GIOVANNA DE LUCA: RACCONTI E POESIE a cura di Vincenzo Capodiferro
GIOVANNA
DE LUCA: RACCONTI E POESIE
Una
vita donata alla letteratura, sia insegnando, che scrivendo
Giovanna
De Luca è nata a Piacenza. Vive a Varese, ove ha insegnato lettere
per diversi anni nelle scuole medie superiori. Tra le sue
pubblicazioni ricordiamo: “Poesie”, Ragusa 1997; “Il cantare
del grillo”, Bologna 2008; “La cerniera del tempo”, Bologna
2012; “Tra luce e buio”, Feltrinelli 2013; “Quel che resta del
giorno”, Feltrinelli 2014; “Finché avrò voce”, Roma 2015;
“Oltre il limite” (2017). “Quindici racconti” (2018). Ha
partecipato a diversi concorsi di poesia, trai quali: “Il Golfo”
(2001) e “Borgo Ligure” (2006); “Antonia Pozzi” (2016),
riscuotendo dei riconoscimenti. Ha vinto il secondo premio al
concorso di narrativa “Il pennino d’oro”, Varese 2017. È
presente in diverse antologie, tra cui: “Antologia”, Torino 2010;
“I poeti contemporanei”, Roma 2013; “Riflessi”, Roma 2014.
Descrivere la figura di Giovanna De Luca è veramente arduo. Si
presenta come un quadro grandioso, in cui risulta difficile
rintracciare l’ascosa, ma nel contempo rilucente, dote letteraria
dell’artista. Nella “Prefazione” a “Quindici racconti”
Chiara Merlotti apre con una citazione di Pirandello. Forse non è un
caso: Pirandello pure insegnava, ma dovette fare i conti con la
durissima condizione della follia muliebre. Questa follia ricompare
fedelmente in tutti i suoi scritti. Tutta la letteratura di ogni
genere e tempo è trasposizione della vita reale in una finzione
drammatica. La commedia non esiste: è solo un breve lasso di tempo
tra una tragedia ed un’altra. La vita è dramma. Intendiamo la
Merlotti: «Tutti raccontiamo e ascoltiamo storie fin da bambini,
senza trovarci nulla di particolarmente complesso. Tuttavia scrivere
un racconto breve non è affatto facile… Tutto ciò accade nei
“Quindici racconti” di Giovanna De Luca, i quali, attraverso
scorci di suggestivo lirismo e qualche cenno autobiografico (celato
sapientemente dietro la finzione letteraria), rappresentano
l’universo poetico dell’autrice. In essa è infatti concentrata
l’intera gamma dei suoi motivi ispiratori: la contemplazione
estasiata della natura, l’introspezione dell’animo umano, i
rapporti di genere e tra generazioni, l’analisi del processo
creativo…». Il mestiere di scrivere non è facile. Bisogna pur
vivere. Anzi Aristotele, il grande maestro ammonisce: primum
vivere, deinde philosophari.
Ecco come ce lo descrive Giovanna: «Devo scrivere un nuovo racconto:
sento che preme nella mente, vuole uscire. Ma il punto è che ho
troppe storie in testa. Stasera dovrò sceglierne una. Ho i possibili
protagonisti tutti qui, intorno al tavolo. Il tempo della vostra
vicenda si è fermato al momento in cui l’avete vissuta. Non potete
mutare più, giovani o vecchi che siate, sarete per sempre quelli che
siete stati nella narrazione: però, ora però, ognuno di voi vuole
il suo attimo di celebrità. Quale per primo? Forse tu, bambina…?».
Riflettiamo su: Non
potete mutare più… i
personaggi, come quei Sei
personaggi in cerca d’autore
pirandelliani, stanno in mente, vogliono uscire, si muovono dentro di
noi, in quel mondo immaginifico, quel sacrario che Schelling
immaginava separato da un quadro: ogni magnifico dipinto è uno
spiraglio verso l’aldilà, cioè il mondo della fantasia,
altrettanto reale quanto è reale il mondo reale. Una volta usciti
sono eternati dalla poesia: l’eterna eternatrice, come la pensava
il nostro Foscolo. Un racconto di Giovanna, dal titolo “Piazzetta
san Lorenzo”, ha vinto il primo premio al premio internazionale
Città di Sarzana, 2019. Voler cogliere il filo conduttore che lega
tutte le espressioni della poetica di Giovanna è veramente
complicato, riprendiamo solo alcuni passaggi, lasciando al lettore,
magari il gusto di assaporare le sue splendide raccolte. Abbiamo
ripreso una lirica riportata anche nel suo blog poetico:
Stancami,
poesia, chiudimi gli occhi
reclinami
il capo sul tavolo dei miei
dolori,
quasi lo schermo di un film
dove
confuse tutte insieme le immagini
appaiano.
Pregami
poesia, getta su di me l’oblio
di
ciò che è stato, di quello che sarà.
Molto
bella, perché ci indica anche la poetica di Giovanna. La poesia è
la consolatrice degli affanni, dei dolori, come la filosofia in
qualche modo consolò il Boezio. L’autrice invita la poesia a
gettare l’oblio sulla storia: dimenticare tutto, vivere
quell’attimo bellissimo in cui l’uomo, dimentico di tutto, annega
nel mare leopardiano dell’infinito. Quel naufragio produce
dolcezza, cioè sollievo nella sofferenza della vita. L’arte, la
poesia, tutte le manifestazioni dell’estro umano sono provocate
dall’amore e dal dolore. Giovanna vive questo desiderio intenso
dell’amore irraggiungibile, il quale come un eroico furore smuove
ogni cosa, e come in Bruno, ci trasforma quali Atteoni, da cani
famelici in prede dell’Amore Antico. Qui c’è anche Schopenhauer:
l’arte in qualche modo ci può liberare dal dolore esistenziale, è
una via. Anche se è una via fragile. Riprendiamo uno degli ultimi
testi poetici di Giovanna, “Oltre il limite” (2017). Sempre
Chiara Merlotti scrive nella prefazione: «La poesia, specialmente
dal Simbolismo in poi, non rappresenta la realtà così come appare.
Anzi, poiché la realtà è misteriosa e non può essere spiegata in
termini razionali, solo la sensibilità dei poeti può coglierne i
significati più nascosti ed intuire le segrete corrispondenze che
governano l’universo. Solo il linguaggio poetico, ricco di
metafore, di sinestesie, di allegorie e di collegamenti inconsueti,
può rappresentare il mistero». Concetto veramente grandioso, che ci
fa capire il mito in Platone ed il linguaggio poetico in Heidegger.
La poesia è la vera rivelatrice dell’Essere. Bacone pensava che ci
fosse uno schematismo latente nella Natura. Ecco, la poesia e non la
scienza può cogliere questo latente schematismo, che è il mistico
mistero. La poesia in questo senso è religione misterica ed i veri
poeti sono gli adepti. Questo è “Oltre il limite”:
Sapeva
la Bellezza,
che
a toccarla ci saremmo feriti.
Allora
si nascose
dietro
i rovi e disse:
“Sogno
sono, se
troppo
ti avvicini
sarà
sangue”…
guardami
soltanto”.
Tardi
ti amai, Bellezza sempre antica e sempre nuova. Tardi ti amai.
Esclamava Agostino. “Oltre il limite” ci fa pensare alla
leopardiana siepe, a quel vago ed indefinito, che coglie anche la
Merlotti in Giovanna: «Giovanna De Luca si pone in ascolto di un
sentimento di indefinito che ci permea tutti e che ci obbliga alla
consapevolezza di essere provvisori e transeunti, ma uniti nella
nostra finitezza». Ci soffermiamo sempre come tema centrale sulla
poesia, che abbiamo scelto tra la mole grandiosa delle raccolte di
Giovanna De Luca:
Come
figlia negletta, Poesia,
sovente
mi trascuri.
E
vengo alla tua porta,
mendicante
a cercarti.
E
ci ricorda: Stancami,
poesia…
La personificazione della poesia ci dice il riflesso dell’anima
nello specchio di un pozzo senza fondo, che ci collega ai meandri del
Tutto, dell’infinito. La poesia di Giovanna è di un romanticismo
screziato, che non stona nell’attuale mare magnum dell’espressione
poetica, anzi ci riporta al senso. Il problema della poesia oggi è
proprio il senso: prevalente è la logica dell’assurdo, del
“liquido”, del “debole”, dell’”instabile”. Ricordiamo
in ultima analisi solo il ricordo dei genitori, un classico della
poesia italiana, senza scomodare “Alla madre” di Ungaretti:
Parlar
di te ancora non mi riesce,
mamma.
…
E
“A mio padre”:
L’uomo
più sconosciuto: …
Oggi
la mano
che
sfiora il tuo marmo
è
per te
la
mia sola parola.
Si
respira l’aureola del mistero che spira in indefiniti contorni. I
genitori sono un mistero, la vita stessa è mistero, quando sono
nato, perché siam nati? Da dove veniamo, dove andiamo? S’ode quasi
il Petrarca: Io
infatti mi domando a che giova il conoscere la natura delle belve e
degli uccelli e dei pesci e dei serpenti e ignorare, o non cercare di
sapere la natura dell’uomo? Perché siam nati? Donde veniamo? Dove
andiamo? E
c’è quella foscoliana corrispondenza
d’amorosi sensi.
Sono
interrogativi profondi, che coinvolgono ogni uomo e soprattutto i
poeti ed i letterati sono chiamati in causa. Il non-senso è già
l’affermazione di un senso, cioè che tutto non ha senso. Il
riconoscimento dell’assurdità dell’esistenza umana è già una
ragione: l’irrazionalismo è un contorno, non è un primo. La
realtà è sempre duplice, come afferma Giovanna in una poesia tratta
dalla raccolta “Finché avrò voce”:
La
duplice realtà
che
ci governa
ama
incarnarsi
nella
tenue foglia
che
distende il suo palmo
sulla
terra, dov’essa
si
confonde – e poi s’annera.
Come
non ricordar i correlativi montaliani? Il tema della foglia: la
foglia
riarsa.
O la foglia ungarettiana: sugli
alberi le foglie?
O Omero? Quale
la generazione delle foglie, tale quella degli uomini. La
foglia si confonde, s’annera, diviene terra, come nella
terra
negra
di Carducci. La realtà è razional-irrazionale. Ha sempre una doppia
faccia.
Abbiamo
ripercorso alcuni temi portanti della poetica di Giovanna De Luca,
una donna straordinaria, che ha dedicato tutta la sua vita
all’insegnamento ed alla letteratura. I temi sono tanti, abbiamo
solo tratto qualche spunto per suscitare una riflessione profonda
sugli interrogativi che sempre hanno invitato l’uomo alla ricerca:
una
vita senza ricerca non è degna di essere vissuta,
come fa dire il discepolo prediletto a Socrate. La letteratura è
vita e la vita di Giovanna è tutta una ricerca sul senso, che si
esprime straordinariamente nella sua produzione letteraria.
Vincenzo
Capodiferro
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