18 ottobre 2019

Kurdistan: la tragedia di aver creduto all’Occidente di Angelo Ivan Leone

Kurdistan: la tragedia di aver creduto all’Occidente

Quello che accade oggi nella martoriata terra del glorioso e, oserei dire, quasi epico popolo kurdo ha dell’inenarrabile.

Un popolo che ha iniziato a liberarsi dalle catene che lo imbrigliavano da secoli grazie alla libertà portata con la disgregazione dell’Iraq, grazie alla guerra mossa da Bush in nome di un inesistente pericolo e di un certo complesso edipico verso il padre, viene sacrificato da quelli stessi liberatori.
La storia, infatti, ha inizio molto tempo prima dell’arruolamento dei kurdi per combattere il califfato islamico altro lascito, questa volta terrificante, sempre della stessa guerra di Bush che portò alla disgregazione dell’Iraq di Saddam Hussein.

Oggi i curdi scontano la colpa di aver creduto,

come ci credono anche e ancora i ragazzi di Hong Kong, che l’Occidente sia, innanzitutto, la difesa strenua e a tutti costi della libertà personale e che si fondi come postulato sul principio sacrosanto dell’autodeterminazione dei popoli. Amaramente dobbiamo constatare che, invece,

i Paesi leader del nostro Occidente, oggi più che mai, “sono solo affari”.

Si narra che dopo la resa vergognosa ad Hitler durante quella che passò alla storia come la conferenza, con relativo accordo di Monaco, il primo ministro francese Daladier mormorasse:
“Ecco come la Francia sacrifica i suoi migliori amici e alleati”.
E il sacrificio dei suoi migliori alleati non portò alla Francia e all’Occidente intero che qualche mese di dilazione dalla tragedia della Seconda guerra mondiale. Ecco perché il sacrificio dei curdi al macellaio Erdogan è un errore politico, oltre che essere una bestialità umana. La via alternativa c’era allora con Hitler e c’è oggi con Erdogan. “A brigante, brigante e mezzo”, tuonava Pertini, uno che di combattere i soprusi e i macellai se ne intendeva.
[ph. il Messaggero]

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