27 novembre 2021

I MURI DELL’ EUROPA, UN RITORNO AL PASSATO di Antonio Laurenzano

 


I MURI DELL’ EUROPA, UN RITORNO AL PASSATO

di Antonio Laurenzano

Un dramma umanitario quello che si sta consumando, in un clima di incredulità, al confine tra Bielorussia e Polonia, nel cuore dell’Europa. Da alcuni mesi il governo di Minsk spinge con sempre maggiore pressione migliaia di migranti verso la frontiera polacca, con il raccapricciante obiettivo di alimentare tensioni e pressioni non solo sulla vicina Polonia, ma sull’Unione europea. Un popolo di disperati provenienti dal Medio Oriente, dall’Afghanistan o dalla Siria, viene usato come un’arma, una barbara ritorsione, come risposta della Bielorussia alle sanzioni europee dovute al non riconoscimento della vittoria elettorale di Lukashenko nell’agosto 2020 e del suo regime autoritario, artefice di una dura repressione esercitata senza tregua nei confronti dell’opposizione.

E’ stata creata una rotta migratoria artificiale percorsa da migliaia di migranti che, scortati dalle guardie di frontiera bielorusse, raggiungono il confine con la Polonia, porta d’ingresso dell’Unione europea, con la speranza di una vita migliore. Ma la frontiera polacca è ermeticamente chiusa e protetta con una recinzione di filo spinato a difesa della quale sono stati schierati oltre 12.000 soldati, 4.500 guardie di frontiera, 2.000 agenti di polizia. Varsavia ha proclamato lo stato di emergenza, respingendo i migranti con pratiche contrarie al regolamento di Dublino e al diritto internazionale. In questa striscia di terra di frontiera si sta dipanando una profonda crisi umanitaria, si sta giocando una tragica partita sulla pelle di persone, uomini, donne e bambini, vittime di un gioco politico al massacro: prima illuse dalla Bielorussia e poi umiliate e scacciate da Varsavia. Unico loro torto quello di fuggire dai conflitti e dalla morte e di aver creduto in un futuro diverso. Una vicenda disumana, dai toni aberranti.

Il governo polacco sta di fatto cercando di utilizzare il flusso migratorio dalla Bielorussia in maniera strumentale, non solo per accrescere il consenso politico all’interno del gruppo di Visegrad, ma -erigendosi a paladina dei confini dell’Ue- anche per allentare le forti tensioni con Bruxelles sullo stato di diritto. Superare cioè il profondo solco giurisprudenziale causato dalla recente sentenza della Corte costituzionale polacca che, stabilendo che alcune disposizioni del Trattato sull’Unione europea (Teu) sono illegittime perché incompatibili con la Costituzione della Polonia, ha clamorosamente respinto il primato del diritto comunitario sulla legislazione nazionale. In particolare, secondo i giudici costituzionali polacchi, gli organi dell’Ue, in primis la Corte di giustizia, non dispongono del potere di stabilire come debba essere organizzato il potere giudiziario negli Stati membri dell’Unione. Varsavia ha voluto sfidare la visione sovranazionale dell’Ue che sta alla base del Trattato istitutivo: ”l’Unione è una comunità di valori e di diritto”, si fonda sulla condivisione da parte degli Stati membri degli stessi principi e assetti costituzionali. Lo ha ribadito con una dura presa di posizione la Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, sottolineando come lo stato di diritto sia “il collante della democrazia europea”. Per la Polonia, che non ha sospeso l’applicazione della riforma (politica) della magistratura, è stata attivata una procedura d’infrazione, oltre a gravose sanzioni e al congelamento dei fondi comunitari. E’ in atto una guerra istituzionale fra Bruxelles e Varsavia.

E a farne le spese in questa guerra sono i tanti migranti che bussano alle porte dell’Europa per trovare un rifugio sicuro. Ma è buio fondo. Mentre Minsk spinge a destabilizzare l’Ue con una strategia aggressiva ai suoi confini, Varsavia rilancia con particolare sprezzo dei diritti umani, sempre più calpestati e negati, una politica di rigida chiusura a ogni flusso migratorio. E invece di campi profughi costruisce muri. Un muro frontaliero di oltre 200 chilometri, alto quasi sei metri, per fermare, in nome del “superiore interesse nazionale”, tanti disperati. La costruzione del nuovo simbolo delle divisioni nel mondo avrà inizio entro fine anno, costerà 350 milioni di euro. Non è ancora chiaro se la spesa sarà finanziata anche con fondi europei. Sarebbe una vergogna, un segno di brutale solidarietà, indegna dei valori fondanti dell’Europa unita.

Questa crisi, nel mettere a nudo tutte le debolezze dell’Unione europea nell’affrontare il problema migratorio e la sua incapacità per soluzioni condivise, ripropone il problema di sempre: la revisione dei poteri dell’Ue, il suo status giuridico, i suoi rapporti con gli Stati membri. Riscoprire cioè il pensiero di Jean Monnet e il suo “funzionalismo europeista” per il futuro dell’Ue.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

Miriam Ballerini a Fagnano Olona (VA)