18 marzo 2020

“Incanti Russi” Opere pittoriche di tradizione dell’Accademia Glazunov di Mosca a cura di Marco Salvario


Incanti Russi”
Opere pittoriche di tradizione dell’Accademia Glazunov di Mosca
a cura di Marco Salvario

Pinacoteca Albertina Via Accademia Albertina 8, Torino
31 gennaio – 22 marzo 2020





L’Italia vive brutti tempi e il mondo della cultura, già così fragile e trascurato, è tra le maggiori vittime.
Poco prima dell’inizio di questo sfortunato periodo sono riuscito a visitare alla Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Belle Arti la mostra “Incanti Russi”, che presentava ventidue opere pittoriche dei migliori allievi dell’Accademia Glazunov; questa istituzione, nata nel 1986, cerca di fare rivivere i fasti dell’Accademia di Belle Arti di Mosca.
Le opere sono presentate intercalate ai capolavori permanenti della Pinacoteca, esposti su pareti rosse o blu mentre le prime sono su sfondi bianchi; nasceva quindi naturale nel visitatore il confronto tra le diverse scuole e i diversi soggetti, tra le tele spesso scurite dal tempo e della storia dei maestri dei secoli scorsi e quelle vivaci e scalpitanti, pur nei dettami scolastici, dei giovani moscoviti.
Un parallelo che, pur senza rivalità, aggiungeva alla mostra dinamicità e provocazione.



Tra le opere dell’Accademia Glazunov ho individuato due percorsi principali, il primo dedicato ai paesaggi e ai monumenti, il secondo a vicende della storia russa. Oltre ad apprezzare l’aspetto artistico, il visitatore ha potuto vivere l’esperienza dell’immersione in un mondo e in un passato, che di solito non sono nelle conoscenze di noi italiani.
Nel primo percorso colpiscono “Il monastero dell’Assunzione di San Cirillo” di Karev, dove a dominare è lo splendido riflesso sull’acqua, che coglie il dissolversi nei secoli della religiosità ortodossa; “Il Cremlino” di Šanin, dai colori pastello che sembrano rubati a un libro di favole e che ben rendono la stupefacente commistione di stili dell’architettura; “La città di Jur’even sul Volga” di Kuraksa, opera di eccezionale precisione artistica eppure poetica e nostalgica; “Primavera” di Gribanova, che propone uno spaccato della fredda steppa russa, tra terre povere, aride, indurite dal gelo ma scaldate da un timido sole primaverile e “Resurrezione” di Pavlova, dove è rappresentato il monastero di Novodevičij nel centro di Mosca, in un convincente contrasto di luci e di ombre.

Nel secondo percorso mi hanno impressionato “Mosca ai tempi dei boiardi” due opere di Morgun, solenni rappresentazioni di una delle più nobili e antiche classi sociali russe, arroccate nella protezione del passato e dei propri privilegi, e dello stesso autore “Scena con due figure in costume (L’indovina)”, dove il contrasto tra l’uomo un po’ diffidente dalla bianca barba e lo sguardo zingaresco della ragazza che gli legge la mano, è davvero riuscito; “Basilio il Benedetto, taumaturgo moscovita” di Grafov, opera densa di emozioni e tensione; “Lo zarevič Dmitrij” di Blinkov, raffigurante la morte tragica e misteriosa del giovane figlio di Ivan il Terribile e “Antica cerimonia di nozze russa” di Golubečkova, dove oltre all’abilità tecnica e scenografica dell’artista bisogna ammirare la ricercatezza nel riprodurre fedelmente i costumi del tempo.


Prima di lasciare i lettori, segnalo ancora “Una fiera a Rostov Velikij” di Šubina, tela che può essere inserita in entrambi i percorsi precedenti, e ”Natura morta” di Dolgaja, impressionante per i dettagli e la complessità compositiva del soggetto; quest’ultima opera si è trovata ad affrontare nella stessa sala un inevitabile confronto con due splendide opere del XVII secolo, attribuite al fiammingo Nicasius Bernaerts, “Vanitas. Natura morta con candela” e “Vanitas. Natura morta con flauto” e non ha per nulla sfigurato.





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