L’ARGOMENTO ONTOLOGICO DI SANT’ANSELMO D’AOSTA a cura di Vincenzo Capodiferro

L’ARGOMENTO ONTOLOGICO DI SANT’ANSELMO D’AOSTA
Rivisitato secondo le più recenti ed autentiche interpretazioni in una consistente opera di Luca Vettorello

L’argomento ontologico di Sant’Anselmo d’Aosta, uno dei ragionamenti più controversi di tutta la storia della filosofia occidentale, dal medioevo ai giorni nostri, è stato oggetto di un complesso, ma mirabile studio del giovane intellettuale Luca Vettorello, dal titolo “L’unum argumentum di Sant’Anselmo. Alla ricerca dell’interpretazione autentica della prova anselmiana dell’esistenza di Dio”, Edizioni ETS, Pisa 2015. Luca Vettorello è nato a Tradate nel 1985. Ha conseguito la laurea in filosofia, con specializzazione in metafisica e storia del pensiero filosofico e dottorato in studi umanistici presso l’Università del Sacro Cuore di Milano. I suoi ambiti di ricerca spaziano in vari campi: filosofia medievale, teologia naturale, teoretica ed ontologia analitica, nonché bioetica. Ha ottenuto riconoscimenti nazionali, come il premio Arosio, presso l’ateneo romano Regina Apostolorum, ed internazionali, presso il Boston College negli Stati Uniti. Luca è un giovane appassionato, dedito alla filosofia ed alla ricerca degli itinerari metafisici del pensiero occidentale, antico e moderno. Questo è un testo completo, esaustivo sull’argomento anselmiano, anche alla luce delle più recenti interpretazioni filosofiche, che lo rileggono nella sua veste più genuina ed autentica, spogliandolo delle sovrapposizioni, come quelle platonizzanti, e dei pregiudizi che si sono accavallati, soprattutto dopo la demolizione kantiana, su questo ritenuto ardito tentativo fondante del pensiero onto-teologico classico. In realtà si denota che tutta la polemica sull’”onto-teologia” è più forse dovuta ad una lettura unilaterale kantiana che si è sedimentata in tutta la filosofia germanica, fino ad Heidegger. Leggiamo nell’introduzione: «La presente opera sarà strutturata privilegiando un taglio di carattere logico e teoretico, con una lettura esegetica sistematica ed un costante ancoraggio al testo del Proslogion, che verrà analiticamente esaminato allo scopo di far emergere, in tutti i suoi molteplici aspetti e sfaccettature, tale nuova interpretazione». Amato e contestato, tra ammiratori e seguaci, come i razionalisti seicenteschi, trai quali il Cartesio ed il Leibniz, ed avversari, da Gaunilone a Kant, passando per lo stesso Tommaso, di cui non mancano argomentazioni ontologistiche nelle sue speculazioni, come sottolinea lo stesso Vettorello, l’argomento ontologico è stato soprattutto frainteso. La sfaccettatura logica è interessante perché attraverso questa strada ci avviciniamo all’interpretazione godeliana della prova matematica dell’esistenza di Dio. Non dimentichiamo che tutti i teoremi di incompletezza sono incentrati sul concetto di “correttezza”, più che su quello di verità. Occorre liberarsi dagli occhiali colorati del razionalismo, compreso quello kantiano, nonché del platonismo, trito e ritrito, neo-platonizzato, per poter leggere con “puro occhio contemplante” tanto per adusare una bozza schopenhaueriana, l’argomento ontologico: «La conoscenza razionale di Dio non rischia di scadere in una forma di razionalismo, e non viene inficiata dalle accuse di onto-teologismo, se non avanza la pretesa di una comprensione totale, assoluta e necessaria della realtà divina, ma si arresta di fronte alla costatazione che le nostre possibilità di apprensione di essa sia provvisoria, contingente e perfettibile: riconoscendo, ad esempio, che alcuni aspetti del divino non siano pienamente razionalizzabili entro le usuali categorie logiche, per cui si dovrà ricorrere, volendoli indagare, ad altre tipologie di discorsi; e ammettendo altresì che alcuni lati di Dio rimarranno sempre strutturalmente del tutto intangibili alle nostre limitate facoltà intellettive» (p. 148). Ma soprattutto bisogna dirimere una volta per sempre il lato fattuale da quello logico, per cui l’ateo, può anche pensare che Dio, cioè l’Id quo maius cogitari nequit ( I. Q. M.), non esista, però:
«Fattualmente può farlo: accetta una definizione, ma di fatto non l’accetta davvero.
Logicamente, invece, non potrebbe farlo: o l’accetta (e ne accetta fino in fondo le conseguenze), oppure non l’accetta del tutto» (p. 205). Il problema dunque è questo: può esistere di fatto un ateismo teorico? No. Esiste solo e solamente un ateismo pratico. E mi permetto di concludere così questa riflessione sull’opera, veramente originale e grandiosa, di Luca Vettorello: in questo modo verrebbe ad essere invertito il problema kantiano della ragion pratica. Infatti l’intelletto riconosce l’I. Q. M. e non può negarlo. È la volontà che può aderirvi o meno, può riconoscerlo come postulato (alias dogma di fede), o valore assoluto, oppure non riconoscerlo. Il problema dell’esistenza di Dio così non è un problema della ragion pura, ma l’è proprio della ragion pratica. La vera antinomia qui non sussiste nella ragion pura, ma nella ragion pratica: è qui che il dilemma perenne (Dio esiste, o non esiste, cioè fattualmente, perché logicamente è indubitabile che esista) si dispiega in tutta la sua drammaticità. C’è un vero e proprio capovolgimento di ragion pura pura e ragion pura pratica. D'altronde la riformulazione scotista dell’unum argumentum, risultante come la meno attaccabile, anche dal punto di vista kantiano, aveva già aperto le porte alla questione della possibilità logica dell’ente necessario. La distinzione tra ente logico ed ente reale era già formalmente arguita dai pensatori medievali, che non erano tanto arretrati, come crediamo noi. Se non ci sbagliamo, ci pare proprio che tutta la fenomenologia husserliana e l’esistenzialismo heideggeriano derivino proprio da un ripensamento di quella tanto contestata metafisica antica. Non c’era nessuna pretesa di fondare un’ontoteologia: questa è solo un’accusa infondata derivante dall’invidia di Kant, il quale pur non avendo mai letto Aristotele, ha ripreso tutta la sua logica, le sue categorie e le ha trasfigurate. Non ha demolito la metafisica, ma l’ha solo trasformata da metafisica onto-teologica in metafisica trascendentale egologica. All’ente ha sostituito l’io assoluto, che è diventato poi il nuovo dio degli idealisti romantici. La cultura germanica invidiosa di quella greca se n’è appropriata e l’ha accomodata alle sue esigenze. L’opera di Vettorello per la sua oculatezza e organicità ci presenta in modo critico appropriato questa antichissima questione che ha animano generazioni e generazioni di filosofi.
Vincenzo Capodiferro

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