Oggi 3 settembre la Repubblica commemora i morti della strage di via Carini a Palermo dove morirono il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, da pochissimo nominato prefetto del capoluogo siciliano, la giovanissima moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo.
Questo orrendo e infame atto è stato uno dei crimini politici: i cosidetti delitti eccellenti, per definirli con le parole di Giovanni Falcone. Con questa strage la mafia "vincente" dei corleonesi inaugurò la stagione di scontro totale e frontale con lo stato.
La realtà storica, tuttavia, racconta di uno stato incapace di difendere i suoi uomini migliori, come avverrà di li a qualche anno anche con uomini del calibro proprio di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Uno stato, quello italiano, che cominciò ad uccidere Dalla Chiesa e lo stesso Falcone, lasciandoli colpevolmente soli. Da ricordare la famosa intervista fatta al Generale da Giorgio Bocca in cui, nell'ufficio di quest'ultimo, non arrivò nemmeno una telefonata a sottolineare l'assoluta solitudine in cui il Generale si muoveva. Al perchè il Generale che combattè e vinse il terrorismo venne lasciato da solo e fatto ammazzare dalla mafia, si dovrebbe rispondere che questa è una delle costanti storiche di questa nostra disperata Italia. Concludo ricordando le parole profetiche e amare di Giovanni Falcone nel suo libro intervista a Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra: "Si muore generalmente perchè si è soli o perchè si è entrati in un gioco troppo grande".
Ricordiamo anche e soprattutto per far si che non accada più che la colpevole, complice e terrificante solitudine venga ad ammazzarci uomini come loro, questo giorno che a Roma avrebbero chiamato come dovremmo fare anche noi: dies nefastus.
(c) Angelo Ivan Leone
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