LA RAREFAZIONE DELLE LIBERTÀ
Ecco un parere giuridico dell’Avvocato Daniel Monni “ai tempi del
coronavirus in carcere”, penalista del Foro di La Spezia. I detenuti o i loro
familiari potrebbero valutare seriamente se procedere penalmente per il reato di
maltrattamenti nei casi nei quali fosse ravvisabile. È possibile chiedere
informazioni anche all’Associazione Liberarsi, indirizzo mail associazioneliberarsi@gmail.com
oppure a me, Carmelo Musumeci, al seguente indirizzo zannablumusumeci@libero.it
LA RAREFAZIONE DELLE LIBERTÀ
La dimensione “sacrale” del carcere – e, più profondamente, l’archetipo
criminologico che lo teorizza come necessariamente diviso e separato dal
consortium di riferimento – suscita, potremmo dire a fortiori,
dubbi e sensazioni di disagio nei periodi etichettati come “emergenziali”.
La pena carceraria, nata dalle ceneri di una carità costrittiva ed
anteposta – in epoca illuministica - allo “splendore dei supplizi” pare,
infatti, ri(con)dursi – ad oggi - ad un silenzioso (ma non per questo meno
doloroso) supplizio.
Se attenta Dottrina aveva, circa una decina di anni fa, acutamente notato
che “ se il disconoscimento della dignità umana, la limitazione e
l’oppressione ingiustificate dalla libertà fisica e morale, il sacrificio
ingiustificato delle necessità ed esigenze fisiche e spirituali della persona,
sono i caratteri dell’offesa sottesa alla fattispecie di maltrattamenti, appare
difficile sostenere l’irriducibilità delle situazioni di sovraffollamento
carcerario al paradigma offensivo delineato dall’art. 572 c.p.1
” che potremmo dire, nelle more del periodo storico attuale, di
un’istituzione totale, e in primis di una formazione sociale, che non
sembra tutelare (o, quantomeno, non pare farlo abbastanza) il diritto alla
salute dei suoi cittadini posto che - come direbbe, forse, Monsieur De La
Palice – i detenuti non possono, quasi tautologicamente, provvedere “in
proprio” alla tutela dei propri diritti?
Non sembra, dunque, del tutto paradossale ed azzardato non escludere
aprioristicamente l’integrazione del delitto di cui all’art. 572 c.p. da parte
delle istituzioni carcerarie che non garantiscano le misure idonee a tutelare il
diritto alla salute dei detenuti: argomentazione, questa, che sembra valore
a fortiori – con espressione ampiamente (ab)usata - “ai tempi del
coronavirus”, temperie nella quale la scienza medica suggerisce a più riprese le
cautele ed i presidi da adottare per il contenimento dell’epidemia. L’ablazione
della tutela dei diritti dei detenuti, purtuttavia, non sembra vestirsi del
manto novellistico: Brissot de Warville, nel lontano(?) 1871 definiva
il carcere una “ cloaque d’infection2 ” e, cionnonostate,
assuefarsi alla rarefazione dei diritti non sembra essere “cosa grata”. La
rarefazione dei diritti, infatti, pare tendere favorevolmente all’evanescenza e
può, quasi paradossalmente, far ascendere sé stessa alla ieraticità ed alla
solennità proprie della metafisica.
18.03.2020
Avv. Daniel Monni
1 GARGANI A., Sovraffollamento carcerario e violazione dei
diritti umani: un circolo virtuoso per la legalità dell’esecuzione penale,
in Cassazione Penale, III, 2011, p.1263.
2 BRISSOT DE WARVILLE J.P., Théorie des lois
criminelles, Paris, I, 1871, p.171.
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