11 luglio 2020

Luigi Pirandello Il fu Mattia Pascal a cura di Marcello Sgarbi


Luigi Pirandello

Il fu Mattia Pascal – (Edizioni Rizzoli)

Collana: Grandi classici BUR
Pagine: 126
Formato: Brossura
ISBN 9788817016193

L’incontro con la morte fu un’esperienza molto precoce per il Pirandello uomo. Giocando a nascondino con altri ragazzi nel cimitero della campagna di Caos, finì dentro una camera mortuaria e trovò un cadavere, coperto da un lenzuolo bianco, disteso sopra un tavolo d’acciaio. A smuoverlo dal terrore che lo impietriva fu il rumore di svolazzo, tenue ma ossessivo, che arrivava dalla stanza accanto: due amanti clandestini stavano facendo l’amore e Luigi, dalla porta aperta, li vide. Forse è per questo imprinting che, nelle opere di Pirandello, Eros e Thanatos vanno sempre insieme. In quello che può essere considerato il suo capolavoro, il protagonista è addirittura sospeso tra la vita e la morte, schiavo della propria libertà e di un’identità che altri hanno costruito per lui. Allora, per ritornare ad esistere, Mattia Pascal è costretto a morire, virtualmente, di nuovo.

Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal”.

Avevo già sperimentato come la mia libertà, che a principio m’era parsa senza limiti, ne avesse purtroppo nella scarsezza del mio denaro; poi m’ero accorto ch’essa più propriamente avrebbe potuto chiamarsi solitudine e noia, e che mi condannava a una terribile pena: quella della compagnia di me stesso; mi ero allora accostato agli altri; ma il proponimento di guardarmi bene dal riallacciare, foss’anche debolissimamente, le fila recise, a che era valso? Ecco: s’erano riallacciate da sé, quelle fila; e la vita, per quanto io, già in guardia, mi fossi opposto, la vita mi aveva trascinato, con la sua foga irresistibile: la vita che non era più per me. Ah, ora me n’accorgevo veramente, ora che non potevo più con vani pretesti, con infingimenti quasi puerili, con pietose, meschinissime scuse impedirmi di assumer coscienza del mio sentimento per Adriana, attenuare il valore delle mie intenzioni, delle mie parole, de’ miei atti”.

(c) Marcello Sgarbi


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