19 febbraio 2021

IL RECOVERY FUND DI MARIO DRAGHI di Antonio Laurenzano

 


IL RECOVERY FUND DI MARIO DRAGHI

di Antonio Laurenzano

Giorni decisivi per il Recovery Fund. Il 30 aprile scade il termine di presentazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) alla Commissione europea per poter accedere al progetto comunitario Next Generation EU varato in risposta all’emergenza economica e finanziaria scatenata dalla pandemia. Il Piano sarà la priorità del nuovo Governo Draghi, insediatosi a Palazzo Chigi dopo l’imprimatur parlamentare. Sul tappetto una ricca dotazione: per l’Italia risorse quantificabili in circa 209 miliardi di euro di cui 81,4 in sussidi, lungo un periodo di sei anni. “Queste risorse dovranno essere spese puntando a migliorare il potenziale di crescita della nostra economia”, ha precisato Draghi nel suo discorso programmatico al Senato.

Il progetto Next Generation EU rappresenta per i Paesi dell’Unione un’iniziativa fortemente innovativa rispetto al complesso dei mezzi finanziari a disposizione che si concentrano, in particolare, sul comparto trasversale legato alla transizione digitale ed ecologica. Un volano per stimolare in modo significativo gli investimenti pubblici a sostegno della domanda aggregata, premessa della ripresa economica. Per i Paesi ad alto debito come l’Italia, debito che la pandemia ha innalzato in modo significativo, un efficace programma di investimenti accompagnato da ambiziose riforme strutturali è la sola opzione praticabile per riportare il rapporto debito/pil su un piano di sostenibilità, puntando ad accrescere l’impatto del denominatore sull’evoluzione di lungo periodo del rapporto in parola.

Come ha ricordato il Premier nel suo intervento a Palazzo Madama, “gli orientamenti che il Parlamento esprimerà nei prossimi giorni a commento della bozza di Programma presentata dal Governo Conte saranno d’importanza fondamentale nella preparazione della sua versione finale”. Si tratta cioè di valutare la caratura strategica degli interventi progettuali, le riforme abilitanti, la collaborazione tra pubblico e privato.
“Le missioni del Programma, ha chiarito Draghi, potranno essere 
rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva. Rafforzeremo il Programma per quanto riguarda gli obiettivi e le riforme che li accompagnano.”

Di grande significato il richiamo all’Italia post bellica: “Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi dell’immediato dopoguerra, la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una nuova ricostruzione.” Dalla reputazione del Governo e dalle aspettative che sarà in grado di generare dipenderà il superamento della pandemia e della crisi economica. La crescita di un Paese non scaturisce solo da variabili economiche. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Fattori che determinano il progresso di un Paese a patto di una “unità intesa non come una opzione ma come un dovere.”

L’uso ottimale dei fondi europei si misurerà sulla qualità dei progetti di riforma e di investimento pubblico, ma anche, se non soprattutto, dalla capacità di trainare l’intrapresa privata e riportare tra le famiglie la fiducia nel futuro, fiducia che condiziona sia la loro propensione al consumo sia la loro voglia di investire in capitale umano. La pandemia ha determinato una situazione oggettiva di blocco delle economie, ma la percezione di inadeguatezza dell’azione di rafforzamento delle strutture sanitarie ha amplificato l’incertezza, cioè la componente soggettiva che paralizza l’economia.

Adesso tocca a Mario Draghi e alla responsabilità di tutte le espressioni politico-parlamentari del suo Governo la ricerca di una soluzione strategica che rimetta l’Italia sulla strada di uno sviluppo socio-economico durevole nel solco della sua storica vocazione di Nazione co-federatrice dell’Europa Unita. Una road map credibile, proiettata verso un futuro comunitario condiviso. Su questo punto Draghi ha tracciato nette le linee di azione del suo mandato a Palazzo Chigi: “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere.”

Messaggio chiaro per gli europeisti “convertiti” dell’ultima ora. La strada di Bruxelles come la strada folgorante di …Damasco?


Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

Vicenza Jazz XXVIII Edizione 13-19 maggio 2024

                                        Vicenza Jazz                                          XXVIII Edizione 13-19 maggio 2024     ...