06 ottobre 2018

PER UNA LETTURA DE’: “RADICI DELL’IO’” di Charles Taylor a cura di Franco Carenzo


LAGART
LABORATORIO FILOSOFICO ARTISTICO
ALOISIANUM – GALLARATE

PER UNA LETTURA DE’: “RADICI DELL’IO’”
di Charles Taylor

  • In questo testo il filosofo canadese Charles Taylor sostiene che le radici della cultura odierna sono tre: Cristianesimo, Illuminismo, Romanticismo (con i loro sviluppi e intrecci).
  • Sottolineo che normalmente non si coglie il legame tra la cultura della seconda metà dell’800, del novecento, di oggi e le due prospettive laiche di cui ho parlato sopra. Per avere un esempio di riferimento, un mio ex professore presso l’Università Cattolica negli anni ’80, Guido Aceti, proponeva uno schema diverso, secondo il quale la cultura cristiana è stata attaccata da altre due culture: individualismo (a partire dal ‘700), e collettivismo (a partire dall’800), quest’ultimo in due forme: di sinistra e di destra.
  • Questa distinzione andava bene allora, per la rilevanza che aveva il Marxismo fino a qualche decina di anni fa, ma non permetteva e non permette di collocare all’interno di questo schema tanti fenomeni culturali rilevanti come, ad esempio: l’Ecologismo, tanti correnti artistiche, e le culture giovanili come “i figli dei fiori”.
  • La contrapposizione odierna tra ecologia e tecnologia/sviluppo industriale ha le sue radici nella distinzione di Taylor, anche se probabilmente pochi oggi si definirebbero “neoilluminista” o “neoromantico”.1
  • Inoltre possiamo anche chiederci: perché il Cristianesimo sta perdendo terreno? Non per l’avanzare della scienza, o per i cambiamenti strutturali e sociali legati all’industrializzazione, ma perché si sono create altre due alternative culturali che ritrovano le fonti della moralità non nel Dio cristiano, ma l’una nella Ragione, l’altra nella Natura (che si manifesta in noi attraverso il sentimento).
  • Ovviamente queste prospettive hanno avuto i loro sviluppi, opposizioni e intrecci; ad esempio la concezione della Natura come realtà buona è stata contestata da visioni che ne hanno fatto una fonte di energia amorale, se non anche sfrenata e irrazionale (Schopenhauer, Nietzsche, ecc), inoltre ci sono state prospettive, come il Marxismo, influenzate da più di una visione (radice millenarista cristiana, umanismo illuminista, espressivismo romantico). Comunque, nonostante la complessità di questi rimandi, secondo Taylor, per capire la cultura odierna dobbiamo ricollegarci a queste tre “Fonti”, che lui descrive anche come tre “Frontiere da esplorare”. Per descriverle usa anche l’immagine dello spazio tridimensionale: altezza, larghezza e profondità. Possono essere viste come contrapposte ma anche come complementari.2
  • In questa mia recensione, per brevità, voglio approfondire solo quella prospettiva che vede nella Ragione la fonte della moralità, con i suoi sviluppi principali.
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  • La prima formulazione della filosofia illuminista esaminata è quella del Deismo3, nato per svariate ragioni storiche, teologiche e culturali. Tra esse Taylor sottolinea la sua contrapposizione alle posizioni iper-agostiniane presenti nel Cristianesimo del ‘600 e dell’inizio del ‘700. Ci riferiamo al Luteranesimo, al Calvinismo e persino al Giansenismo, che si era sviluppato in ambito cattolico.
  • Che cosa s’intende per iper-agostinismo? Ovviamente il pensiero di sant’Agostino interpretato in una forma estrema. L’uomo è corrotto a causa del peccato originale, questa corruzione è interpretata in forma radicale, per cui, non solo l’uomo ha bisogno della Grazia per salvarsi, ma sono svalutate anche le qualità puramente umane, per cui persino la ricerca della virtù, da parte dei grandi uomini dell’antichità, è vista con sospetto: le loro virtù erano vizi mascherati. Inoltre vi è credenza nella doppia predestinazione al paradiso o all’inferno.4
  • Noi sappiamo che in ambito cattolico, oltre alla teologia agostiniana, che comunque viene interpretata in senso moderato, vi è la teologia tomista, per la quale la Grazia di Dio è un completamento e un perfezionamento delle nostre virtù umane naturali, e non crea da sola tutte le virtù distruggendo ciò che c’era prima di esse nella psiche. In quel momento storico però, sostiene Taylor, sembrava che l’unico cristianesimo autentico fosse quello iperagostiniano.5
  • La nascita del deismo non è solo dovuta alla ricerca del superamento delle guerre di religione in nome della tolleranza, non solo al rifiuto degli aspetti soprannaturali presenti nel Cristianesimo, ma al superamento dello stesso Cristianesimo in favore di una religione naturale, anche perché una religione in cui qualcuno viene predestinato da Dio all’inferno, non è plausibile.
  • La confessione cristiana contro cui combatté principalmente il Deismo fu il Calvinismo6. 7
  • Il deismo illuministico, pur ammettendo razionalmente l’esistenza di Dio con le sue principali caratteristiche, per salvare la dignità dell’uomo e la tolleranza, finì per negare ogni ruolo alla grazia, alla preghiera, ai miracoli, al valore delle religioni positive. Si nega anche che l’uomo sia, per natura, cattivo o buono: dipende dall’educazione ricevuta e dalle sue scelte. Si sottolinea il potere “redentivo” della ragione umana. Il naturale amore di sé non viene considerato peccaminoso.8
  • Si giunge ad una visione dell’universo visto come qualcosa di armonioso e ordinato, perché reso tale da Dio. Nella natura vi è un disegno divino. L’amore di Dio viene un po’ messo in ombra e la carità si trasforma in benevolenza.
  • A livello morale, vivere secondo il disegno della natura significa evitare tre tipi di devianza: il primo consiste nel correggere quelli che tradizionalmente vengono qualificati come vizi: indolenza, sensualità, disordine, violenza. Il secondo è non sottovalutare la vita quotidiana in nome di presunte attività superiori (in questo ci si può ricollegare alla soppressione della vita monastica e del sacerdozio da parte di Lutero e alla rivalutazione del lavoro propria del Calvinismo). Il terzo è condannare il naturale amore di sé considerandolo peccaminoso. Le morali ascetiche venivano respinte.
  • La visione del mondo propria del deismo, che sosteneva che ogni cosa è progettata per il meglio, venne criticata da parte degli stessi ambienti illuministi, sulla base del problema del dolore degli innocenti: quella concezione sembrava assurda se messa a confronto con le sciagure e sofferenze naturali di cui è continuamente afflitta l’umanità. In particolare il terremoto di Lisbona del 1757, con i suoi 70.000 morti, parve un’obiezione insuperabile. Il personaggio del dott. Pangloss, del Candido di Voltaire, che sostiene la tesi leibnitziana che questo “è il migliore dei mondi possibili”, viene ridicolizzato.
  • Si passa allora all’Illuminismo radicale, che è ateo. L’illuminista radicale non ha alcun bisogno di servirsi della nozione di provvidenza. La sua etica si basa esclusivamente sull’utilità, che è la massimizzazione del piacere e della felicità. Si parte quindi dal fatto che la gente desidera la felicità o il piacere e l’assenza dell’infelicità e il dolore. Il solo problema è come massimizzare il primo aspetto e ridurre il secondo. L’utilità è quel principio che approva o disapprova un’azione se aumenta o diminuisce la felicità e il piacere delle persone considerate.9
  • I pensatori dell’illuminismo radicale abbracciarono il materialismo e l’ateismo considerandoli non solo la suprema attestazione della ragione autoresponsabile, ma anche un modo per restare integralmente fedeli alle esigenze della natura.
  • Il barone D’Holbach10, nel suo Sistema della natura (1770), presenta un monismo materialistico intransigente. L’uomo è un essere esclusivamente fisico, quindi la ricerca della felicità, intesa come conservazione di sé e amore per il benessere e il piacere, è il fondamento della vita morale. Essa va riscattata dall’immotivato disprezzo di cui è stata fatta oggetto da parte della religione e della metafisica, che hanno esortato a negare questi impulsi per beni e soddisfazioni puramente immaginarie. Questo è il punto d’arrivo definitivo della ragione critica.
  • Vi sono affinità e differenze rispetto alla visione deista. Ricordiamo che il concetto deistico di vita conforme alla natura escludeva tre tipi di devianza: 1. indolenza, disordine, violenza, e sensualità; 2. sottovalutazione del vita ordinaria in nome di presunte attività superiori; 3. condanna del naturale amore di sé come peccaminoso. Nel radicalizzare il proprio rifiuto della seconda e della terza tra le deviazioni elencate gli utilitaristi hanno alterato la propria visione della prima, annettendo un valore nuovo alla sensualità. La ricerca della felicità ora comincia ad atteggiarsi ad esaltazione del sensuale. Questa svolta ha segnato profondamente la cultura moderna.11
  • L’illuminismo radicale credeva anche nei riflessi etici di una visione razionale delle cose. “Se ci affrancheremo dalla superstizione e dall’angustia di costumi chiusi e provinciali, sapremo pervenire ad una visione corretta del bene universale. E chi conosce il bene lo mette anche in pratica. Prigionieri della paura e accecati dalle superstizioni religiose, gli umani sono stati terribilmente crudeli; vittime di false credenze del bene hanno procurato danni enormi a se stessi e agli altri; vincolati dal costume a forme di fedeltà anguste e chiuse, hanno trattato gli estranei in modo disumano. Aiutiamoli a liberarsi da questi errori e agiranno con benevolenza!”12 13
  • Questa circostanza emerge con chiarezza nell’utilitarismo di J. Bentham14, prospettiva filosofica attuale ancora oggi in Inghilterra. Gli utilitaristi riconoscono un solo bene: il piacere. Ma non lo considerano un bene oggetto di una valutazione forte. Il loro obiettivo è quello di eliminare la distinzione tra beni morali e beni non morali, e di trattare tutti i desideri umani come ugualmente degni di considerazione. Anche il piacere che segue ad un crimine non deve venire riprovato moralmente, ma guardando in base alle conseguenze che porta con sé. Tutto questo fa dell’utilitarismo una posizione morale molto strana. Vi è l’idea che la ragione favorisce la benevolenza universale, ma tenuto conto del contesto ideale dei suoi principi, questa dedizione al bene universale non è motivata.
  • Questo processo di rifiuto/liberazione ha due versanti: la negazione della religione e della metafisica e l’affermazione della bontà e del significato della natura. Ma le affermazioni polemiche della prima parte non lasciavano spazio alla seconda, che così restò in ombra. La Natura emerge come fonte inarticolata di desiderio e di ispirazione. Alla fine l’impulso illuministico può tradursi in un puro e semplice smascheramento cinico; la sua carica polemica e “rivoluzionaria” si concretizza soprattutto come aspirazione a distruggere l’ordine stabilito.
  • Qualcuno interpreta l’illuminismo, soprattutto quello radicale, come nascita del paganesimo moderno, valorizzandone le fonti antiche e soprattutto epicuree. Ciò che gli illuministi si propongono di negare è precisamente la vocazione giudaico – cristiana alla “santità”, ossia a una vita conforme alla volontà di Dio. E ciò che si propongono di restaurare è l’idea pagana che l’uomo è, e deve restare, al di sotto degli dei.
  • Da parte dell’illuminismo la considerazione “neutra” della psiche umana (nessun individuo nasce buono, nessuno nasce cattivo) e l’austerità della ragione distaccata vengono adottate per rompere con l’immagine agostiniana dell’uomo peccatore. L’approccio è radicale in quanto elimina il problema stesso di cui il peccato originale è una soluzione, nel senso che, siccome non c’è una malvagità connaturata nella natura umana, non c’è neppure bisogno del peccato originale per spiegarla. La conclusione morale è che la felicità umana, anche sensuale, è il solo bene significativo e deve essere perseguito assiduamente e serenamente.
  • Il problema è che il materialismo e l’edonismo possono abbinarsi non solo alla benevolenza, ma anche ad una prospettiva morale tutta diversa: potrebbero costituire il fondamento di un amoralismo disperato o di una moralità riduttiva in cui l’aspirazione all’onore e all’altruismo non trovano alcuni posto. Ancora più pericolosa è una moralità della gratificazione egoistica che potrebbe fondarsi sempre su un materialismo radicale.
  • Nei paesi anglosassoni in generale l’etica della benevolenza godeva di un credito tale che passò da forme teistiche a forme deistiche, infine a forme atee. In Francia si vide una forte tensione tra le prospettive etiche laiche che si rifacevano allo stoicismo e all’epicureismo, e dall’altro a quella del giansenismo iperagostiniano. Inoltre, nell’ultimo periodo, Luigi XIV aveva favorito il predominio di un cattolicesimo trionfalistico e clericale (non certo giansenista) e di un rigido moralismo. Dopo la sua morte la società aristocratica del periodo della reggenza passo all’estremo opposto della frivolezza e del lassismo morale. In queste condizioni il deismo si sviluppò in Francia molto più clandestinamente e con una fisionomia appassionatamente anticlericale e anticattolica.
  • In Francia la battaglia conto la religione, in particolare contro il cristianesimo cattolico, assume un’importanza preponderante, al punto di rischiare a volte di escludere altre aspirazioni cruciali. Era essenziale mostrarne la falsità, la misantropia, e la distruttività. Era importante dimostrare continuamente che si può essere insieme atei e virtuosi, ma questo sforzo confluisce nel tentativo di dimostrare che la religione rende gli uomini cattivi.15
  • La pura e semplice adozione di una forma di materialismo non basta a generare l’etica della benevolenza utilitaristica. Occorre anche una certa visione di fondo di che cosa sia meritevole di una valutazione forte (che molti di loro desumevano da un certo umanismo16) affinché emergano gli aspetti morali della felicità quotidiana e le esigenze della benevolenza universale. Di per sé il materialismo non ci dà più ragioni a favore di questa direzione, piuttosto che a favore di un egoismo immorale alla De Sade17. Essere materialisti significa avere una posizione etica “sotto determinata”, ma non adeguatamente dimostrata.18
  • La psicologia dell’utilitarismo è in qualche modo in contrasto con la sua etica. Secondo la prima, tutti quanti siamo determinati ad agire in modo da procurare a noi stessi il piacere ed evitare il dolore. Per la teoria morale, invece, piacere e dolore sono criteri dell’azione giusta non già in quanto interessano personalmente noi, ma in quanto riguardano tutti. L’obiettivo è quello di cercare la massima felicità per il maggior numero. Naturalmente si possono condizionare le persone, attraverso l’educazione, a cercare la propria felicità nel benessere generale, ma questo non risolve il problema del perché poi io debba conseguire l’obiettivo che si è detto. Può darsi che in generale gli umani siano portati alla benevolenza, ma che male c’è se, in questo momento, io non avverto alcuna simpatia verso qualche mio avversario? Il ragionamento filosofico proclama l’incapacità di fondare la sua prospettiva etica in modo “forte”. È qui che traggono alimento la confusione e la tensione.
  • L’utilitarismo classico è forse la prima teoria che presenti una caratteristica destinata ad affliggere un gran numero di teorie contemporanee, vale a dire l’impossibilità di riconoscere e indicare le proprie fonti di moralità a causa dell’impedimento rappresentato dall’ontologia adottata. Intendiamo il Bene supremo che dovrebbe guidare la vita, secondo la loro concezione. In parte questo non è chiarito.
  • Un filosofia caratterizzata da questo auto occultamento è anche parassitaria. L’illuminismo radicale lo è in due sensi: si alimenta di intuizioni e principi morali diffusi nel Cristianesimo, ma non lo può ammettere. Non può dar loro alcuna giustificazione sulla base di principi propri.
  • L’utilitarismo del ‘700 aveva davanti a sé un grande futuro che non è ancora terminato. Ma l’auto occultamento, il rapporto parassitario con altre visioni morali e, soprattutto, il fatto che le sue parole forti siano principalmente di denuncia, sono alla base di un altro limite delle teorie di questo tipo: l’incapacità di riscuotere l’apprezzamento della gente se non in opposizione ad altre visioni.
  • Ma quando si passa, per così dire, dall’opposizione al governo, dall’attacco alla costruzione di un nuovo ordine, emerge molto spesso quanto la prospettiva utilitaristica sia fragile, e nello stesso tempo minacciosa. Fragile, perché la costruzione richiede la percezione dei beni a cui si mira, non solo degli errori a cui si oppone. Minacciosa, perché il rifiuto di definire un qualsiasi bene diverso da quello vago dell’efficacia strumentale in vista della felicità, se messo in atto da parte di una razionalità burocratica, può dar luogo a distruzioni raccapriccianti, minimizzando i rischi di una certa parte della popolazione se i vantaggi sono maggiori per tutti.
  • Dobbiamo porci questa domanda: esistono dei beni o dei fini indipendenti dai nostri desideri, dalle nostre inclinazioni, dalle nostre scelte, che rappresentano i criteri con cui giudicare desideri, inclinazioni e scelte? Beni oggettivi che rappresentano un valore superiore, che ci ispirano timore reverenziale?
  • Taylor dice di sì, perché la nostra identità non potrebbe esistere in assenza di valutazioni forti, facendo riferimento semplicemente a desideri, e avversioni. I quadri di riferimento non sono cose che inventiamo noi, ma risposte preesistenti alla nostra presa di posizione
  • Una persona priva di un quadro di riferimento di valori forti è una persona alle prese con una spaventosa crisi di identità, incapace di assumere una posizione propria, motivata su questioni di fondamentale importanza. Se poi uno aggiungesse che la persona in questione non avverte questa assenza di un quadro di riferimento come un limite, sarebbe in un grave stato di dissociazione, perché presenterebbe un agire non sufficientemente giustificato dal pensiero. Sarebbe un soggetto disturbato, peggio ancora che superficiale. Il superficiale almeno non è del tutto privo della percezione di una sfera di cose incomparabilmente importanti. Ma una persona che fosse del tutto priva di una quadro di riferimento sarebbe estranea allo spazio che ci ha come interlocutori: questo ci sembrerebbe patologico.
  • Non è vero che l’utilitarista non ha un quadro di riferimento: ha una certa idea (procedurale) di razionalità e di benevolenza, pur non riuscendo a giustificare la seconda.
  • Definisco la mia identità indicando la posizione da cui parlo: nel mio albero genealogico, nello spazio sociale, nella geografia degli status e delle funzioni sociali, nei più intimi rapporti con le persone che amo, nonché, e si tratta di una componente decisiva, nella sfera dell’orientamento morale e spirituale.
  • Il bene considerato più elevato occupa una posizione di tutto rilievo. Tra questo bene e gli altri c’è un salto qualitativo: sono gli iperbeni. Il riconoscimento di un iperbene è fonte di tensione e matrice di dilemmi morali laceranti.
  • A rendere così problematico un iperbene è il fatto che la prospettiva da esso definita comporti nella nostra persona un cambiamento, di volta in volta qualificato come “crescita”, santificazione”, coscienza più elevata”, e implica anche il ripudio dei beni di prima. Gli iperbeni sono problematici perché alternativi rispetto alla prospettiva comune, primitiva, non rigenerata. L’assenza apparentemente ineliminabile di unanimità nei confronti degli iperbeni è stata motivo di scetticismo morale.
  • C’è per A un modo razionale di convincere B che la prospettiva del suo iperbene è superiore? E se non c’è, come può convincere se stesso? Oppure tutto è soltanto questione di impressioni e sentimenti infrarazionali?
  • A questo problema fondamentale Taylor dà una risposta più esistenziale che teoretica: il ragionamento morale è un ragionamento in divenire, mira a stabilire, non già che una certa posizione è corretta in senso assoluto, ma solo che è superiore a un’altra. Esplicitamente o meno ha a che fare con posizioni comparative. Nel passaggio da A a B noi registriamo un progresso conoscitivo, dimostriamo che la transizione comporta un ridimensionamento dell’errore. Questa forma argomentativa ha la propria matrice nel racconto biografico. Ho vissuto un certo momento di crescita in cui vedo un ridimensionamento dell’errore ed un processo conoscitivo. Vi è lo scontro tra interpretazioni diverse di ciò che ho vissuto. La mia prospettiva è definita dalle intuizioni morali che ho, chi vuole convincermi di una cosa deve cambiare la lettura della mia esperienza morale, in particolare della storia della mia vita.
  • La cecità, che ci impedisce di concepire “beni superiori”, deriva dal concepire, nella filosofia contemporanea, la moralità in una portata molto ridotta solo come guida all’azione. Considera che cosa è giusto fare, non che cosa è bene essere. Esclude dal proprio ambito sia lo studio di ciò che è bene fare (anche se non si è obbligati a farlo), sia lo studio di ciò che è bene amare. Sono le filosofie dell’azione obbligatoria, i cui interlocutori di maggior spicco sono l’utilitarismo e diverse derivazioni della teoria kantiana.
  • La morale kantiana, pur essendo laica, non è certo una morale edonistica. È una morale “formale”, nel senso che la legge morale non dice che cosa dobbiamo fare, ma come dobbiamo fare ciò che facciamo, per cui anch’essa è una morale “procedurale”. La legge etica prende la forma di un imperativo categorico universale e necessario. Esso ha alcune formulazioni: - opera in modo che la massima della tua azione possa sempre valere come principio di una legislazione universale - ; in altri termini ti devi chiedere: - e se lo facessero tutti? -. C’è una somiglianza con la frase del Vangelo che dice: - Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te -, ma nel Vangelo c’è anche altro. Un’altra formulazione è: - Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona, sia in quella di ogni altra, sempre come fine e mai semplicemente come mezzo -. Nonostante la nobiltà di questa affermazioni, non c’è molto spazio per distinzioni qualitative, non interessano.
  • Quali sono oggi le caratteristiche di questo filone culturale?
Un po’ diversificate: ci sono ancora coloro che considerano la Ragione un punto di riferimento adeguato a fondare la moralità, anche se questo atteggiamento era più diffuso nella cultura degli anni ’50, ’60, e ’70. Un nome di riferimento è Abbagnano. Poi vi sono coloro che non ritengono che la ragione possa fondare verità “forti”, e giungono a posizioni nichiliste (Lyotard e Galimberti). Infine qualcuno è tornato, a modo suo, al Cristianesimo, concependolo in forma “secolarizzata” e laica (Vattimo).
  • Una soluzione saggia al problema del rapporto tra questa cultura laica e il Cristianesimo è che i laici devono rispettare i credenti e i credenti devono accettare le conquiste del pensiero laico (libertà di coscienza, laicità ecc.).
  • Ma qual è la soluzione proposta da Taylor al problema del fondamento della morale, del Bene costitutivo, dell’Iperbene che dovrebbe guidare la vita delle persone? Egli non dà tanto una risposta teoretica quanto esistenziale: partendo dal presupposto che l’uomo non può fare a meno di concepire la propria vita come una ricerca, afferma che il risultato di questa ricerca è rappresentato dalla miglior spiegazione possibile in un dato momento, e non c’è nessuna considerazione epistemologica che possa autorizzarci ad accantonarla.
  • Questa conclusione si ricollega alla ricerca dell’autenticità, cioè all’espressione più appropriata delle nostre caratteristiche più peculiari, che poi è il senso della vita.

Franco Carenzo

  • 1 Spunto di riflessione: Si può ricondurre anche l’arte contemporanea a queste radici? In che modo? Oppure il risultato è un’interpretazione riduttiva?

2 Spunto di riflessione: quali sono gli aspetti positivi e specifici del Cristianesimo?
3 Deismo: (dal latino deus) è una filosofia razionalista e anticlericale sviluppatasi dalla seconda metà del ‘600 fin verso la fine del ‘700  in Gran Bretagna, diffusa successivamente in Francia, Germania e Stati Uniti d'America. Nato in un'epoca fortemente segnata dalle guerre di religione, il deismo intendeva porre fine ai contrasti fra le religioni rivelate attraverso una religione fondata su basi razionali.  Afferma quindi l'esistenza di un Essere Supremo, creatore e regolatore delle leggi dell'universo, indispensabile a spiegarne l'ordine, l'armonia e la regolarità. Nega però la necessità di una rivelazione, dalla quale comunque prescinde.
4 Spunto di riflessione: qual è la differenza tra una brava persona e una brava persona che prega?
5 Spunto di riflessione: qual è il modo, biblicamente corretto, di intendere il rapporto tra Grazia e libero arbitrio?

6 Il calvinismo da Ginevra si diffuse in tutta Europa con nomi diversi: vi erano gli ugonotti in Francia, i puritani in Inghilterra e poi in Nord America, i presbiteriani in Scozia, ecc. e dovunque portò la sua forte carica rivoluzionaria, perché, anche se i suoi seguaci non potevano fare nulla per convertire i non credenti, in quanto la salvezza è un dono gratuito e immeritato da parte di Dio, avevano comunque il compito di combattere il “disordine” sociale. Per questo motivo si ebbero la rivoluzione inglese guidata da Cromwell, le rivolte antispagnole nei Paesi Bassi, le lotte contro gli indiani d’America in cui il concetto di predestinazione assume un’aberrante coloritura etnica, ecc.
7 Immaginate quale aspra lotta vi fu a livello intellettuale, per le caratteristiche dei due gruppi, tra i calvinisti e deisti. Questo avvenne soprattutto in Scozia. In quel paese l’illuminismo ingaggiò una lotta interminabile contro le forze del calvinismo radicale puro presenti nella chiesa. Osserviamo che forse non è un caso che ancora oggi, il ramo più nobile della massoneria sia quello scozzese.
8 Spunto di riflessione: vi sono ancora tracce di intolleranza nel mondo cattolico? Quali sono i fenomeni di intolleranza più rilevanti presenti nella altre religioni?

9 Spunto di riflessione: perché il mondo cristiano è riuscito a convivere con il problema del dolore, pur senza riuscire a spiegarlo completamente, e il deismo laico no?
10 Il barone Paul Henri Thiry d'Holbach, nome francesizzato di Paul Heinrich Dietrich, barone di (von) Holbach(Edesheim, 8 dicembre 1723  Parigi, 21 febbraio 1789), è stato un filosofo, enciclopedista, traduttore e divulgatore scientifico tedesco naturalizzato francese.
11 Spunto di riflessione: come si potrebbe valorizzare maggiormente la sessualità nell’ambito di una coppia stabile?

12 H.T. D’Holbach  Saggio sui pregiudizi a cura di D. Iasio, Guerini e Associati, Milano 1993.
13 Spunto di riflessione: perché dal messaggio di Cristo sono derivate ad un certo punto l’inquisizione e cose simili? Qual è la radice di quegli errori storici?
14 J. Bentham (Londra15 febbraio 1748 – Londra6 giugno 1832) è stato un filosofo e giurista inglese. Fu un politico radicale e un teorico influente nella filosofia del diritto anglo-americana. È conosciuto come uno dei primi proponenti dell'utilitarismo.

15 Spunto di riflessione: vi sono laici che non rispettano i credenti, cercando sempre di trovare in loro qualcosa che non va.
16 La differenza tra Umanesimo e Umanismo è che il primo termine di riferisce ad un periodo storico-cultruale ben determinato, il secondo a qualunque dottrina filosofica che riconosca nell’uomo la “misura delle cose” e che ne esalti la dignità e la bontà naturale.
18 Spunto di riflessione: facendo riferimento a De Sade, non è che secoli di repressioni sessuale abbiano prodotto aberranti risultati opposti?


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