26 ottobre 2018

Il linguaggio di Tex a cura di Angelo Ivan Leone


                     Il linguaggio di Tex 

  Il linguaggio di Tex risente indubbiamente della collocazione geografica in cui viene ambientato il fumetto. Ricordiamoci che Tex si chiama così perché è originario del Texas, anche se le sue vicende si svolgeranno per lo più nel Far West al confine col Messico. Quindi abbiamo un plurilinguismo quasi obbligato dei vari personaggi; innanzitutto, troviamo termini anglo-americani, come “mister, miss, ranger, saloon, ranch, colt, winchester, whisky” e altri.
 In virtù del fatto che siamo vicini al Messico, troviamo dei termini spagnoli, come “señor, amigo, gringo, hombre, muchacha, peone, desperado, guerrillero” e altri; delle esclamazioni e imprecazioni tipicamente messicane e spagnoleggianti, tra cui “Caramba!”, “Diablo!”, “Madre de Dios!”, “Muy bien!”, “Bueno!”, “Maldito!”, “Cabron!”; e addirittura delle formule di saluto made in Messico, come “Adios y suerte!”, “Hasta luego!”, “Suerte!”, “Vaja con Dios” .
Abbiamo inoltre, per la convivenza strettissima di Tex con gli indiani e per il suo essere addirittura un capo-tribù, dei termini tipici delle tribù dei nativi d’America: esclamazioni come “Woha!” per quanto riguarda i Navajos e altre tribà confinanti, o “Whae!” per altre tribù indiane dislocate più a nord; “Ugh” e “Augh”, rispettivamente “sì” per i Navajos e per gli Apache. Troviamo inoltre termini tecnici del mondo proprio degli indigeni indiani, come “sakem” che è una sorta di stregone e capo-tribù; il caratteristico “calumet” della pace, una pipa che Tex fuma insieme ai suoi pards o da solo per acclimatarsi e stabilire il miglior clima possibile insieme a uno dei tanti capi indiani. Infine, abbiamo la cintura del sacro “wampum”, che è una cintura utilizzata, per lo più in fronte, dalle tribù di nativi americani dell'America Nord-orientale, alla quale appartengono i Navajos di Tex, come oggetto rituale e religioso, spesso scambiato come testimonianza e vincolo durante la stipula di trattati o per ricordare avvenimenti storici. Tale cintura è molto utile a Tex perché dimostra la sua appartenenza da fratello di sangue ai grandi capi indiani e la sua fratellanza con tutti i popoli rossi.
 Ci sono, poi, molte indicazioni sulle varie tribù, realmente esistenti, che fanno parte del mondo texiano. Infatti, nelle storie di Tex non si parla mai generalmente di indiani, ma sempre nello specifico, di volta in volta, di Hopi, Cheyenne, Apache, Nez Percé, Irochesi, Seminole, Cherokee, dei terribili Sioux e, naturalmente, degli immortali Navajo. Per quanto riguarda, invece, le trasferte di Tex, ci sono delle imprecazioni dei suoi compagni, che sono tipicamente, in Canada, francesi o francesizzanti. Ad esempio, il nerboruto meticcio trapper Gros-Jean esclamerà “Mille tonnerres!” o “Sacre diable!” o, meglio ancora, “Per la grande Francia!”. A queste interiezioni, Tex farà da contraltare, magari esclamando il suo immortale e intramontabile “Peste!”. Questa esclamazione di Tex ci fa andare direttamente a quelle che sono delle imprecazioni o dei tic linguistici ricorrenti, se non addirittura degli allocutivi caratterizzanti dei vari personaggi. Tex, infatti, sarà chiamato sempre o quasi sempre da Carson con gli epiteti di “satanasso” o “tizzone d’inferno”. Mentre Tex, a sua volta, definirà il più anziano pard come “vecchio gufo” o “vecchio cammello”.
Tuttavia, per terminare questa carrellata del linguaggio della striscia bonelliana, non possiamo esimerci dal notare anche termini abbastanza complicati e ricercati, propri della cultura del Far West. Ad esempio, in Tex, se qualcuno sta per morire o rischia la vita, si dirà che vuole raggiungere “boot-hill”, alla lettera “collina degli stivali”, come venivano chiamati i cimiteri nel selvaggio West. Oppure, troviamo l’espressione “corral”, per indicare il recinto nel quale sono rinchiusi i cavalli di un ranch. Mentre, i mandriani o cow-boy dormono e lavorano al chiuso della “workhouse”, alla lettera casa di lavoro. I cavalli di Tex, specie se montati da indiani all’indiana, cioè senza sella, sono definiti “mustang”.
Per quanto riguarda poi la cifra stilistica che distingue la scrittura di Gianluigi Bonelli da quella di suo figlio Sergio, si può vedere come si utilizzino allocutivi e vocativi con funzione affettiva, volti cioè ad esprimere un contenuto emotivo. Generalmente, questa funzione la svolgono degli assiomi, ovvero dei nomi aggettivi o sintagmi nominali complessi, con valore spesso spregiativo o scherzoso; valga per tutti quest’esempio esplicativo che si può trovare nei dialoghi tra Tex e Carson: “Fatevi vedere, mammalucchi!” o “Dopo di te, vecchio gufo!” o, ancora, “Cosa strilli, vecchio cammello?” oppure “Dannato zuccone!” . Ci sono poi delle esclamazioni o dei modi di dire che non caratterizzano solo ed esclusivamente Tex, come invece succede per “Peste!”, ma anche Carson, come ad esempio il biblico “Per la barba di Giosafatte!” o lo scherzosissimo ma altrettanto religioso “Matusalemme ballerino!”. Per Tex, possiamo guardare all’esclamazione “Gran Manitù!”, che ci riporta alla cultura indiana di cui è pregno l’intero fumetto.


(c) Angelo Ivan Leone
 

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