17 novembre 2019

Il tempo che si attende divora Mostra personale di Enrico Minguzzi a cura di Marco Salvario

Il tempo che si attende divora
Mostra personale di Enrico Minguzzi
a cura di Marco Salvario

Chiono Reisova Art Gallery - CRAG – Via Giolitti 51, Torino
24 ottobre – 16 novembre 2019


Non so se le mie saltuarie recensioni abbiano offerto ai lettori un’idea anche solo approssimativa di quanto dinamismo ci sia nel mondo dell’arte torinese. Ci sono rioni e vie, dove bastano pochi passi per trovare vetrine illuminate di artisti o espositori, e quasi ogni portone ha sul citofono la targhetta di una galleria d’arte. Molte di queste iniziative sono purtroppo meteore destinate a scomparire in pochi mesi, ma altre si sono create o si creeranno un proprio spazio espressivo; serve perseveranza, intuito, coraggio e anche un briciolo di fortuna, ma una vita troppo facile non interessa a nessuno.

Uscito di casa con due indirizzi da visitare, avevo trovato chiuso il primo perché i giorni di apertura non coincidevano con quelli indicati su internet e, stranamente e senza apparente motivo, chiuso anche il secondo. Attenzione! Non che la mia mancata visita possa influire sul destino di questi due posti che non cito, ma quando uno perde invano il suo tempo e i suoi passi per fermarsi davanti a una porta chiusa, difficilmente tornerà una seconda, anche perché, a quel punto si continua come ho fatto io, si volge lo sguardo in un’altra via e si viene a incontrare una nuova galleria e un nuovo artista. Così è successo a me con la Chiono Reisova Art Gallery, CRAG per gli amici, e con le opere di Enrico Minguzzi.
La CRAG è una galleria d’arte che espone artisti emergenti dal 2016 a Torino e, da pochi giorni, a Praga.



Trentottenne, romagnolo della provincia di Ravenna, Enrico Minguzzi espone alla CRAG per la seconda volta, la prima nel 2017, ha al suo attivo una dozzina di mostre personali e moltissime collettive.
L’artista realizza le sue opere a olio su resine fluorescenti; questa tecnica gli permette di creare paesaggi che possiedono una luminosità particolare e regalano cangianti sensazioni di tridimensionalità. Scenari possibili ma immaginari, ipotetici, percepiti più che visti, spopolati sia dalla presenza umana che animale.
I suoi lavori si possono distinguere secondo il colore di base utilizzato: verde, rosso e blu.
Il blu ci comunica sensazioni notturne, fredde, umide.
Il rosso parla di terre aride, bruciate, in lotta con il cielo. Forse aliene.
Il verde ha tonalità liquide che sembrano trascinarci nelle acque limacciose e dense di uno stagno, completamente immersi, avvolti dalle alghe.
Facce diverse dunque, ma che riflettono l’unica volontà espressiva di catturare la voce dalla natura nella sua condizione di energia capace di resistere nei nuovi deserti che l’uomo sta creando e di rinascere anche nelle condizioni più estreme.


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