23 febbraio 2021

DENTRO L’OPERA UN TEMPIO LUMINOSO INTERIORE di DORIS HARPERS a cura di Maria Marchese


 DENTRO L’OPERA UN TEMPIO LUMINOSO INTERIORE di DORIS HARPERS

 Doris Harpers esprime un intimo invito addentro un “tabernaculum” sconsacrato, ove esprime la genesi di un balbettio mistico. 

“Il più umile balbettio mistico è più vicino a Dio che la Summa Theologica” (Emile Cioran) La Maestra libera quei primi suoni comprensibili, articolati dal proprio io primievo, mutandosi in pissidio che, dischiusosi l’opercolo, promana quel mistico balbettio… Valendosi del carattere volatile del gessetto, l’autrice libera un eloquio vibratile e intenso, adunandone, quindi, il nucleo nel senso di una percorrenza naturale, che suggella il ricongiungimento tra l’individuo e l’uno cosmico. 

L’autrice affronta il gesto e la materia creando, in maniera immediata e capace, la significanza della spontanea edificazione di un arcano pantheon interiore. Un rispettoso nero ne esprime l’inviolabilità e, nel contempo, effigia il navalestro, che suggella il ricongiungimento alla rada luminosa; la possanza di quest’ultima, attraverso la valentia esecutoria dell’artista, procede e sposa, poi, l’inconfessata, oscura condizione.

 La dicotomia sprigionato dalle due terre, in cui Doris Harpers libera una liturgia di motti segnico/cromatici indicativi di ragioni formali, spirituali e intellettive caratterizzati da forza centripeta e altresì centrifuga, trova quiete nella rada dell’ossimoro. In essa, infatti, s’annichila il conflitto per approdare ad una profondità spirituale erratica, ove si sorrade l’impalpabile condizione promanata dall’essenza di una privilegiata e sconfinata terra, che conduce dove l’alba conoscitiva e mistica danza, tra flutti di energia. 

“Oh! Adorare e cioè perdersi nell’insondabile, immergersi nell’inesauribile, trovare pace nell’incorruttibile, assorbirsi nell’immensità definita, offrirsi al fuoco e alla trasparenza, annientarsi consapevolmente e volontariamente man mano che si prende sempre più coscienza di sé, darsi senza limiti a cui che non ha limite” . (P. T. de Chardin) Doris Harpers sembra aver affrontato il significato espresso dalle parole del padre gesuita: partendo dall’incipit fisico attraversa le ineffabili condizioni del non essere per approdare infine ad un’immagine sensibile, dalle pregnanze ancestrali e fondamentali, di una concezione ineffabile. 

“Un tempio luminoso interiore” nasce durante un workshop, al convegno degli artisti al Goetheanum (Ch) . 

Doris Harpers insegna pittura presso la libera accademia per la formazione antroposofica “Aldo Bargero” , ad Oriago, in Veneto; un approccio peculiare, quello dell’artista, meritevole di una maggior conoscenza… Esiste una formula “alchemica” alla base del suo approccio nei confronti dell’arte. Può dirci di più? Cerco un equilibrio fra le forze del pensare, del sentire e del volere. 

Cerco di “ascoltare” il colore, di scoprire il suo carattere, il suo gesto archetipico, per farne poi emergere le forme e i temi legati ai vari regni della natura. Come vede la situazione dell’attuale panorama artistico? Secondo me abbiamo bisogno di opere d’arte che ci indichino una strada verso la luce, che esprimano valori universalmente umani. Quale consiglio darebbe ad un artista, che si accinge ad entrare nel mondo dell’arte? Un vero artista vive già nel vero mondo dell’arte. Se vuole trovare più visibilità nel mondo, consiglio di trovare altri artisti e amanti dell’arte, che credono negli stessi ideali e di unire le forze.


(c) Maria Marchese

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