13 gennaio 2020

IL PENSIERO SOFFIA ANCORA a cura di Vincenzo Capodiferro

IL PENSIERO SOFFIA ANCORA
L’ultima raccolta densa e classicista di Gianpi

Il pensiero soffia ancora”, edito da Tracce, Borgoricco 2019, è l’ultima raccolta poetica di Gianfranco Galante, che noi amichevolmente chiamiamo Gianpi. Gianfranco Galante nasce a Varese nel 1964, ma è sempre legato a questa sua madre, la Sicilia, dove è vissuto per una breve parentesi della sua vita, ma v’è tanto rimasto legato. Nel 1972 torna a Varese con la famiglia. Nel 1982 si diploma. La vita di Gianpi è fatta di questi “ritorni”. Sono questi ritorni che legano due terre così diverse, come il sud ed il nord. Eppure questa “parentesi dei ritorni” è una miniera ricchissima di emozioni, offerta proprio sul terreno di ciò che noi volgarmente per secoli abbiamo bollato come emigrazione. Altra parentesi per non dimenticare: anche la Lombardia, e non solo il Veneto ed il Meridione, è stata terra di migranti, anche Varese, prima della fase industriale, e lo torna ad essere nella fase postindustriale. Gianpi scrive fin dall’adolescenza, è attratto dal verso classico, dal sapore della “metricità”, che ritroviamo in molte sue opere, anche ristampate, come “Di tal bellezza”, “Emozioni in bilico”, “Paesaggi d’estate”. Potremmo definire il suo stile neoclassico, come conferma Ilaria Celestini nella “Prefazione”: «Parla un linguaggio d’altri tempi, questo Autore che si pone quale moderno cantore di poesia e di storie, e con eleganza ci invita a scoprire il suo mondo: una realtà dove su tutto trionfa l’amore, un sentimento potente e sicuro, a volte ferito, a volte nascosto, ma sempre presente, a dare un’impronta chiara ed emozionante sul piano espressivo e corredato da stilemi di tipo tradizionale rivisitati in chiave assolutamente personale e originale». È Amore la fonte primaria di poesia e dolore, provocato da Lui. Non c’è amore senza dolore. E così ci par rivivere quelle stagioni del Dolce Stil Novo, ove ricompare la donna angelo, così trasfigurata – cioè in senso negativo: sfigurata – dalla poetica novecentesca: ci basti ricordare il Montale. E torna così quel “Cor gentil” centro dell’amore vero. Questa è una poesia cavalleresca che ha origini antichissime. “Il Pensiero soffia ancora” ci dice sempre che lo Spirito (da “spirare”, soffiare) è sempre vivo. È lui che ispira tutti gli artisti, gli scienziati, gli intellettuali. Così quest’opera ci pare una rivendicazione dell’autenticità della poesia italiana. Rivediamo alcuni temi, come quello classico del “Tempo”:

Maledizione!
Non ho più tempo,
mi manca il tempo
d’avere tempo.

Fugit hora. Siamo immersi nel turbinio del Panta Rei. Eppure, con Agostino ed Heidegger, possiamo riaffermare a chiare lettere: noi siamo il tempo. E se Agostino non sa rispondere all’eterna domanda: cosa è il tempo? – se Heidegger interrompe il suo capolavoro “Essere e tempo” su questo profondo interrogativo, vuol dire, in fin dei conti, che noi, nelle profondità del nostro essere, non sappiamo chi siamo. Viviamo così, senza sapere di esistere. Questa angoscia esistenziale la ritroviamo in “Non esisto”:

Te, cui mia assenza
è indifferenza;
te, cui mia presenza
è come vuota assenza.

Non aggiungere dolore
al mio già inutile spasmo.
Te, cui il dolore, mio,
non fa poi male…

È Amore e dolore che danno senso all’esistenza, al tempo. Noi siamo in fondo l’amore. Noi siamo Amore e Dio è amore, pertanto nel fondo del nostro “Cor gentile”, noi siamo Dio, come predicano da secoli i mistici, come Mister Eckart, Taulero, Susone e tutti gli altri. Questa verità la troviamo confermata in “Lux in Domino”:

Nel tuo mondo
cui silenzio è quiete,
il mio sussurro è un urlo
ed è frastuono in me.

Grazie al silenzio primordiale, ove abita Iddio, si sente la voce, il Verbo, che dà senso alle cose. Così la Parola si propaga nella Poesia (da “Poieo” creare), che è continuazione della creazione originaria, divina. Il poeta diviene così “pontifex”, sacerdote dello Spirito vivente, che sussurra perennemente in noi, l’Infinito che ci empie dei suoi doni e ci suggerisce. Il poeta è solo colui che sa ascoltare la voce del silenzio. Chiudiamo così allora questo breve, ma non certamente con la pretesa di essere esaustivo, commento all’ultima raccolta di Gianpi, con le parole sempre della Celestini: «Cielo, teneri e intensi barlumi d’infinito, palpiti di meraviglia e gratitudine per tutta la strada percorsa insieme e per tutta quella che verrà. Una raccolta preziosa, da regalare a se stessi e chi si ama, per donarsi il piacere d’immergersi in una dimensione incantata e, nel contempo, reale».

Vincenzo Capodiferro

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