Sleep Well Childhood Mostra personale di Giuseppe Mulas a cura di Marco Salvario
Sleep
Well Childhood
Mostra
personale di Giuseppe Mulas
a
cura di Marco Salvario
Alberto
Peola –
Via della Rocca 29, Torino
7
febbraio – 14 marzo 2020
In
via della Rocca, la strada di Torino dove forse è più densa e
vivace la presenza di gallerie d’arte, un riferimento importante è
da più di trent’anni la Alberto Peola Artecontemporanea, con i
suoi ambienti eleganti, gestiti con grande cura per le opere e
illuminati sempre in maniera ottimale.
Dal
7 febbraio ospita la prima mostra di Giuseppe Mulas, venticinquenne
artista di Alghero, studi all’Accademia di Belle Arte di Torino;
già lo avevo notato nella grande kermesse di Paratissima.
Il
modo con cui l’artista affronta la tela, con spray olio e acrilico
o con tecniche miste, è violento, netto, essenziale, quasi nei
canoni della Street Art; ugualmente crudo, turbato e fremente è il
suo messaggio.
Il
titolo della mostra “Sleep Well Childhood” ci parla di una
scoperta incompleta, adolescenziale e maschile della propria
sessualità, della virilità come nuovo orizzonte ignoto e
sconosciuto. L’immagine è sogno, desiderio, eccitazione e
incomprensione di se stessi. Un bambino è diventato d’improvviso
uomo e non si riconosce più nelle pulsioni del proprio corpo e del
proprio animo; intorno a lui gli oggetti diventano allegorie,
simboli, provocazioni e parlano con messaggi sconvolgenti ed
equivoci.
Nel
cielo, vista come irraggiungibile feticcio, la falce di luna è
gialla come una banana, anzi è proprio una banana tra stelle che
sono asterischi dorati, e viene catturata da un braccio peloso che a
sua volta si trasforma e rivela come uno scimmiesco fallo dominante.
Turbamento
e provocazione, desiderio che cerca di nascondersi ma che esplode
tanto più potente quanto più si cerca di reprimerlo.
Chi
sono? Che cosa sto diventando?
Sempre
in bilico tra ironia e volgarità, tra richiamo e chiusura in se
stessi, tra poesia e squallore, tra innocenza ed esibizionismo,
l’opera di Mulas costringe lo spettatore a confrontarsi con mai
risolti traumi adolescenziali, condividendo il disagio o ad
allontanandosi con imbarazzo.
Meno
provocatori ed estremi ma ugualmente interessanti i pastelli su carta
della serie “Chairs are crying while lonely people are dancing”.
L’uomo è solo, si è liberato dei suoi vestiti, le gambe e i
fianchi nudi sono pelosi come quelli di un licantropo; sembra
infreddolito, stanco, bisognoso di nascondersi. Forse è spaventato.
Cerca senza trovarla la propria essenza, dopo essersi mimetizzato
sotto lo schermo illusorio delle consuetudini, e si smarrisce nella
propria fragilità.
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