27 febbraio 2020

Sleep Well Childhood Mostra personale di Giuseppe Mulas a cura di Marco Salvario

Sleep Well Childhood
Mostra personale di Giuseppe Mulas
a cura di Marco Salvario

Alberto Peola – Via della Rocca 29, Torino
7 febbraio – 14 marzo 2020


In via della Rocca, la strada di Torino dove forse è più densa e vivace la presenza di gallerie d’arte, un riferimento importante è da più di trent’anni la Alberto Peola Artecontemporanea, con i suoi ambienti eleganti, gestiti con grande cura per le opere e illuminati sempre in maniera ottimale.
Dal 7 febbraio ospita la prima mostra di Giuseppe Mulas, venticinquenne artista di Alghero, studi all’Accademia di Belle Arte di Torino; già lo avevo notato nella grande kermesse di Paratissima.



Il modo con cui l’artista affronta la tela, con spray olio e acrilico o con tecniche miste, è violento, netto, essenziale, quasi nei canoni della Street Art; ugualmente crudo, turbato e fremente è il suo messaggio.
Il titolo della mostra “Sleep Well Childhood” ci parla di una scoperta incompleta, adolescenziale e maschile della propria sessualità, della virilità come nuovo orizzonte ignoto e sconosciuto. L’immagine è sogno, desiderio, eccitazione e incomprensione di se stessi. Un bambino è diventato d’improvviso uomo e non si riconosce più nelle pulsioni del proprio corpo e del proprio animo; intorno a lui gli oggetti diventano allegorie, simboli, provocazioni e parlano con messaggi sconvolgenti ed equivoci.
Nel cielo, vista come irraggiungibile feticcio, la falce di luna è gialla come una banana, anzi è proprio una banana tra stelle che sono asterischi dorati, e viene catturata da un braccio peloso che a sua volta si trasforma e rivela come uno scimmiesco fallo dominante.
Turbamento e provocazione, desiderio che cerca di nascondersi ma che esplode tanto più potente quanto più si cerca di reprimerlo.
Chi sono? Che cosa sto diventando?
Sempre in bilico tra ironia e volgarità, tra richiamo e chiusura in se stessi, tra poesia e squallore, tra innocenza ed esibizionismo, l’opera di Mulas costringe lo spettatore a confrontarsi con mai risolti traumi adolescenziali, condividendo il disagio o ad allontanandosi con imbarazzo.



Meno provocatori ed estremi ma ugualmente interessanti i pastelli su carta della serie “Chairs are crying while lonely people are dancing”. L’uomo è solo, si è liberato dei suoi vestiti, le gambe e i fianchi nudi sono pelosi come quelli di un licantropo; sembra infreddolito, stanco, bisognoso di nascondersi. Forse è spaventato. Cerca senza trovarla la propria essenza, dopo essersi mimetizzato sotto lo schermo illusorio delle consuetudini, e si smarrisce nella propria fragilità.


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