MARIA ANGELICA MASTRIOTI DI PAPASIDERO a cura di V. Capodiferro e G. Nigro
MARIA
ANGELICA MASTRIOTI DI PAPASIDERO
Una
figura emblematica della cristianità calabro-lucana
Maria
Angelica Mastrioti nasce a Papasidero il 4 febbraio del 1851.
Papasidero è un bellissimo centro della provincia di Cosenza, bagna
il fiume Lao. Hanno scoperto l’antica città di Laos. Il nome
deriva proprio da un monaco “Papas Isidoros”. I monaci basiliani
nell’antichità hanno colonizzato queste terre e vi hanno fondato
monasteri. Ricordiamo quelli di Sant’Elia, a Carbone, quello di
Sant’Angelo al monte del Raparo, e quello di Orsoleo, a San
Brancato, frazione di Sant’Arcangelo. Anche i nomi dei luoghi
riflettono questa fede ancestrale che si respirava in queste terre.
Maria Angelica ha vissuto una vita santa. A sei anni già si ammala
di tubercolosi polmonare, con dilatazione cardiaca. È una bambina
sofferente. Prega sempre. Fin da bambina, come scrive G. Petrone
nella biografia “M. A. Mastrioti”, Napoli 1900: «Ogni giorno
nelle ore vespertine, la zia e la buona nipotina si recavano in
chiesa, dove rimanevano lungamente e poi passavano a tenere compagnia
al loro parente, signor Giuseppe Mastrioti, il quale, perché infermo
di rachitide, era costretto a rimanere continuamente in casa».
Giuseppe Mastrioti la istruisce nelle cose della fede. La malattia la
costringe all’immobilità per 13 anni. Tutti credevano che non
c’era niente da fare ed attendevano la sua morte. Vive intensamente
l’esperienza del fidanzamento mistico, come Conchita, la santa
messicana: «Un giorno Maria Angelica ebbe dalla buona mamma una
monetina di cinque grana. La piccina, tutta contenta, corre di filato
alla cappella della Madonna, s’inginocchia, e mostrando il tondino
di bronzo, prega fervidamente: - ora, Madonna mia, puoi darmelo il
Bambino Gesù in sposo, poiché vedi che ho già pronta la mia dote».
E mentre tutti credevano che fosse già defunta, ecco che il Signore
la strappa alla morte e la salva con un miracolo il 16 aprile del
1870. La Madonna di Costantinopoli le confida: «Tu non morirai,
quantunque i tuoi, prevedendo la tua prossima fine, ti abbiano di già
fatto costruire la cassa mortuaria». Erano periodi tristi, ove si
moriva giovane. Io ricordo quando gli anziani conservavano la cassa
da morto già pronta sotto al letto, in attesa del trapasso. Morivano
molti giovani. Il 18 maggio del 1870 avviene il matrimonio
spirituale con Cristo: «Una luce misteriosa le abbagliò le pupille,
e, circonfusa di sole, le apparve la madre di Dio, la quale,
confortandola, le disse con la dolcezza cui oramai la giovanetta era
adusata: - Figlia mia, io non ti ho abbandonato! Vuoi tu veramente
sposarti col mio Gesù? – Sì. Rispose, traboccante di tenerezza la
pia creatura, e, negli occhi, tra il velo di lagrime, lumeggiò ad un
tratto la gioia. – Ebbene! Rispose la Vergine, – prendi il tuo
sposso!». Ma di nuovo la croce si ripresenta ed ella, come il Cristo
patente, vi cade sotto e si rialza. Un calcolo alla vescica le
procura delle sofferenze atroci. Ma viene di nuovo guarita con un
miracolo, per intervento della Divina Provvidenza, il 14 aprile del
1873. Con tutta la malattia, però, la Nostra non disdegna la
penitenza, anzi, macera il corpo con il cilicio, la durezza del letto
ed il digiuno, anzi, come riporta sempre il Petrone: «Fanciulletta
ancora, fu trovata nel giardino a conficcarsi con una grossa pietra
un chiodo in un piede: ella voleva così assomigliarsi, in qualche
modo, al suo Sposo Crocifisso». Come Maria Teresa di Gesù: aut
pati, aut mori.
Ha molte estasi e colloquia con Gesù e con la Madonna. Nel 1890
segue il nipote Nicola, sacerdote, a Castelluccio Superiore, dove
muore il 26 maggio del 1896. «Volle prepararsi ancora meglio al
passo verso l’eternità e chiese di passare alcuni giorni in una
casetta di campagna, nella solitudine e nel raccoglimento perfetto
dello spirito». «Al tonfo del corpo, caduto sul pavimento,
accorsero la madre di Maria Angelica e lo zio di lei, signor Angiolo
Orofino. La porta era chiusa, ma si aprì quasi miracolosamente ed oh
quale scena si mostrò al loro sguardo: Maria Angelica, col volto
illuminato dall’ultimo raggio di sole, con un lieve sorriso in su
le labbra giaceva ancora su le ginocchia e stringendo al seno i
Bambinello Gesù». Per i prodigi compiuti anche nel paese lucano, la
fama di questa santa si diffonde in tutta la zona. La devozione verso
questa donna, collegabile a quella del Beato Domenico Lentini di
Lauria e di Spiride Savini di Lagonegro, si diffonde. La sua tomba è
stata sempre oggetto di venerazione presso il cimitero di
Castelluccio. Trai segni prodigiosi la ferita al costato ad
imitazione della ferita di Cristo, dal quale fuoriusciva sangue ed
acqua. La comunità di Castelluccio venera Maria Angelica Mastrioti
con una festa il 26 maggio, giorno in cui c’è anche la fiera del
paese. Dio ha scelto questa bambina malata, che tutti davano per
morta, per manifestare la sua gloria. È una figura della nostra
terra che andrebbe maggiormente valorizzata, e non solo dal punto di
vista religioso. La nostra terra è stata sempre ricca di devozione,
di fede e di amore.
V.C.-
G. Nigro
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