UN MECCANISMO CHE CI APPARTIENE a cura di Miriam Ballerini
UN MECCANISMO CHE CI
APPARTIENE
Una settimana fa, in un
paese limitrofo al mio, c'è stato un terribile fatto di cronaca. Non
voglio scendere nei particolari e non è assolutamente mio interesse
parlarne. Quello che ci interessa sapere è che c'è stato un
omicidio: l'omicida ha 47 anni ed è nato a poca distanza da casa
mia. Il ragazzo ucciso ne aveva 25 ed è del paese dove è avvenuto
il fatto di sangue. Il motivo: una motivazione assolutamente futile.
Un banale litigio sfociato in tragedia.
Quello che vorrei portare
alla vostra attenzione ruota intorno a questo fatto come a moltissimi
altri. Riguarda la reazione delle persone lontane dall'accaduto, le
solite brave persone.
Io ho avuto la fortuna
(sì, la fortuna), di poter entrare in carcere e di parlare sia con
gli operatori che con i detenuti.
La fortuna consiste nel
fatto di entrare direttamente a contatto con la sofferenza e capire e
conoscere cose che, chi sta fuori, non riesce mai a comprendere del
tutto.
Quando succede un brutto
evento come questo la mia reazione è sempre e solo una: il
dispiacere. Quello più mero e più semplice. Per la vittima, per la
famiglia della vittima; ma anche per chi si è reso responsabile di
un atto criminoso e per chi gli sta accanto e lo ama.
In questo caso specifico
conosco molto bene i genitori del colpevole e ho continuato a pensare
a come potessero stare. Proprio perché li conosco, li so onesti e
perbene.
Leggendo in rete i vari
commenti dei saputelli e di tutte le persone così perfette da fare
orrore, ho sperato solo che i genitori non avessero mai a leggere
queste brutalità. I vari autori, mentre si credono tanto perfetti e
si dicono innorriditi da chi uccide, non si rendono nemmeno conto di
quanto male sappiano fare loro.
Innanzitutto odio il
nostro sistema che permette a chiunque di esprimere la propria
opinione, senza che questi abbiano alcun titolo per farlo. Questo
comportamento è deleterio anche nei confronti della vittima.
Ci sono i poliziotti, i
giudici e i magistrati che devono fare il loro lavoro, senza che ci
sia tutta questa attenzione mediatica, morbosa.
La seconda cosa è che,
fateci caso, ognuno di noi, nella sua reazione, si schiera
immediatamente dalla parte della vittima. Perché? Perché il nostro
essere non ci riconosce mai come persone cattive. Quando un altro
commette un crimine la nostra reazione è di prenderne le distanze,
perché lui è il mostro e noi i santi.
È
un atteggiamento di difesa assolutamente naturale, comprensibile, se
vogliamo, quanto istintivo. Però, dal momento che siamo esseri
pensanti, superato questo momento dove ci teniamo a mettere i puntini
sulle i, si dovrebbe andare oltre. Il nostro pensiero dovrebbe
ricevere degli impulsi che comunque possediamo, che sono quelli della
comprensione, della compassione.
Ognuno di noi è in grado
di agire in bene e in male. Ad ognuno di noi può capitare un momento
in cui non possiamo sapere come reagiremo. Ognuno di noi sa uccidere.
Ad ogni persona è
accaduto di desiderare la morte di un altro, oppure di aver pensato
come vendicarsi di un torto subito. È
un meccanismo che ci appartiene, che sta bene risposto nella nostra
macchina perfetta; che possiamo nascondere quanto vogliamo, ma che
esiste.
Queste riflessioni, dove
ho voluto spiegare in termini davvero semplicistici la nostra
grandiosa psiche, anche perché non ho nessun titolo in merito, se
non quello di una persona che scrive e che spesso è chiamata in
causa come opinionista; spero sia d'aiuto per comprendere un poco di
più una piccola parte del nostro comportamento. E che sia d'aiuto a
quelle persone che, in questi giorni, mi sono davvero parsi paladini
partiti male in arnese.
©
Miriam Ballerini
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