26 aprile 2021

Silvia Ballestra – Gli orsi – a cura di Marcello Sgarbi

 


Silvia Ballestra
Gli orsi (Edizioni Feltrinelli)


Collana: Universale Economica

Pagine: 160

Formato: Tascabile

ISBN: 9788807813887


Silvia Ballestra – con altri sette autori allora esordienti fra cui Guido Conti, Giuseppe Culicchia e Frediano Tavano – negli anni Novanta è stata una componente del progetto “Papergang” di Pier Vittorio Tondelli, teso a mettere in luce quelli che lo scrittore emiliano definiva “scarti generazionali”: giovani non omologati alla massa, adatti a descrivere la condizione giovanile. Degli echi pop e pulp di quella particolare stagione letteraria risente anche il romanzo “Gli orsi”, dove Silvia Ballestra - con uno stile trash e toni spesso ironici, a volte sarcastici, molto divertenti e divertiti – fa emergere i temi tipici di quel periodo, per certi versi strascichi di istanze sessantottine e post-anni di piombo: il disagio giovanile, i conflitti generazionali, la critica alla società del consumo fanno così da tappeto a una narrazione dal lessico gergale, densa di situazioni e personaggi grotteschi.

Subito tre quarti della prima fila sono invasi da uno sciame di porporina fatata, particelle incombuste che originano – così crede l’orso Gioele, quell’ingenuo dagli sfregamenti del cappotto in lana di vetro, una tragedia, una cosa anni settanta infiammabilissima, niente affatto primaverile, tutta disperatamente acrilica, foderata in pile e acetato viola che porta pure sfiga e basterebbe un alito di scirocco a trasformare quel sogno in una torcia umana.

Un solo fatto era certo: a parte l’involontario assedio dei ginocchi del fratello in garza e le conseguenti, origamiche posture del mio giornale, il caldo all’interno appariva invincibile. Meno di due minuti più tardi, fra imponenti vibrazioni e tensioni metalliche di natura dinamica, il treno aveva ripreso senza fretta la sua folle corsa verso nord. Di sicuro lo scompartimento dei fratelli senegalesi e mio doveva essere posizionato a picco sulle ruote, fatto sta che al rollìo e beccheggio avevano cominciato a darci dentro con puntigliosa veemenza: dal finestrino spalancato irrompeva con furia cieca, impastato d’aromi marinareschi, l’alito rovente dell’Adriatico.

I suoi occhi parevano appena usciti da una foresta, non avevo mai colto una serietà tanto risoluta in un adulto che si rivolge a un bambino. Rideva alla grande, quel dannato candelotto coi sandali infradito.


© Marcello Sgarbi

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