03 dicembre 2021

QUALE EUROPA DOPO IL TRATTATO ITALO-FRANCESE ? di Antonio Laurenzano


QUALE EUROPA DOPO IL TRATTATO ITALO-FRANCESE ?

di Antonio Laurenzano

Indifferenza e tanto scetticismo stanno caratterizzando la Conferenza sul futuro dell’Europa proposta per rilanciare il progetto democratico europeo con il coinvolgimento diretto dei cittadini e porre le basi di una nuova architettura istituzionale. Obiettivo di fondo è la revisione dei Trattati fondanti perché l’Unione europea ha bisogno di profondi cambiamenti per rispondere al meglio alle necessità di una realtà socio-economica profondamente cambiata rispetto a quella del 2007, l’anno del Trattato di riforma firmato a Lisbona. Attraverso dibattiti, panel, incontri e seminari di studio la Conferenza, iniziata lo scorso 9 maggio, mira a rendere l’Europa più democratica, a diminuire la distanza tra Bruxelles e i cittadini europei potenziando gli strumenti di consultazione.

Ma è allarme rosso sul destino della Conferenza che chiuderà i lavori il prossimo maggio: è molto scarsa la partecipazione dei cittadini. In sette mesi una percentuale irrilevante si è iscritta alla piattaforma comunitaria online per contribuire a riscrivere i Trattati. Si rischia di far cadere nel vuoto temi importanti come quelli della salute, dello stato di diritto, della difesa, dell’ambiente, sempre più minacciato dai cambiamenti climatici, e quello drammatico dell’immigrazione. Senza ignorare quelli più strettamente istituzionali legati al funzionamento della complessa macchina comunitaria, in particolare il potere di veto derivante dalla normativa attuale che prevede un voto unanime di tutti i 27 Paesi membri presenti nel Consiglio europeo sulle principali decisioni. Soliti compromessi al ribasso nelle votazioni con malcelato compiacimento di quei governi europei ostinatamente contrari a ogni significativo cambiamento, da Austria a Malta, dai Paesi baltici a Olanda e Svezia.

Proprio sullo sfondo di un incerto futuro dell’Ue si colloca il recente Trattato italo-francese firmato a Roma dal Presidente Macron e dal premier Draghi per istituzionalizzare i rapporti tra i due Paesi nel segno di una “cooperazione rafforzata”, finalizzata a realizzare una più stretta collaborazione su specifici temi e aree (istruzione, difesa, gestione economica, lotta al terrorismo e criminalità organizzata, politica migratoria, transizione ecologica, sviluppo sociale). La dinamica dell’integrazione europea è stata spesso alimentata da contrasti tra coalizioni di stati membri, divise dagli interessi (Paesi frugali contro i Paesi dell’Europa del Sud) oppure dai valori (Paesi sovranisti contro i Paesi europeisti). Il Trattato del Quirinale fra Roma e Parigi, rafforzando in maniera strutturale una coalizione bilaterale, mira a promuovere le basi di una integrazione europea più ampia, estesa ad altri Stati per costruire un’originale sovranità europea. Una sovranità intesa come capacità di indirizzare il futuro attraverso la gestione condivisa delle sfide comuni. Il Trattato si pone sulla scia di quello franco-tedesco dell’Eliseo firmato nel 1963 da Charles De Gaulle e Konrad Adenauer, rinnovato nel 2019 ad Aquisgrana dalla Cancelliera Angela Merkel e dal Presidente Emmanuel Macron.

Dopo anni di negoziati iniziati a Lione nel 2019, segnati spesso da incomprensioni, rivalità, errori di comunicazione, la complessa storia comunitaria si arricchisce di un capitolo strategico per la reale unificazione del Vecchio continente, nella consapevolezza che nessun processo di integrazione sovranazionale può avanzare se non è guidato da un pool di Paesi egemoni. Una visione geopolitica comune, espressione di una identità di valori e di legami storico-culturali, a difesa dei valori fondanti del progetto europeo. “Un risultato importante, un testo di ampio respiro, ha dichiarato il Presidente della Repubblica Mattarella, che servirà a costruire un’Unione europea più forte.” E in questa ambiziosa prospettiva, l’auspicio è che si rafforzi ora una intesa con la Germania del dopo-Merkel per completare quel triangolo Roma-Parigi-Berlino grazie al quale rilanciare, con ritrovata unità d’intenti, il progetto di Europa unita nel solco delle storiche origini dell’Ue. Sempre che i bilateralismi si mettano al servizio di un’Unione più integrata, superando ogni anacronistico modello intergovernativo. E’ il disegno di un’Europa dei diritti, della solidarietà e del multilateralismo che si contrappone ai blocchi e alle derive sovraniste. Il corso della storia non si ferma. 

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