IL “PASO”, CAMPIONE DEL MOTOCICLISMO ITALICO a cura di Vincenzo Capodiferro
IL
“PASO”, CAMPIONE DEL MOTOCICLISMO ITALICO
Eroe
morto sul campo di Monza nel 1973
Leggiamo
insieme la testimonianza del nipote di Renzo Pasolini, Mattia, perché
è veramente toccante: «Renzo cominciò le prime esperienze con la
moto da cross con suo padre come manager, ma i due non andavano molto
d’accordo, essendo due piloti e padre e figlio, e mio nonno finì
per “licenziare” suo padre … Mio nonno nacque nel 1938 ed il
suo modo di correre entusiasmò le sue folle per la sua guida
istintiva nelle curve; Renzo corse per molte case costruttrici famose
nel mondo, come l’Harley-Davinson, l’Aermacchi e la Benelli. Nel
1967, dopo aver vinto molti GP nel campionato italiano e mondiale la
Benelli gli affidò la nuovissima 500 quattro cilindri con la quale
Renzo poté combattere con i migliori, vale a dire con Giacomo
Agostini e … Mike Hailwood … L’anno successivo colleziona
moltissimi secondi posti e riesce a conquistare il titolo italiano
nella 250 e nella 350. Nel 1971 il nonno firmò un contratto con
l’Aermacchi Harley-Davinson … solo che nel 1972 arrivarono nuovi
piloti di talento … Nel 1973, il 20 maggio cambiò tutto:
all’autodromo di Monza, posta che ho sempre odiato per quello che è
successo, si stava per svolgere la gara delle 250 … mio nonno venne
sbattuto sulle barriere della pista che al tempo erano coperte
soltanto da delle balle di paglia … La moto di Renzo torna in pista
causando la caduta di ben otto piloto e tra cui Jarno Saarinen,
rialzatosi, viene investito da altri piloti, mentre il corpo esanime
di mio nonno giaceva a bordo pista, lì, da solo, senza nessuno …
lui amava la sua famiglia, amava stare con i suoi figli Stefano,
Renzo e Sabrina … Ricordo di aver visto un’intervista … un
video trasmesso … su Rai Tre…: «Ma lei, Paso, ha paura della
morte?» e lui ribatté: «È un peccato quando un pilota muore, si
perdono molti amici in questo sport! Comunque io non mi faccio
intimidire da queste cose, se lo facessi non andrei più avanti e
sono convinto che quando si deve morire si muore!»». Veramente un
eroe! Sulla vita del Paso segnaliamo questa ricchissima biografia:
“Il Paso. Renzo Pasolini. Re senza corona”, edito da Minerva,
Bologna 2018 e scritto da Arturo Rizzoli, il quale condivide con il
Paso «una passione per le moto che viene da lontano e …, inizia a
scrivere di moto a 18 anni per il quotidiano “Stadio – Corriere
dello Sport”». Ricordiamo naturalmente anche la datata biografia
di Gianni Bezzi, “Renzo Pasolini”, delle Edizioni Mediterranee,
Roma 1975. Il soggetto è sempre lui! Renzo Paolini! Romagnolo
autentico trasferito a Varese! «Ma cosa ci fa un ragazzo come Renzo,
romagnolo puro sangue di Rimini, sulle rive del lago di Varese? Alla
base di tutto c’è la passione per le moto e la meccanica in
generale del papà di Renzo, Massimo …». Ma Renzo Pasolini, chi
era costui? Con manzoniana memoria sintetizziamo, con le parole del
Rizzoli: «Renzo Pasolini è passato alla storia come il grande
rivale di Giacomo Agostini e per gli epici duelli affrontati con
mezzi inferiori scatenando emozioni e passioni nelle folle, divise in
dualismo che ricordava quello tra Coppi e Bartali». E sempre con
manzoniane sentenze ci chiediamo. Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua
sentenza. Per noi è fuori dubbio: fu verissima gloria! Renzo
Pasolini è stato un campione, però poco riconosciuto e lo
sottolinea anche il Rizzoli nel sottotitolo: “Re senza corona”.
Muore troppo giovane … perché? “Muor giovane colui che al cielo
è caro”. Gli eroi muoiono giovani perché gli Dei sono invidiosi
delle loro opere. Foscolo l’aveva capito benissimo: la poesia, cioè
la creatività, in qualsiasi forma essa si manifesti, è eternatrice,
rende eterni come gli Dei. Rileggiamo anche brevemente il punctum
mortis,
riportato dal Rizzoli nella sua preziosa biografia: «Alle 15.17 del
20 maggio 1973, al Curvone di Monza il motociclismo vive una delle
sue pagine più nere. Perdono la vita Pasolini e Saarinen. Ma quello
che succede prima e dopo il tremendo incidente è un insieme di fatti
e circostanze che le competizioni delle moto non devono più vivere.
E così sarà. Per questo motivo fin da subito si disse: a Monza è
finita un’epoca, queste parole furono l’attacco del resoconto di
Monza su “La Gazzetta dello Sport” di una grande firma come Pino
Allievi». Come questo punto viene ricordato, anche dal nipote
Mattia! È la morte che rende l’uomo eterno, la morte eroica lo
rende eroe. La morte paradossalmente, il supremo sacrificio della
vita rende compiuto l’ultimo senso dell’esistenza, in una
parentesi heideggeriana: l’essere per la morte! Ecco perché Renzo
non aveva paura di questa “ignota visitatrice”. Si legge nella
biografia succitata un alone di pessimismo, che scorre nei vari
titoli: L’illusione,
la delusione, la tragedia … La sfortuna ci vede benissimo …
Gioie? Poche. Dolori? Tanti! Beffato da un doppio infortunio … Eh!
Sì! La vita è tragedia! Ce lo hanno ripetuto tanti: Schopenhauer,
Nietzsche … Non è commedia! Sono poche le storie che finiscono in
… e
vissero felici e contenti.
Gli eroi sono coronati di gloria, ma la gloria è frutto del dolore,
di una corona spesso di spine. Così abbiamo ricordato la vita di
questo eroe contemporaneo, grandioso, eccelso. Ma pure è soprattutto
il dolore dà senso alla vita. Non v’è rosa senza spine. È così.
Possiamo almeno esprimere un senso di profondo riconoscimento e di
gratitudine verso quest’uomo che in altri tempi ha dato onore
all’Italia con le sue passioni e le sue vittorie.
Vincenzo
Capodiferro
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