COOPERATIVA SOCIALE – COMUNITA' ALLOGGIO AL CILIEGIO a cura di Miriam Ballerini
Non finirò mai di
ringraziare il mio lavoro che mi permette di conoscere delle realtà
preziose.
Ho avuto modo di entrare
nelle stanze della comunità “Al ciliegio” a Vertemate (CO).
Dovevo incontrarmi coi risiedenti e parlare, appunto, del mio lavoro
di scrittrice.
Ovviamente non potevo non
approfittare di questo incontro per parlare con loro, per
confrontarmi e farmi un viaggio nel loro sentire.
La prima cosa
interessante nella quale mi sono imbattuta è stata una targa appesa
all'ingresso, una semplice frase: “Se si sentiranno amati
saranno felici … la loro gioia dipende da noi”.
Più tardi, quando ho
avuto modo di conoscere la responsabile, mi ha confidato che è
sempre stato il suo modo di agire.
Sono salita al piano
superiore dove già mi attendevano alcuni di loro: la comunità è
suddivisa in due case in cui ci vivono persone con problemi mentali,
oppure vari handicap.
Quello che sempre mi
sorprende è l'accoglienza: la voglia di venirti incontro, di
salutarti, di presentarsi. È
come se subito aleggiasse una frase non detta: io ci sono, io sono.
Ci siamo seduti in
circolo dopo un buon caffè offerto dalle operatrici che mi hanno
aiutato e seguito durante tutto il tempo in cui sono rimasta. È
sempre importante avere chi ti affianca, chi conosce i vari prolemi
e, magari, può aiutarti in un tuo momento di difficoltà.
Perché la difficoltà
era tutta mia, nel senso che, quando ho queste importantissime
occasioni, pretendo da me stessa di riuscire a dare il meglio di me.
Glielo devo.
Abbiamo parlato di tutto,
dei loro lavori, dei loro passatempi, di come passano le giornate. Di
quanto sia importante l'arte come terapia. Allora si colora, si
scrive, si fotografa, si fanno gite.
Si scrive sul giornale
della comunità; addirittura si fanno ricerche per il loro prossimo
libro in cui hanno raccolto tante ricette e curiosità.
Li vedi tutti felici,
contenti, appassionati.
Alcuni accennano la loro
malattia, io non chiedo. Solo chi vuole parlarmene trova in me tutta
la mia attenzione; ma io sono lì per quelle due ore, e non si parla
di patologie, di problemi. Si parla di futuro, di presente, del loro
e del mio sentire.
Accolgo sempre
favorevolmente queste occasioni di incontro, perché mi pongo sempre
quale tramite per parlare di cosa accade nelle stanze chiuse che ad
alcuni fanno tanta paura; per far avvicinare le persone a queste
realtà, realtà che appartengono ad ognuno di noi.
Non esiste un noi e un
loro, in nessuna categoria, in nessuna situazione. Quello che accade
a una persona, accade a tutta l'umanità.
Molti di loro non hanno
famiglia, la loro famiglia l'hanno trovata lì, fra gli altri
pazienti; fra gli operatori, la responsabile che, mi dicono: è la
mamma di tutti noi.
Non mancano i litigi, i
dispetti; chi vuole fare pace e chi no. C'è anche “Pierino la
peste”!
Finisco la giornata; mi
hanno fatto a loro volta molte domande, richieste argute, che
richiedono non solo una banale risposta, ma che io davvero mi apra e
mostri cosa c'è dietro il mio lavoro.
Insistono per farmi
visitare la loro casa, tanti chaperons che orgogliosi mi mostrano i
loro lavori, davvero bellissimi; le camere, la cucina, i salotti. I
laboratori dove assemblano vari lavori.
Sono tornata a casa con
tante e tante informazioni ed emozioni a girarmi per la testa.
Spero solo che, quel poco
che ho fatto, li abbia ricompensati del tanto che mi hanno lasciato.
©
Miriam Ballerini
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