31 ottobre 2020

I CONTI PUBBLICI AL TEMPO DEL COVID di Antonio Laurenzano

 


I CONTI PUBBLICI AL TEMPO DEL COVID

di Antonio Laurenzano

Conti pubblici sotto assedio. Con il decreto legge Ristori il Governo ha stanziato altri 5,4 miliardi di euro per indennizzi, bonus una tantum e contributi a fondo perduto per i settori più colpiti dall’ultimo DPCM del 25 ottobre. Una vasta platea di beneficiari: 462 mila imprese fra ristoranti, bar, pizzerie, partite iva, gestori di palestre, piscine e sale giochi, discoteche, lavoratori stagionali e dello spettacolo, ecc. Nuove misure deliberate a sostegno di attività commerciali e di servizio in forte sofferenza per le restrizioni da Covid. Una pandemia i cui effetti sanitari impattano sempre più su quelli economici con inevitabili riflessi sulla finanza pubblica.

La situazione è critica non solo per ciò che riguarda l’impennata di contagi e di ricoveri ma anche per la tenuta dei conti pubblici la cui credibilità rischia di andare in deficit in una generale cornice di incertezza e crescente preoccupazione. Quest’anno il debito pubblico (160% del Pil) supererà di 194 miliardi il livello di fine 2019. A fine agosto, secondo le ultime rilevazioni della Banca d’Italia, aveva sfiorato i 2.579 miliardi di euro, nuovo massimo storico. Non proprio l’ideale per un Paese che per il suo elevato livello di debito pubblico resta sempre un sorvegliato speciale in Europa e sui mercati: chi negozia titoli pubblici italiani, in presenza di conti pubblici fuori controllo, corre il rischio di gravi perdite.

Sui conti pesano i provvedimenti di emergenza varati finora dal Governo per arginare la crisi da coronavirus. Per il 2020 l’economia registrerà una brusca frenata, un balzo indietro di 23 anni: il Pil potrebbe arrivare fino a -11%, con un calo degli occupati previsto di oltre 410 mila unità. Per il prossimo anno, un quadro economico-finanziario condizionato da previsioni legate all’andamento della seconda ondata della pandemia che rendono labile la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) posta a base del disegno di Legge di Bilancio 2021 approvato di recente dal Governo. Tante cifre stanziate di qua e di là, ma non sempre collegate a obiettivi chiari, a strumenti adeguati, a politiche organizzative. Qualsiasi esercizio di previsione macroeconomica per gli equilibri di finanza pubblica ha un elevato rischio di produrre cifre scritte sul ghiaccio. Insicuro è anche l’effetto espansivo o di contrasto alla recessione di quanto speso finora. Si naviga a vista.

In questo contesto di elevata precarietà dovuta agli effetti economici e sociali della pandemia la lettura della Legge di bilancio 2021 risulta non facile. Una manovra finanziaria di 40 miliardi di euro, di cui più della metà (22 miliardi) coperti con maggior deficit, dopo che nel 2020 l’indebitamento è cresciuto già di 100 miliardi. Una manovra tutta in chiave anti-Covid e di espansione per fronteggiare la drammatica emergenza che da mesi ormai stringe nella morsa non solo l’Italia, ma tutta Europa. Ecco perché sono saltati tutti i parametri dei vincoli di bilancio: agli Stati, in deroga al Patto di stabilità, viene concesso di mettere in campo nuove risorse e misure per aiutare i propri cittadini, contrastare le disuguaglianze sociali, sostenere le imprese e l’occupazione e più in generale il tessuto socio-economico. La Legge di Bilancio 2021 contiene “importanti provvedimenti che rappresentano la prosecuzione delle misure intraprese sinora per proteggere la salute dei cittadini, il sistema produttivo e garantire la stabilità economica del Paese”, ha dichiarato il Ministro dell’Economia Gualtieri. Obiettivo ambizioso in presenza di un deficit di bilancio mai visto prima in tempo di pace. Nel 2009 il deficit dello Stato superò il 5 per cento del Pil. Nel 1995, scampato il collasso della finanza pubblica grazie ai governi Amato, Ciampi e Dini, il deficit raggiunse comunque il 7,5 per cento del Pil. I numeri di oggi vanno ben oltre i numeri di metà degli Anni Novanta. Il Governo fa comunque affidamento su un rimbalzo dell’economia superiore alle attese tale da contenere il deficit nel prossimo anno al 7% del Pil e il debito al 157 % del Pil.

Voltare pagina per vincere una sfida epocale. Secondo il recente rapporto di Confindustria “l’Italia è al bivio tra ripresa e declino”. Servono riforme strutturali, servono investimenti pubblici, serve soprattutto una notevole capacità organizzativa e di spesa e una forte unità d’intenti. Un “Patto per l’Italia”, secondo il Presidente di Confindustria Bonomi, per scongiurare, in un clima di ritrovata fiducia per l’economia e per la società, pericolose disgregazioni socio-economiche. E un primo segnale d’inversione potrebbe essere il piano dettagliato e completo che il Governo dovrà mettere a punto per chiarire come intende impiegare i 209 miliardi di euro del Recovery Fund varato a Bruxelles. Un’occasione storica per superare antiche distorsioni e rimettere in moto il Paese e dare finalmente una risposta concreta al problema di fondo: l’accumulo del debito sovrano e la sua sostenibilità prospettica. Guardare dunque con lucidità e senza retorica la realtà del Paese, accantonare populismi e strategie elettoralistiche, fare emergere nell’azione di governo l’autentico senso dello Stato per costruire un futuro di grande respiro. Dopo quello degli Anni Sessanta, il miracolo economico del Terzo Millennio.

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