08 febbraio 2021

Italo Calvino – Marcovaldo - a cura di Marcello Sgarbi


Italo Calvino –
Marcovaldo - (Edizioni Mondadori)


Collana: Moderni

Pagine: 208

Formato: Brossura

ISBN: 9788804667995


L’autore non ha bisogno di presentazioni: grande classico del Novecento, in questi quadretti di vita scanditi capitolo per capitolo dallo scorrere delle stagioni, unisce due componenti caratteristiche del suo stile: da una parte la fervida capacità inventiva, dall’altra la ricerca - un po’ come Flaubert – della parola giusta, secondo la sua stessa idea di narrazione: È soltanto su una certa solidità prosaica che può nascere una creatività: la fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane. Se no, rimane come una cosa informe, come una marmellata, su cui non si può costruire niente”.                                                                 È su questa linea stilistica che vengono narrate le vicende di Marcovaldo - manovale non specializzato - e della sua famiglia. Numerosa e nello stesso tempo singolare, quasi da fumetto, a partire dai nomi dei componenti: la moglie Domitilla e i figli Michelino, Paolino, Filippetto e Isolina.                                                                                                                                                 Semplice e umile fino al punto da apparire ingenuo, Marcovaldo vive in città nel periodo del dopoguerra. Nella metropoli si affacciano i “favolosi anni sessanta” con il loro sentore di boom economico, di corsa ai consumi e di perbenismo un po’ ipocrita, come si può cogliere soprattutto negli ultimi capitoli del romanzo.                                                                     Marcovaldo, però, sogna la campagna e la vita all’aria aperta. Fra ideali e realtà, insieme ai famigliari si risolve quindi a vivere da cittadino come se fosse in un contesto agreste, con effetti comici a volte al limite del surreale.

Nella notte calda quei rumori perdevano ogni spicco, si sfacevano come attutiti dall’afa che ingombrava il vuoto delle vie, e pure sembravano volersi imporre, sancire il proprio dominio su quel regno disabitato.                                                                                                                             In ogni presenza umana Marcovaldo riconosceva tristemente un fratello, come lui inchiodato anche in tempo di ferie a quel forno di cemento cotto e polveroso, dai debiti, dal peso della famiglia, dal salario scarso.

Insomma, se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può reggere fino a un certo punto: poi ti prende un’invidia, un crepacuore, e non resisti più.

Non c’è epoca dell’anno più gentile e buona, per il mondo dell’industria e del commercio, che il Natale e le settimane precedenti.

Sale dalle vie il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore agli affetti e al sorriso.

L’unico pensiero dei consigli d’amministrazione adesso è quello di dare gioia al prossimo, mandando doni accompagnati da messaggi d’augurio sia a ditte consorelle che a privati; ogni ditta si sente in dovere di comprare un grande stock di prodotti da una seconda ditta per fare i suoi regali alle altre ditte; le quali ditte a loro volta comprano da una ditta altri stock di regali per le altre; le finestre aziendali restano illuminate fino a tardi, specialmente quelle del magazzino, dove il personale continua le ore straordinarie a imballare pacchi e casse; al di là dei vetri appannati, sui marciapiedi ricoperti da una crosta di gelo s’inoltrano gli zampognari, discesi da buie misteriose montagne, sostano ai crocicchi del centro, un po’ abbagliati dalle troppe luci, dalle vetrine troppo adorne, e a capo chino danno fiato ai loro strumenti; a quel suono tra gli uomini d’affari le grevi contese d’interessi si placano e lasciano il posto ad una nuova gara: a chi presenta nel modo più grazioso il dono più cospicuo e originale.

Tutti erano presi dall’atmosfera alacre e cordiale che si espandeva per la città festosa e produttiva; nulla è più bello che sentire scorrere intorno il flusso dei beni materiali e insieme del bene che ognuno vuole agli altri; e questo, questo soprattutto come ci ricorda il suono, firulì firulì, delle zampogne -, è ciò che conta.

© Marcello Sgarbi


 

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