14 luglio 2020

A Ferrara, il giorno 16 Luglio, verrà inaugurata la nuova sede della Galleria del Rivellino a cura di Maria Marchese

 A Ferrara, il giorno 16 Luglio, verrà inaugurata la nuova sede della Galleria del Rivellino: un traguardo, questo, raggiunto grazie al fervente e alacre impegno del neopresidente Marco Nava. La sede avrà uno spazio riservato all'accademia e altresì uno espositivo: questo avvenimento costituisce una tappa importante per la città e perciò va celebrato. Per rendere onore all'evento, desidero “disquisire” di una tela, che per me e l’artista ferrarese sancisce l’effettività di un legame inspiegabile ragionevolmente. Il nostro incontro avveniva a Lucca, in occasione del Festival di Nuovo Rinascimento, nel 2017… Nei due anni seguenti scrivo alcune diamine sulle opere dell’esteta finché, nel 2019, ci ritroviamo a Milano: nel mio eloquio interviene la figura di Tancredi Parmeggiani (Feltre, 25 Settembre 1927- Roma 1964) e Marco Nava, stupito, lo racconta come un caposaldo del suo percorso artistico. Marco Nava , in seguito, realizza la tela “IL CANNETO” , per rammemorare un pittore e un poeta, la cui breve vita ha lasciato un segno tangibile nel panorama artistico italiano. “IL CANNETO” MARCO NAVA (olio su tela) “La luna saliva davanti a lui, e le voci della sera avvertivano l’uomo che la sua giornata era finita. Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio del grilli precoci, qualche gremito di uccello; era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa; sì la giornata dell’uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti…” ( da “Canne al vento” , Grazia Deledda) L’atmosfera liberata dalla scrittrice sarda sposa amabilmente la dissertazione non figurata “IL CANNETO” , dell’artista Marco Nava. In essa, l’esteta ritrae in maniera eccelsa la personalità di Tancredi Parmeggiani, allignandone l’essenza proprio al termine di quella giornata, dalla Deledda sospirata, ove ha fine la pratica e lo spirito diviene errabondo. L'autore ferrarese eleva, affermando uno strato di pigmento oleoso dopo l’altro, la liberazione di un intimo viaggio ove microspazi, come timide seppur decise non realtà, divellono la limitatezza e la precarietà dell’esistenza sensibile. Un immaginario, quello creato dall’artista attraverso pennellate veloci e decise, che diviene depositario del tempo necessario per ridefinire e sfumare se stesso e l’eloquio visivo astratto da lui realizzato. Su questo impalpabile tessuto cognitivo e non, espresso dall'autore, molecole di colore tacitamente prillano, sprigionando un nucleo le cui pagine sovrapposte divengono un floema esistenziale. Marco Nava esprime un’ascesa cognitivo/spirituale, che procede da una condizione di transizione verso l’equilibrio. La prima si esprime, nella parte inferiore dell’opera, entro gli indugi profusi dalle vibrazioni del grigio, per risolversi e trovare alfine magione nel nitore e nell’euritmia del bianco, che ne contraddistingue la parte superna. Tra le trame s’intravedono respiri tonali ( il rosso, il blu, il marrone, il viola, il nero.. ) che, come cinigia, declamano sottovoce il timido e composto manifestarsi di diversi stati animico /intellettivi quali la passionalità, l’intelligenza, il misticismo, il piacere, la determinazione, il mistero … “Sii come bambù, fuori duro e compatto, dentro morbido e cavo. Le sue radici sono saldamente confitte nel terreno e si intrecciano con quelle di altre piante per rafforzarsi e sorreggersi a vicenda. Lo stelo si lascia investire liberamente dal vento e lungi dal resistergli si piega. Ciò che si piega è molto più difficile a spezzarsi” . (pensiero Buddista) Così l’artista ferrarese concepisce l’animo di Tancredi Parmeggiani: un serico, prezioso delubro. In esso effigia il mellifluo flettersi dell’animo umano che, come canna di bambù, inarca se stesso per non essere avvinto, travolto dalle vicissitudini e dispiegare, in seguito, il proprio essere in divenire, proficiente verso la piena realizzazione del proprio io reale. “Il mio vocabolario è l’universo… un uomo è tanto più grande quanto universo ha in sé” . (Tancredi Parmeggiani) Cogliere il disquisire dell’universo diviene l’amena riserva dalla quale partire, per rappresentare proficue sedizioni atte ad elevare l’artista e l’individuo verso illimitati raggiungimenti. Seguo il percorso artistico di Marco Nava da diverso tempo: in esso ho potuto ammirare il disvelarsi di un artista ferace, mutevole e capace… meritevole di approdare a traguardi sempre più significativi. 

(c)  Maria Marchese 

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