RECOVERY
FUND, AIUTI EUROPEI PER L’ITALIA
di Antonio Laurenzano
Fervono
intensi sotto il cielo d’Europa negoziati e contatti politici a
pochi giorni dall’importante vertice del Consiglio europeo di
Bruxelles del 17-18 luglio dedicato al nuovo bilancio comunitario a
cui dovrebbe essere associato il Recovery Fund. E’ il piano “Next
Generation EU” varato dalla Commissione europea per supportare la
ripresa economica dell’Ue: 750 miliardi di euro fra prestiti (250
mld) e contributi a fondo perduto (500 mld) destinati ai Paesi e ai
settori più colpiti dall’impatto economico del Covid-19. Nessuno
assistenzialismo, nessuna torta da spartire. Gli aiuti europei
saranno vincolati alla realizzazione di riforme e investimenti
indicati nei Piani nazionali degli Stati membri in linea con le
“raccomandazioni” Ue. Negoziati difficili per la presenza sul
tappeto di interessi contrastanti e temi a forte impatto per il
futuro dell’Unione in termini di integrazione. Si tratta di trovare
il giusto equilibrio fra prestiti e sussidi, fra budget comunitario e
controllo dell’uso delle risorse comunitarie. Un’operazione che
alimenta forti tensioni fra i governi nazionali sempre più divisi
fra il rigore di alcuni (i Paesi “frugali” del Nord e i
“sovranisti” del gruppo di Visegrad) e le necessità di altri (i
Paesi colpiti dalla pandemia). Una situazione complessa che,
nonostante le sollecitazioni del premier Conte e del suo collega
spagnolo, difficilmente troverà un accordo definitivo in settimana
fra i 27 Capi di Stato e di Governo.
E’
in gioco uno dei principi fondanti dell’Ue, la solidarietà. Un
principio completamente stravolto dal Covid-19 nel segno della
diffidenza fra i Paesi Ue e della miope convergenza di interessi
immediati, condizionata dai consensi elettorali. La battaglia sui
numeri del bilancio 2021-2027 e sulla dotazione del Recovery Fund
farà chiarezza sulle opzioni politiche dell’Unione del futuro per
evitare pericolose fughe in avanti. Un chiarimento istituzionale tra
quegli Stati membri a cui basterebbero il mercato unico, il dumping
fiscale e gli egoismi nazionali e gli altri che, attraverso una
“fiscalità europea coordinata”, si battono per una politica
economica comune a supporto di una moneta unica, nell’ottica di un
reale processo di integrazione.
Dallo scorso
1° luglio la Germania ha assunto la presidenza di turno dell’Ue.
Per sei mesi la leadership europea sarà nelle mani del governo
tedesco in un momento particolarmente tumultuoso nella vita delle
istituzioni comunitarie. La congiuntura politica, economica e sociale
è tra le più drammatiche della storia europea: spetterà alla
granitica “ragazza dell’Est” Angela Merkel, nella parte finale
del suo lungo mandato di 15 anni alla Cancelleria federale,
contribuire a dare una risposta concreta alla profonda crisi
dell’Unione europea già segnata dalla vicenda Brexit e ora dalla
pandemia, con l’economia inceppata come neppure la crisi
finanziaria del 2008 aveva fatto. Un quadro complesso in un contesto
internazionale connotato dall’ambiguità politica degli Stati Uniti
di Trump e dall’aggressività economica della Cina di Xi Jinping.
Secondo le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale
(FMI), il Prodotto interno lordo è in caduta libera attorno al 10%
nell’Ue e al 12% in Italia; i debiti pubblici degli Stati membri in
continua ascesa, con l’Italia sulla soglia del 160% sul Pil. Le
conseguenze sociali sono da brivido. Vi è perciò una grande
aspettativa sul semestre tedesco e su una leadership strategica che,
promuovendo una governance politica dell’Ue più solidale e
inclusiva con minore rigorismo finanziario, sappia finalmente
rilanciare il ruolo sovranazionale con tratti federali dell’Ue e
prendere decisioni cruciali di ampio respiro storico sul futuro
economico-sociale europeo.
E la prima
sfida per Angela Merkel, superando ostilità e veti incrociati, è
l’approvazione del Recovery Fund. Una road map comune per il
rilancio dell’Ue in nome dei suoi principi fondanti: solidarietà,
coesione e convergenza. Un Piano di recupero del quale l’Italia è
il Paese maggiore beneficiario: la quota fondi ammonta a 172,7 mld di
euro, di cui circa 82 versati come aiuti a fondo perduto, a fronte di
un contributo finanziario di 56 mld di euro al bilancio Ue.
Un’occasione irripetibile per rimettere in moto un’ economia in
apnea e recuperare, sul piano europeo, la centralità del suo storico
ruolo di Paese fondatore dell’Europa.
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