LA SFIDA DELLA RIPRESA ECONOMICA di Antonio Laurenzano
LA SFIDA DELLA RIPRESA ECONOMICA
di Antonio Laurenzano
Dal
“decreto Cura Italia” al “decreto Rilancio”: una corsa contro
il tempo per dare una risposta allo shock del coronavirus che sta
mettendo a nudo le debolezze strutturali del nostro sistema
socio-economico e finanziario rispetto ad altri Paesi europei. Il
lungo lockdown ha inciso in misura drammatica, in molti casi
irreversibile, sulla governance delle piccole e medie imprese che
rappresentano l’asse portante del sistema produttivo nazionale con
l’impiego di oltre l’80% della forza lavoro operante sul
territorio. E, dopo la Grecia, siamo il Paese dell’Ue con la
situazione peggiore. Lo confermano, nella loro aridità, i numeri
pubblicati in questi giorni a Bruxelles come stima degli effetti del
Covid-19 nel 2020 in Italia: Pil in diminuzione del 9,5%, rapporto
deficit/Pil schizzato all’11,1%, rapporto debito pubblico/Pil che
sfiora il 159%, a conferma che il coronavirus non mette a repentaglio
soltanto la vita delle persone, ma sta minando il futuro della nostra
economia.
In
attesa dei contrastati aiuti europei (prestiti o contributi?) legati
alle decisioni sul Recovery Fund nel quadro del prossimo bilancio
comunitario, il decreto legge “Rilancio” mette in campo risorse
per un ammontare pari a circa un decimo del bilancio dello Stato,
quasi il doppio dell’ultima manovra di bilancio. Un bazooka di
circa 55 miliardi di euro destinati per il 25% alla Cassa
integrazione e ai lavoratori autonomi, per il 20% alle imprese, per
altri 30% agli Enti locali, alla sanità, al turismo e al commercio,
oltre che alle agevolazioni fiscali. In 266 articoli, quasi 500
pagine, la sfida per la ripresa economica del Paese che sarà meglio
definita dai 98 decreti attuativi in arrivo, necessari per rendere
operativi buona parte delle misure previste dal Governo.
Parola
d’ordine: ricominciare. Quasi un imperativo che implica però una
serie di condizioni. Superare in primis ogni lentezza amministrativa,
ogni ostacolo burocratico sbloccando procedure arrugginite ed
eliminando vincoli e balzelli fiscali per favorire gli investimenti e
dare forti impulsi all’intera economia del Paese. E per voltare
pagina c’è bisogno di una responsabile azione politica che,
azzerando uno sterile assistenzialismo con spesa sociale a pioggia,
passi dall’effimero consenso elettorale al buonsenso di governo.
Dopo promesse e annunci è tempo di elaborare un piano strategico di
sviluppo e crescita per rifondare un Paese che, se vuole ripartire e
recuperare il terreno perduto, deve disegnare il proprio assetto
economico e sociale con rinnovato slancio, fatto di idee e progetti
in forte discontinuità con il passato e con il presente.
Serve
cioè rilanciare l’economia, far decollare la produzione e il made
in Italy per potenziare il motore del Paese con l’obiettivo di
fondo di rendere sostenibile il nuovo debito pubblico e credibili per
i partner europei le scelte effettuate. Per la debolezza della
struttura finanziaria del nostro sistema, il ricorso al credito, se
non supportato da una chiara programmazione economica, potrebbe
risultare estremamente pericoloso per i precari equilibri della
finanza pubblica. Il nostro maxi debito pubblico, se non ridotto
drasticamente nel medio termine, continuerà a renderci il Paese
dell’Ue più esposto nel tempo ai venti di crisi e ai ricatti dei
mercati, oltre che ai continui esami da parte dei “falchi del
Nord”, con Olanda e Austria in testa. Per sopravvivere e ripartire
sono necessari riforme strutturali, dal fisco alla giustizia, agli
appalti, investimenti strategici nel campo delle infrastrutture di
trasporto e logistiche, nella digitalizzazione e nella produttività
dei servizi non solo pubblici, nella ricerca e nella sanità.
Interventi in linea con una politica industriale che punti sulla
innovazione e sulla ricapitalizzazione delle imprese attraverso un
processo di trasformazione incentrato su nuove competenze e su
elevati livelli di competitività internazionale.
Operare
dunque in fretta per mettere il Sistema Paese al riparo dal rischio
che nei prossimi mesi la recessione si trasformi in crisi
finanziaria. Con la crescita economica è in gioco il benessere
materiale degli italiani, il loro futuro e con esso la tenuta sociale
dell’unità nazionale. Una sfida da vincere con il contributo
costruttivo di tutti all’interno di una comune azione europea di
integrazione economica.
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