11 giugno 2021

ADDIO A MAURIZIO TOJA a cura di Vincenzo Capodiferro


A
DDIO A MAURIZIO TOJA

Persona sensibile e profonda, per tanti anni docente di Lettere presso il Liceo Artistico cittadino

È venuto a mancare il 3 giugno 2020 Maurizio Toja. Ne hanno dato il triste annunzio l’avvocato Alberto Piatti e la Signora Carenzi. Le esequie sono state celebrate il 10 giugno alle ore 10.30 nella Chiesa di Velate, tra il compianto dei suoi familiari ed amici, tra cui Franco Carenzo e Carla. Maurizio Toja è nato a Varese nel 1947. Dopo aver compiuto gli studi classici, si è laureato in Lettere a Roma nel 1973. Per un anno ha frequentato a Zurigo l’Istituto Jung. Persona sensibile ed attenta, profonda: ha insegnato per tanti anni Lettere presso il Liceo Artistico “Angelo Frattini” di Varese. Poeta e pittore, aveva esposto un suo dipinto anche a Praga. L’abbiamo conosciuto negli incontri che svolgevamo presso l’Aloisianum, sulla scia del Movimento di Gallarate, a partire dal giorno di Ognissanti del 2017, sotto la insigne guida di padre Luigi Brena, filosofo sottile e robusto nel contempo. Ha partecipato insieme a noi all’evento organizzato presso “Il Melo” di Gallarate, all’interno della sala Planet Soul, il 22 febbraio 2019, nell’ambito di Filosofarti, alla tavola rotonda sul tema “Cristianesimo e modernità. Un dialogo possibile?”, a partire dall’analisi del pensiero di Charles Taylor, insieme a G. Baliani, F. Carenzo, L. Vettorello e V. Capodiferro. Anche allora aveva messo in evidenza con grande acume lo svolgimento dialettico del rapporto tra psiche e pneuma, tra corpo ed anima, a partire dall’antichità pagana, che vedeva sostanzialmente un’unità e la scissione che si era venuta a creare nell’età medievale. Di qui l’esigenza di un recupero forte della dimensione dell’unità della persona umana, attraverso un’esigenza riformistica religiosa.

Tali osservazioni riprendevano quelle che egli esprimeva sulla grande rivoluzione del 1968, di cui riportiamo profondi stralci: «Nonostante tutto, il ’68 rappresentò una rivoluzione interiore: prima ci si uniformava a regole, poi si sentì il bisogno di seguire un profondo impulso interno; esso è costituito da istinti, emozioni, pensieri. Seguirlo però non è facile; occorre riconoscere che vi è una forza, diversa dall’arbitrio della mente che muove l’essere umano, e accettarla con animo attento ed imparziale. Gli studenti non erano preparati a ciò; credevano che bastasse essere spontanei; così emersero certe tendenze naturali, tra cui la sessualità. Prima di allora, nell’educazione, nel modo di vivere, non era giustamente riconosciuta, non si capiva che essa forma e caratterizza la persona; anche perché la Chiesa cattolica, nel suo insegnamento, aveva troppo diviso l’anima dal corpo. Ma chi è represso nella sua natura non evolve spiritualmente, oppure lo fa in modo difficoltoso, o distorto.  Questa verità, contrastata per secoli, venne riscoperta durante il ’68. 

S’immaginò un tipo di uomo, le cui tendenze fossero libere dai vincoli che la civiltà occidentale aveva imposto: o estraneo ad essa, come gli Indiani d’America, o impegnato a combatterla, come il rivoluzionario Che Guevara, o anche come Gesù Cristo, di cui si ammirava la personalità completa, priva di ombre e repressioni. 

Si può vedere nel ’68 il tentativo di rendere lo spirito più reale; toglierlo dalle chiese, dai libri, e portarlo nelle strade, nella vita.

Tale rinnovamento avvenne anche in ambienti cattolici: ad esempio nella comunità dell’Isolotto a Firenze si dibattevano problemi personali e sociali, con conseguenze anche politiche. Alcuni anni prima, don Milani era stato un precursore avendo fondato a Barbiana, piccolo paese sull’Appennino tosco-emiliano, una scuola in cui istruiva i bambini più poveri che erano emarginati nelle istituzioni pubbliche. Altri religiosi in America Latina organizzarono i contadini per difenderli dallo sfruttamento imposto dai proprietari terrieri…

Chi invece era incline alla ricerca spirituale, si volse a dottrine e seguì maestri, di solito provenienti dall’India, che proponevano un modo di vivere a contatto con il divino, diverso dal Cattolicesimo: mentre questo enuncia verità che devono essere credute, la visione orientale prende in considerazione la psiche e la porta gradualmente a comprendere lo spirito, come suo naturale sviluppo. È proprio ciò cui aspiravano molti giovani; i quali però tralasciarono l’impegno sociale. 

A ben vedere, è il Cristo, ossia il divino inserito nell’umano, quindi anche nella materia, a costituire la motivazione più forte per occuparsi delle realtà terrene. Senza che ciò porti all’integralismo, ossia a imporre un principio religioso, poiché la libertà è condizione della vita umana». 


Ha lasciato delle raccolte poetiche: “La caduta” (2014).


A suo ricordo riportiamo una poesia tratta da “Un’eredità perduta” (1998):


È così tenue il filo

che lega l’uomo al suo destino,

è così facile strapparlo,

con ciò precipitando

in uno sconcertante abisso,

che basta un soffio a sconvolgere il corso

di una vita, cui siamo avvinti

solo implorando grazia.


Vincenzo Capodiferro

2 commenti:

  1. Anonimo15:06

    Grazie anche per la poesia inserita in conclusione: purtroppo le sue raccolte poetiche da tempo risultano irreperibili e chissà che in futuro non possano essere leggibili almeno on-line.

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  2. grazie dell'attenzione! Insubria critica

    RispondiElimina

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