Intervista di Alessia Mocci al poeta russo Arsen Mirzaev: vi presentiamo Chiedo asilo poetico
Intervista
di Alessia Mocci al poeta russo Arsen Mirzaev: vi presentiamo Chiedo
asilo poetico
“[…]
amo anche staccarmi – strapparmi da questa celebre “esistenza
letteraria” verso la natura – nel bosco, sui monti, al mare, nel
deserto.... “I poeti devono vagare e cantare!” – con questa
affermazione di Velimir Chlebnikov sono d'accordo al 200 %.”
–
Arsen Mirzaev
Il
vagare dei poeti
non può che far ricordare quei celebri versi dello stimato Ugo
Foscolo (“Vagar
mi fai co' miei pensier su l'orme/ che vanno al nulla eterno; e
intanto fugge/ questo reo tempo, […]”)
che contemplavano e cantavano alla sera ringraziandola per la pace
prodotta proprio da questo vagare. Ed ancora ricorda quel
vagare dell’Islandese in continuo dialogo con la Natura
in contrapposizione ad un poeta che lasciò di rado la sua biblioteca
sita a Recanati.
Nato
a San Pietroburgo nel 1960,
Arsen Mirzaev è poeta, critico e studioso di letteratura. All’attivo
ha collaborazioni con diverse case editrici e riviste letterarie, con
pubblicazioni di versi ed articoli.
La
sua prima silloge è stata pubblicata nel 1994
ed è intitolata “Un altro respiro” (Drugoe
dychanie),
seguono nel 1996 “Oltre al resto” (Pomimo
pročego),
nel 2000 “I versi e i canti di Anton Kompotov (Stichi
i pesni Antona Kompotova),
nel 2001 “La musica della conversazione di innamorati sordomuti”
(Muzyka
razgovora vljublënnych gluchonemych),
nel 2008 “L’albero del tempo” (Derevo
vremeni)
e nel 2015 “Vita a ¾” (Zizn'
v ¾).
Da
circa 15 anni organizza rinomate serate letterarie presso lo storico
albergo Old
Vienna
situato dietro l’angolo rispetto ad uno dei monumenti più
interessanti dell’arte russa la
Cattedrale di Sant’Isacco
costruita dal 1818 al 1858.
“Chiedo
asilo poetico” è stato pubblicato nel 2020 dalla casa editrice
Macabor
Editore
nella collana “I
fiori di Macabor”,
l’elaborazione
grafica della copertina di Giorgio Ferrarini. Paolo
Galvagni
ne ha curato la nota finale e la precisa traduzione.
“tutti/
tutti/ tutti si istupidiscono con gli anni// eccetto alcuni/ alcuni/
in verità –/ è una grandezza/ infinitamente piccola”
A.M.:
Salve Arsen, sono lieta di poter approfondire la sua conoscenza con
questa intervista e la ringrazio per il tempo che mi dedicherà.
Vorrei, se è possibile, geolocalizzare il poeta, chiedendole: San
Pietroburgo è una città attiva artisticamente oppure lei è una
delle poche eccezioni?
Arsen
Mirzaev: Sono
felice di salutarLa! Ringrazio per l'interesse che ha mostrato verso
la mia modesta persona e il mio libro, tradotto da Paolo.
A
Pietroburgo ci sono tanti poeti. Validi, anche vari. Ce ne sono di
vivi, interessanti e di talento. E ci sono scribacchini, parolai e
grafomani. I primi, mi pare, sono molto meno... Ahimè.
Così,
San Pietroburgo. La città in cui sono nato, ma vi ho abitato solo
dopo aver completato la scuola media a Vorkuta (il Nord, il Polo,
negli anni '60 Vorkuta era davvero una città di banditi, una delle
“capitali” criminali – come Kolyma e Magadan). Cioè dal 1977.
E solo a San Pietroburgo (allora, certo, Leningrado) ho cominciato a
capire che cosa fosse la vera poesia (anche se avevo provato a
scrivere versi a scuola – avevo studiato non solo a Vorkuta, ma
anche a Mosca, e a Gelendžik – e durante il servizio militare tra
le file dell'esercito sovietico, in una cittadina nei pressi di
Zagorsk). All'Istituto Geologico di Leningrado (LGI), a cui mi sono
iscritto sotto l'influenza di mio padre geologo, parallelamente allo
studio, dal primo anno, sono iniziate le lezioni al LITO (unione
letteraria) del LGI, che era guidato da Michail Jasnov, noto poeta
per l'infanzia e traduttore di poesia francese. Poi ho avuto: il
lavoro nella Casa degli scrittori leningradese; lo studio alla Libera
Università (cattedra di poesia: 1989-1991); il lavoro come redattore
(dall'inizio degli anni '90) – nell'organico e non – praticamente
in tutte le case editrici pietroburghesi; comporre e redigere la
rivista artistica letteraria samizdat “Sumerki” (1989-1995); il
lavoro in giornali e riviste – pubblicista, giornalista e
redattore; lo studio dell'eredità creativa dell'avanguardia russa
dell'inizio del XX secolo (prima di tutto – Velimir Chlebnikov,
Vladimir Majakovskij, Elena Guro, Tichon Čurilin, di cui ho
preparato libri, commentandoli e pubblicandoli per varie case
editrici di Mosca e San Pietroburgo); la partecipazione a conferenze
scientifiche internazionali, dedicate all'avanguardia e alla
letteratura contemporanea; la preparazione di varie antologie di
poesia pietroburghese contemporanea; la cura e la conduzione di
serate letterarie (letture poetiche, presentazioni di riviste e case
editrici, serate di prosa, festival) – dal 2005. E così via. Non
ricorderò tutto ed elencare tutto sarebbe troppo lungo. Ma, in un
modo o nell'altro, tutta la mia vita è stata legata alla
letteratura, ai libri, alla poesia. E tutti i miei amici in gran
parte sono poeti, artisti, musicisti.
E
la nostra vita era e continua a essere del tutto viva. Probabilmente
alle peregrinazioni e ai viaggi (non sono solo festival poetici in
diverse città e paesi, ma anche semplicemente viaggi “per il
mondo”) dedichiamo non meno tempo che alla lettura di libri e
composizione di versi nei nostri appartamenti e studi.
A.M.:
Nella nota finale della raccolta “Chiedo asilo poetico”, il suo
traduttore Paolo Galvagni scrive: “Siamo
di fronte a una persona, la cui vita è legata in modo fatale alla
poesia e si è tramutata in “esistenza letteraria”: non sa dove
scappare. Quasi tutti i suoi versi sono organica-mente iscritti nella
vita letteraria della Pietroburgo contem-poranea, coi suoi
innumerevoli saloni letterari e altre amenità poetiche.”
Si rispecchia in questa immagine?
Arsen
Mirzaev: Dell'“esistenza
letteraria” ho già scritto tanto, rispondendo alla prima domanda.
Ma è solo una parte di me e della mia vita. Sì, sono “iscritto”
alla letteratura, inserito in essa (anche ufficialmente: come membro
delle unioni di scrittori, come portatore di cultura, compositore di
antologie, redattore di riviste, membro di diverse giurie
professionali, etc), si può dire che sia radicato in essa dalla
testa ai piedi nei 35 anni della mia “letteraturovita” (la mia
esistenza nella letteratura), occupandomi all'infinito di tutti i
possibili studi, della preparazione di libri, conducendo ogni anno
una quantità infinita di serate poetiche. Ma amo anche staccarmi –
strapparmi da questa celebre “esistenza letteraria” verso la
natura – nel bosco, sui monti, al mare, nel deserto.... “I
poeti devono vagare e cantare!”
– con questa affermazione di Velimir Chlebnikov sono d'accordo al
200 %.
A.M.:
Nella lirica “Il giorno di San Valentino” si legge “[…]
– diventare/ uno stupido geniale,/ […]” (“[…] – стать/
гениальным придурком,/ […]”),
con questa immagine intende menzionare lo jurodivyj, figura del mondo
ortodosso russo con significato di “folle in Cristo” o “santo
idiota”?
Arsen
Mirzaev: No,
qui non avevo alcuna intenzione di fare un accenno agli “jurodyvie”
russi, anche se mi interessano tanto. Avevo in mente un motivo di Van
Gogh, la celebre storia col suo orecchio tagliato (abbastanza ironico
e autoironico) la estrapola sull'“amato se stesso” l'eroe lirico
di questa poesia.
A.M.:
Da studioso di letteratura si è occupato dell’opera del poeta
russo Velimir Chlebnikov (Oblast' di Astrachan', 9 novembre 1885 –
Santalovo, 28 giugno 1922). Una breve poesia recita: “Preposto
al servizio delle stelle,/ Io giro, come una ruota,/ Che s'invola
all'istante sull’abisso,/ Che finisce sull'orlo del precipizio,/ Io
imparo le parole.”
Vorrei soffermarmi su “stelle”, “abisso” e “parole”: la
vertigine è una condizione necessaria per il poeta?
Arsen
Mirzaev: La
mia “storia” con Chlebnikov, il grande Futurista, è cominciata
circa quaranta anni fa, quando a me, studente della facoltà
geologica dell'LGI, hanno chiesto di tenere una lezione su Velimir
per gli studenti stranieri dell'Istituto geologico. Era il 1981 o
1982.
Nel
1986 ho partecipato alla conferenza (Fortezza di Pietro e Paolo, San
Pietroburgo), dedicata al centenario di Velimir Chlebnikov. Poi ho
prese parte a numerosi festival e conferenze scientifiche dedicate a
Chlebikov e all'avanguardia letteraria dell'inizio del XX secolo,
tenute a San Pietroburgo, a Mosca, a Parigi, a Helsinki, a Velikij
Novgood, ad Astrachan', a Kazan', a Čeljabinsk, a Tver' e in altre
città. Nel 2005 ho avuto la fortuna di pubblicare il libro Velimir
Chlebnikov – serto al poeta (33 omaggi poetici a Velimir: ora ho
preparato per la stampa la versione completa del Serto – più di
100 nomi di poeti noti, che hanno dedicato poesie al “Re del
Tempo”). E tre anni fa il libro, da me composto e commentato “Il
tempo – misura del tempo” (la cosiddetta “piccola prosa”:
articoli, note, proclami, manifesti, diari, etc). Ho preparato altri
progetti editoriali, legati ai Futuristi, che per vari motivi non
erano ancora usciti.
A
suo tempo il poeta Osip Mandelštam ha detto: “In Chlebinikov c'è
tutto!”. – Per me era proprio così. “Il nostro tutto” –
non è solo Puškin, ma anche Chlebnikov. E anche prima di tutto –
Chlebnikov. Proprio lui mi ha fatto sentire che cosa sia la vera
poesia, capire che cosa costituisce la sua essenza, amarla “per
tutta la vita rimanente”. Una sola sua frase – per esempio, “Con
un sorriso è chiaro, semplice/ Sollevo la vita/ ad altezza della mia
statura”
– poteva sconvolgermi, rafforzarmi – dall'esistenza (vitale, non
letteraria), dalle “porcherie
plumbee della vita”.
A.M.:
Oltre al futurismo ed alla avanguardia russa si è interessato di
futurismo italiano? Quali sono gli artisti e poeti che ha apprezzato
maggiormente e quali differenze ha potuto notare tra esponenti in
Russia ed esponenti in Italia?
Arsen
Mirzaev: Sì,
certo, non si può trascurare la figura, potente, creativa e in molto
contraddittoria, di Marinetti! Anche se da noi lo conoscevano proprio
poco. E praticamente non lo pubblicavano. Ma ora sono pubblicati non
solo i suoi proclami e manifesti, ma anche la poesia e la prosa –
in russo. Cosa che non può non allietare. Sulle differenze tra i
futuristi italiani e russi si è scritto più volte. Se approfondissi
anch'io questo tema, sarebbe superfluo e occuperebbe troppo spazio e
tempo. Ma voglio notare che anche l'avanguardia letteraria e
artistica italiana mi interessa molto.
Nominerò
solo alcuni nomi: Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Fortunato Depero,
Carlo Carra, Enrico Prampolini, Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia,
Gino Severini, Ardengo Soffici.
Non
è il primo anno che con alcuni slavisti italiani tengo rapporti di
amicizia. Oltre a Paolo Galvagni, a Lei noto, si tratta di Massimo
Maurizio, Gabriella Imposti e Marco Sabbatini. Conosco altri slavisti
solo da lontano: Stefano Garzonio, Carla Solivetti. Be', certo,
bisogna anche aggiungere al tema “italiano” il fatto che nel 2018
per la mini antologia di poesia italiana contemporanea “Essere
delle foto”, mi è capitato di tradurre i testi di Alfonso Maria
Petrosino e Marco Miladinovic.
A.M.:
“Perché
ci sono così pochi poeti buoni e vari?”
почему же так мало поэтов хороших и
разных?
Arsen
Mirzaev: Avendo
una certa esperienza di traduzione poetica da varie lingue, immagino
bene come sia complesso rendere l'intonazione di un testo in lingua
straniera (la cosa più semplice è il senso, se nella poesia è più
o meno “trasparente”). Qui, in questi testi (come in molti miei
altri versi) svolgono un ruolo significativo l'ironia e l'autoironia.
È abbastanza complesso da spiegare. O si percepisce nel testo,
oppure no.
A.M.:
Successivamente alla pandemia ha intenzione di presentare “Chiedo
asilo poetico” in Italia?
Arsen
Mirzaev: Anch'io
spero che prossimamente (tra un mese? due?) le frontiere saranno
aperte e potremmo tutti relazionarci con libertà e apertamente –
come prima. Sostengo in ogni modo l'idea di fare una presentazione in
Italia. Ovvio, la presentazione (forse, più di una) deve avvenire
anche in Russia. Possiamo organizzarla nel mini hotel letterario
“Antica Vienna” nel centro di Pietroburgo, dove dal 2005 conduco
le “Serate letterarie”, ormai diventate di culto per molti.
A.M.:
Salutiamoci
con una citazione…
Arsen
Mirzaev:
Nel contesto di quanto detto sopra, di certo si confà congedarsi con
questa quartina “antipandemica”: “Il
gelo cosmico nella notte./ Alle finestre s'erge la sventura./ E da me
il fuoco nella stufa,/ Il tè sul tavolo e nel cuore la felicità”
(Vladlen Gavril'čik, poeta e artista, 1953).
E
se permettete, con un'autocitazione: “i
versi sono un bastone/ su di esso mi appoggio/ camminando/ in questa
vita”.
A.M.:
Arsen ringrazio per la schiettezza delle sue risposte e la saluto
anche io con due citazioni. Prendo in prestito le parole di un suo
connazionale fortemente ammirato in Europa, Fëdor Michajlovič
Dostoevskij “Colui
che mente a se stesso e dà ascolto alla propria menzogna arriva al
punto di non saper distinguere la verità né dentro se stesso, né
intorno a sé e, quindi, perde il rispetto per se stesso e per gli
altri.”
ed infine: “Il
segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche
nel sapere per che cosa si vive.”
Written
by Alessia Mocci
Info
Sito Macabor Editore
http://www.macaboreditore.it/
Acquista Chiedo asilo poetico
http://www.macaboreditore.it/home/index.php/libri/hikashop-menu-for-categories-listing/product/110-chiedo-asilo-poetico
Fonte
https://oubliettemagazine.com/2020/06/25/intervista-di-alessia-mocci-al-poeta-russo-arsen-mirzaev-vi-presentiamo-chiedo-asilo-poetico/
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