18 novembre 2019

MARIA ANGELICA MASTRIOTI DI PAPASIDERO a cura di V. Capodiferro e G. Nigro

MARIA ANGELICA MASTRIOTI DI PAPASIDERO
Una figura emblematica della cristianità calabro-lucana

Maria Angelica Mastrioti nasce a Papasidero il 4 febbraio del 1851. Papasidero è un bellissimo centro della provincia di Cosenza, bagna il fiume Lao. Hanno scoperto l’antica città di Laos. Il nome deriva proprio da un monaco “Papas Isidoros”. I monaci basiliani nell’antichità hanno colonizzato queste terre e vi hanno fondato monasteri. Ricordiamo quelli di Sant’Elia, a Carbone, quello di Sant’Angelo al monte del Raparo, e quello di Orsoleo, a San Brancato, frazione di Sant’Arcangelo. Anche i nomi dei luoghi riflettono questa fede ancestrale che si respirava in queste terre. Maria Angelica ha vissuto una vita santa. A sei anni già si ammala di tubercolosi polmonare, con dilatazione cardiaca. È una bambina sofferente. Prega sempre. Fin da bambina, come scrive G. Petrone nella biografia “M. A. Mastrioti”, Napoli 1900: «Ogni giorno nelle ore vespertine, la zia e la buona nipotina si recavano in chiesa, dove rimanevano lungamente e poi passavano a tenere compagnia al loro parente, signor Giuseppe Mastrioti, il quale, perché infermo di rachitide, era costretto a rimanere continuamente in casa». Giuseppe Mastrioti la istruisce nelle cose della fede. La malattia la costringe all’immobilità per 13 anni. Tutti credevano che non c’era niente da fare ed attendevano la sua morte. Vive intensamente l’esperienza del fidanzamento mistico, come Conchita, la santa messicana: «Un giorno Maria Angelica ebbe dalla buona mamma una monetina di cinque grana. La piccina, tutta contenta, corre di filato alla cappella della Madonna, s’inginocchia, e mostrando il tondino di bronzo, prega fervidamente: - ora, Madonna mia, puoi darmelo il Bambino Gesù in sposo, poiché vedi che ho già pronta la mia dote». E mentre tutti credevano che fosse già defunta, ecco che il Signore la strappa alla morte e la salva con un miracolo il 16 aprile del 1870. La Madonna di Costantinopoli le confida: «Tu non morirai, quantunque i tuoi, prevedendo la tua prossima fine, ti abbiano di già fatto costruire la cassa mortuaria». Erano periodi tristi, ove si moriva giovane. Io ricordo quando gli anziani conservavano la cassa da morto già pronta sotto al letto, in attesa del trapasso. Morivano molti giovani. Il 18 maggio del 1870 avviene il matrimonio spirituale con Cristo: «Una luce misteriosa le abbagliò le pupille, e, circonfusa di sole, le apparve la madre di Dio, la quale, confortandola, le disse con la dolcezza cui oramai la giovanetta era adusata: - Figlia mia, io non ti ho abbandonato! Vuoi tu veramente sposarti col mio Gesù? – Sì. Rispose, traboccante di tenerezza la pia creatura, e, negli occhi, tra il velo di lagrime, lumeggiò ad un tratto la gioia. – Ebbene! Rispose la Vergine, – prendi il tuo sposso!». Ma di nuovo la croce si ripresenta ed ella, come il Cristo patente, vi cade sotto e si rialza. Un calcolo alla vescica le procura delle sofferenze atroci. Ma viene di nuovo guarita con un miracolo, per intervento della Divina Provvidenza, il 14 aprile del 1873. Con tutta la malattia, però, la Nostra non disdegna la penitenza, anzi, macera il corpo con il cilicio, la durezza del letto ed il digiuno, anzi, come riporta sempre il Petrone: «Fanciulletta ancora, fu trovata nel giardino a conficcarsi con una grossa pietra un chiodo in un piede: ella voleva così assomigliarsi, in qualche modo, al suo Sposo Crocifisso». Come Maria Teresa di Gesù: aut pati, aut mori. Ha molte estasi e colloquia con Gesù e con la Madonna. Nel 1890 segue il nipote Nicola, sacerdote, a Castelluccio Superiore, dove muore il 26 maggio del 1896. «Volle prepararsi ancora meglio al passo verso l’eternità e chiese di passare alcuni giorni in una casetta di campagna, nella solitudine e nel raccoglimento perfetto dello spirito». «Al tonfo del corpo, caduto sul pavimento, accorsero la madre di Maria Angelica e lo zio di lei, signor Angiolo Orofino. La porta era chiusa, ma si aprì quasi miracolosamente ed oh quale scena si mostrò al loro sguardo: Maria Angelica, col volto illuminato dall’ultimo raggio di sole, con un lieve sorriso in su le labbra giaceva ancora su le ginocchia e stringendo al seno i Bambinello Gesù». Per i prodigi compiuti anche nel paese lucano, la fama di questa santa si diffonde in tutta la zona. La devozione verso questa donna, collegabile a quella del Beato Domenico Lentini di Lauria e di Spiride Savini di Lagonegro, si diffonde. La sua tomba è stata sempre oggetto di venerazione presso il cimitero di Castelluccio. Trai segni prodigiosi la ferita al costato ad imitazione della ferita di Cristo, dal quale fuoriusciva sangue ed acqua. La comunità di Castelluccio venera Maria Angelica Mastrioti con una festa il 26 maggio, giorno in cui c’è anche la fiera del paese. Dio ha scelto questa bambina malata, che tutti davano per morta, per manifestare la sua gloria. È una figura della nostra terra che andrebbe maggiormente valorizzata, e non solo dal punto di vista religioso. La nostra terra è stata sempre ricca di devozione, di fede e di amore.
V.C.- G. Nigro

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