGENA. INTRODUZIONE SULLE CARATTERISTICHE DELLE DIVERSE ETNIE INDIANE a cura di Enrico Pinotti


LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA E LE CONSEGUENZE SULLA POPOLAZIONE INDIGENA.

INTRODUZIONE SULLE CARATTERISTICHE DELLE DIVERSE ETNIE INDIANE

Siamo fra il 15° e 16° secolo e l’Europa è forse all’apice della sua vecchiaia. Per gli stati e gli imperi centrali l’unica preoccupazione è conservare e tramandare il potere e se possibile allargare i propri confini; niente di nuovo, insomma. Questo vale anche per Spagna, Portogallo ed Inghilterra, oltre che per la Francia, la differenza è che questi ultimi hanno l’Atlantico di fronte. È vero che i commerci da almeno duecento anni si sono allargati verso il medio oriente e le indie, ma fino ad allora gli stati e i regni non ne avevano goduto in prima persona, le conquiste territoriali erano state esigue. La guerra dei Cent’anni era finita senz’altro a favore dei francesi, forse anche per questo il Regno Unito cercava di espandersi altrove.

Numerosi altre guerre non erano state solo scaramucce, quelle dei Sette e dei Trent’anni dovevano ancora arrivare ma, nel frattempo successero fatti importanti e sconvolgenti: la scoperta di nuovi mondi al di là dell’Atlantico, Cristoforo Colombo aprì la via e da allora il Mediterraneo non fu più al centro dell’attenzione come lo era stato fino a quel momento, le lotte per il predominio si spostarono nei nuovi mondi. Subito Spagna e Portogallo si spartirono le aree di intervento, ad ovest la prima, ad est il secondo. Va ricordato che la Castiglia dal 1615 era sotto le dipendenze di un ramo degli Asburgo. Appena dopo si mossero i francesi e partirono le navi inglesi, le battaglie continuarono là fino alla storia recente. I francesi e gli spagnoli a poco a poco lasciarono campo libero agli inglesi nei territori che poi diventeranno gli Stati Uniti. La Francia si ritirò per un po’ di tempo a nord, la Spagna al centro e al sud.

A sua volta, a seguito della guerra di Indipendenza degli stati dell’Unione, l’esercito britannico tornò in Europa e i 13 stati confederati iniziarono la colonizzazione da est verso ovest. È questa che viene chiamata l’epopea americana, la conquista del West. Carovane di pionieri provenienti dal nord Europa, scortati dall’esercito andarono alla conquista di quelle che chiamavano “terre di nessuno”. Ma quella terre erano abitate, lo era il Kansas come lo era il Colorado, erano abitate dai nativi americani, dagli indiani d’America. L’esercito dell’Unione, da quando essa nel 1783 proclamò la propria indipendenza, ebbe soprattutto il compito -a parte i quattro anni in cui infuriò la guerra civile- di piantare la bandiera a stelle e strisce sui territori che arrivavano fino all’Oceano Pacifico e fu appunto l’epopea poi celebrata in tanti libri e in tanti film, i nativi dovevano, ad andar bene, essere confinati nelle riserve. Certamente gli indiani si ribellarono contrattaccando, (si veda alle voci Little Bighorn e generale Custer) certamente molte delle loro tribù combattevano fra loro per avere terreni su cui vivere e cacciare, era lotta per la sopravvivenza. In tanti hanno sempre obbiettato che anche quella dei coloni era lotta per la sopravvivenza, sta di fatto che l’esercito confederale andava alla conquista eseguendo gli ordini del governo di Washington e gli ordini si concretizzavano il più delle volte con soprusi, ingiustizie, massacri.

Tutta la popolazione indiana venne sopraffatta in nome della conquista e l’epopea venne portata a compimento, possiamo stabilire una data: alla fine del 1890 presso il torrente Wounded Knee nel Sud Dakota, il Settimo reggimento cavalleria delle giacche blu, comandato dal colonnello James Forsyth, con due mitragliatrici spara su un accampamento di donne e bambini sulle rive e li uccide tutti, sono circa 300, i guerrieri erano altrove. Per tale campagna militare, 20 soldati vennero insigniti con la maggior onorificenza militare, il presidente dell’Unione era allora Benjamin Harrison.

I metodi militari non furono i soli impiegati durante l’occupazione, un altro, non dimentichiamolo, fu l’alcool, un altro fu il favorire con ogni mezzo la partenza di coloni verso ovest per insediarvisi o per andare alla ricerca dell’oro. Le armi da fuoco ebbero il sopravvento sulle frecce scagliate dagli indiani, cosa importava se i nativi vivevano su quelle terre da secoli, essi non avevano carte bollate che dimostrassero le loro proprietà, cosa importava se tanti saperi e tante culture andavano a morire con loro, queste avrebbero trovato spazio nei musei ed i superstiti avrebbero trovato spazio nei circhi itineranti in giro anche per l’Europa.

E dire che nella Costituzione di quella che viene definita la prima democrazia del mondo, i 13 stati della Confederazione fra l’altro scrivevano che: “…tutti gli uomini sono creati uguali e sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili e, tra questi ci sono il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità…”. Le cose sono andate poi diversamente.

Ognuno può documentarsi andando sui libri di storia, a noi interessavano queste poche considerazioni perché sono il pretesto per parlare degli indiani d’America, dei loro diversi ceppi, dei loro diversi usi, delle loro culture.

Iniziamo con gli indiani Hopi. Iniziamo con loro perché, fra tutte le popolazioni insediate nel nord America, senz’altro essi sono stati i più pacifici e prevalentemente stanziali nei territori dell’attuale Arizona settentrionale. Di origine shoshone, parlavano una lingua di ceppo azteco. Gli Hopi –o Moki o Moqui- provenivano, come gran parte degli Shoshones dal Gran Basin, il grande bacino che non ha sbocchi al mare formato da una serie di catene montuose affiancate da depressioni che caratterizzano lo stato del Nevada odierno. Da lì migrarono spostandosi verso sud-est alla ricerca di terreni più fruttiferi, in quanto quelli che il Grande Bacino poteva loro offrire erano in gran parte inadatti alle colture agricole. Questo popolo infatti ha sviluppato prima dell’intervento di conquista da parte dell’Unione e a differenza di tutti gli altri nativi, una sussistenza basata principalmente sulla coltivazione del mais, dei tuberi e di altri prodotti autoctoni. Sono anche artigiani, conoscono e sviluppano la tessitura, lavorano la ceramica e l’argilla in maniera originale, a noi sono giunti monili, collane, statuette. Le loro abitazioni sono costruite con mattoni di adobe (argilla o fango mescolati con paglia ed essiccati al sole), i loro non sono accampamenti ma villaggi -pare che fossero sette in tutto- che dagli Aztechi ereditano la fisionomia, con un largo spazio comune al centro.

È forse la prima comunità indiana, proprio perché stanziale, a venire a contatto con gli europei ed in un primo tempo i rapporti furono cordiali e accoglienti, non così in seguito, quando gli Hopi capirono le vere intenzioni degli stranieri si fecero ostili ma ormai era troppo tardi. Questo popolo aveva conservato relativamente intatto il patrimonio culturale e l’organizzazione sociale in clan parentali con impianto matriarcale e la sua religione animistica. La ricca eredità di miti e leggende che risalgono a centinaia di anni fa, ne faceva un popolo rispettoso delle altre genti e di madre terra. È una storia che ci parla di divinità che risiedono al centro della terra, la quale è cava, di universi distrutti e di mondi che ancora devono arrivare.

In diverse incisioni e in petroglifi rinvenuti, appaiono uomini con le antenne: storici e studiosi gli hanno dato il nome di ‘uomini-formica’ e secondo loro dovevano essere quelli che erano a contatto con gli dei, salendo in determinate occasioni sulla terra lasciando segnali amichevoli e di ammonimento all’umanità. Secondo mitologie, all’inizio del tempo, il Creatore Taiowa plasmò Soutunknang e gli diede il compito di creare nove universi; in una concezione ciclica del tempo simile a quella degli aztechi questi mondi si sarebbero succeduti in sequenza.

Sempre secondo alcuni storici ed in particolare Frank Waters autore del libro “The Coming Sixht World of Consciousness” (1975), gli “uomini-formica” potrebbero essere paragonati agli Annunaki dei sumeri, ovvero i tramiti fra gli dei e gli abitanti della terra, con il compito della salvaguardia della specie. Seguendo la teoria hopi dei mondi che si susseguono, il primo è stato distrutto da un immane incendio globale, una specie di vulcanismo oppure diremmo noi, l’impatto con un asteroide; il secondo dal freddo, probabilmente una glaciazione ed il terzo, caratterizzato da una civiltà altamente avanzata tanto da concepire scudi volanti nel cielo, (petroglifi rinvenuti nei luoghi del sud-ovest degli Stati Uniti rappresentano esseri a bordo di una nave del cielo senza ali a forma di cupola): questo terzo mondo sarebbe stato distrutto da un’alluvione che ha disperso gli esseri umani in diversi luoghi del pianeta.

Gli hopi di cui parliamo noi, gli indiani del XIX secolo, pensavano che l’umanità contemporanea si trovi a vivere nel quarto mondo il quale, come i precedenti, andrà distrutto a causa della malvagità degli uomini.

Oltre ai paralleli tra la cultura hopi e quella sumera, Waters intravede una connessione anche fra il popolo indiano e quello dei Maya, simili infatti con quest’ultimo sarebbero i riferimenti alla creazione e alla distruzione del mondo ed allora è portato a formulare un quesito: non è che Hopi, Maya e Sumeri siano ancestralmente legati?

Di fronte a questi interrogativi ci fermiamo. Vorremmo continuare prossimamente parlando di altre genti indiane del nord-America, nello specifico quelle che abitavano i territori che attualmente sono fra gli Stati Uniti ed il Canada, gli irochesi. Anche questi erano popoli con caratteristiche particolari e particolari furono le loro vicissitudini che li hanno portati oltre che a lottare per la propria libertà, a schierarsi a volte con i francesi e a volte con i soldati britannici.


ENRICO PINOTTI

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