21 ottobre 2021

ASTENSIONISMO, UN VIRUS PERICOLOSO Di Antonio Laurenzano

 


ASTENSIONISMO, UN VIRUS PERICOLOSO

Di Antonio Laurenzano

Il secondo turno dell’election day di ottobre ha confermato nell’ astensionismo il vero protagonista di questa tornata elettorale amministrativa. I ballottaggi hanno riproposto la forte disaffezione alle urne dove si è recato soltanto il 43,9% dei circa 5 milioni di potenziali elettori. Un ulteriore calo di votanti rispetto al già desolante dato del primo turno (54,7%). Meno della metà, la partecipazione più bassa di sempre. Emblematica la flessione registrata a Roma (9,5%), ancora di più quella di Torino (12,3%). Chi vince nelle urne, anche quando vince bene (come Manfredi a Napoli, Sala a Milano e Gualtieri a Roma), appare dimidiato dal fatto di rappresentare una consistente minoranza di elettori.

L’indicazione che viene dal non voto è inquietante: in Italia, la politica, intesa come condivisione e partecipazione, sta scivolando verso l’irrilevanza. Un segnale di rifiuto e di forte sfiducia nei confronti dei partiti politici e delle istituzioni, il Parlamento in primis, che dovrebbero rappresentare le istanze dei cittadini. La minore importanza attribuita alla politica, sempre più “frammento“ dell’identità personale, la crescente disillusione che si traduce in disaffezione, il ridimensionamento delle organizzazioni dei partiti sul territorio e soprattutto la carente credibilità del messaggio politico riconducibile al profilo dei candidati proposti dai partiti o allo scarso appeal delle loro proposte, sono fattori che si traducono in demotivazione e nella rinuncia al voto.

Un astensionismo record che dovrebbe far riflettere tutte le forze politiche, non solo quelle che verosimilmente con scelte scellerate hanno alimentato in misura maggiore la protesta, e quindi il bacino del non voto. Se a votare è andata la minoranza del Paese, c’è una palese crisi della democrazia generata dal decadimento di una classe politica che denota spesso una totale assenza di cultura politica, espressione di preparazione e competenza. Tanta improvvisazione e una incapacità nel formulare una seria proposta politica non ancorata a misere questioni di bottega. Tutto appare inquinato dalla corsa a mettere bandierine di partito in dibattiti pretestuosi, a rincorrere i fantasmi del passato, a perseguire sovranismi antistorici, a disegnare demagogici populismi, trascurando di fatto l’azione di sviluppo socio-economico del Paese con i problemi reali della gente. Si può essere bravi specialisti nel fomentare la rabbia sociale soffiando sul fuoco della protesta e della disubbidienza civile ma penosi dilettanti di governo se privi di competenze visione programmatica nell’affrontare le sfide del Paese.

Una politica lucida si fermerebbe a riflettere. Invece le analisi del voto rimuovono totalmente il macigno dell’astensionismo. Si sta creando uno spazio enorme che rappresenta un buco nero dell’offerta dei partiti. Il disagio è particolarmente diffuso nelle periferie delle grandi città, c’è sfiducia, prevale un senso di non rappresentanza nei quartieri più popolari che si esprime nel non voto. Le persone socialmente più deboli, lontane dalle contrapposizioni ideologiche del passato, sono diventate anche le più scoraggiate, quelle che hanno perso qualsiasi speranza nella possibilità di una soluzione collettiva ai propri problemi esistenziali. Privi dell’antica passione, i ceti meno abbienti e meno garantiti guardano alla politica con diffidenza e molto distacco. Una situazione che è indice di un grave fenomeno: la radicale perdita di fiducia nella democrazia come veicolo di cambiamento ed emancipazione sociale. L’esercizio dei diritti politici fra disoccupati, precari, marginali, impoveriti ha perso da tempo molte delle sue attrattive. E l’esercito del non-voto e della non partecipazione continua a ingrossarsi con l’arrivo di tanti giovani in fuga dal voto per motivi legati alla precarietà del lavoro, al pessimismo riguardo al futuro, nonché alla confusione ideologica causata dai ricorrenti trasformismi politici dei signori che siedono nelle aule parlamentari.

Diventa sempre più profondo il fossato fra cittadini e politica. E’ tempo dunque che i partiti e le istituzioni riprendano a svolgere con onestà d’intenti il loro ruolo per azzerare la crisi di fiducia dell’elettorato, il suo crescente sentimento antipolitico e antipartitico, perché il “sonno della ragione” non ha mai portato buoni frutti alla democrazia. E il virus dell’astensionismo non si debella con i silenzi.



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