Mark Haddon Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte a cura di Marcello Sgarbi
Mark Haddon
Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte - (Edizioni Einaudi)
Collana: Supercoralli
Pagine: 248
Formato: Brossura
ISBN 9788806166489
Di autismo si parla ormai da diverso tempo prendendo ad esempio soprattutto casi celebri, fra cui lo scrittore Nick Hornby, l’illustratore Jean-Michel Folon o l’ancora più noto attore Sylvester Stallone, tutti padri di figli affetti dalla sindrome.
Il rischio è quello di spettacolarizzarlo, come è del resto già successo anni fa nel film Rain man, interpretato da Dustin Hoffman. Allora, se anche voi state aspettando che qualcuno vi parli di autismo senza stereotipi, in un modo curioso e divertente oltre che istruttivo, Mark Haddon è la persona giusta.
L’autore prova a farci conoscere meglio questo disturbo pervasivo dello sviluppo attraverso l’io narrante di Christopher Boone, un quindicenne affetto dalla sindrome di Asperger, una forma particolare di autismo.
Protagonista di una storia che definire gialla è senz’altro riduttivo, Christopher si inventa detective e, sulle orme di Sherlock Holmes, uno dei suoi miti letterari, cerca di risolvere il caso, apparentemente banale ma insieme interessante per aprire lo sguardo su una prospettiva inedita.
La vicenda, in realtà, è un pretesto di cui Haddon si serve per portarci sul vero terreno d’indagine: la scoperta di una persona speciale, dei suoi affetti e del suo mondo che, anche se presentato in maniera un po’ troppo romanzata in alcuni dei suoi aspetti, ci invita a riconsiderare i nostri rapporti, con gli altri e con noi stessi.
“Il mio non sarà un libro divertente. Non sono capace di raccontare le barzellette
o fare giochi di parole perché non li capisco. Eccone uno, per esempio.
Uno di quelli che racconta mio padre.
Aveva la faccia un po’ tirata, ma solo perché aveva chiuso le tende.
So perché dovrebbe far ridere. Gliel’ho chiesto. È perché il verbo tirare in questa frase ha due significati diversi: 1) essere tesi, esausti, 2) tirare le tende, e il significato 1
si riferisce solo all’espressione del viso, il 2 soltanto alle tende.
Se cerco di ri-raccontarmi questo gioco di parole mentalmente, cercando di pensare
ai due diversi significati del verbo, per me è come ascoltare
due differenti brani musicali allo stesso tempo; mi sento a disagio e fuori posto
come quando mi arriva quel rumore indistinto di cui parlavo prima.
È come se due persone diverse mi parlassero tutte insieme contemporaneamente
di due argomenti diversi. Ed ecco perché in questo libro
non ci saranno giochi di parole”.
“Decisi che avrei scoperto chi aveva ucciso Wellington, anche se mio padre
mi aveva ordinato di non ficcare il naso negli affari degli altri.
Perché non faccio sempre quello che mi dicono di fare. Perché quando qualcuno
mi dà degli ordini, di solito sono cose che mi confondono
e che non hanno nessun senso. Per esempio quando dicono ‘Sta zitto’,
ma non specificano per quanto tempo devi stare zitto. Oppure se su un cartello
vedi NON CALPESTARE IL PRATO, in realtà dovrebbe esserci scritto
NON CALPESTARE IL PRATO INTORNO A QUESTO CARTELLO
oppure NON CALPESTARE IL PRATO DI QUESTO PARCO,
perché invece ci sono molti prati su cui si può camminare.
La gente non rispetta mai le regole. Mio padre per esempio va a più di 90 chilometri all’ora nelle strade dove non si devono superare i 90 chilometri all’ora, e qualche volta guida dopo aver bevuto e spesso non si mette la cintura di sicurezza quando prende il furgone. E nella Bibbia si legge ‘Non uccidere’, ma ci sono state
le Crociate e due Guerre Mondiali e la Guerra del Golfo e in ognuna di queste guerre dei cristiani hanno ucciso dei loro simili”.
© Marcello Sgarbi
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