17 luglio 2018

Montanelli: il coraggio dell'esempio a cura di Angelo Ivan Leone

MONTANELLI: IL CORAGGIO DELL'ESEMPIO di Angelo Ivan Leone

Indro Montanelli smise di essere fascista nel 1936-1937 all'inizio della campagna di Spagna, quando il Fascismo, dopo la campagna di Etiopia e le sanzioni, aveva raggiunto il massimo del suo consenso. Premesso questo e cassata quindi, la stucchevole pregiuziale fascista, c'è da aggiungere che per questo suo rifiuto al Fascismo Montanelli pagò con l'ostracismo e con l'esilio in Estonia. Tornò alla ribalta grazie alle cronache fatte sul Corriere della Sera della guerra tra Finlandia e URSS e da allora iniziò la sua parabola come giornalista più amato dagli italiani, tanto che lo definirono: il principe. Montanelli pagò il suo rifiuto al Fascismo con la condanna a morte che gli diedero i nazisti che lo imprigionarono nel carcere di San Vittore e, dal quale, solo fortunosamente riuscì ad evadere. Montanelli pagò, ancora di più se è possibile, il suo rifiuto al Comunismo con le 4 pallottole che i brigasti rossi gli spararono mentre si recava alla sede del Giornale da lui diretto e fondato per 20 anni. Montanelli, dopo svariati anni, perdonò i suoi sicari e strinse loro la mano perché, frase sua, indimenticabile: con i nemici sconfitti si brinda. Montenelli pagò il suo rifiuto al berlusconismo lasciando il Giornale da lui diretto e fondato per 20 anni e fondando la Voce. Lasciò la sua creatura editoriale amata e venerata di cui lui era stato padre e bandiera per ricominciare un avventura a 85 anni suonati. Sfido chiunque dei vegliardi attuali di questa macilenta e tremebonda italietta a fare altrettanto. Le opere scritte da Montanelli, la sua storia d'Italia in particolare, ebbero un immenso successo di pubblico e questa fu la sua opera più grande avendo reso un servigio immenso al popolo e alla nazione di cui era un immenso figlio. Il servigio reso fu quello di avvicinare gli uni (il popolo) all'altra (la nazione), quella di aver fatto conoscere la storia del proprio Paese ad un popolo che se ne è sempre strafotutto, proprio perché ha trovato quegli intellettuali di cui fu sempre acerrimo nemico, quasi tutti di sinistra seppur con parecchi soldini, che hanno reso la cultura italiana distante e lontana dal popolo, proprio il contrario di quello che dovrebbe essere e hanno reso lo stesso circuito culturale una sorta di grossa mafia. Come se non ce ne fossero già abbastanza in questo Paese che è mafioso nel suo dna. Sul fatto, infine, che il comunismo di Mosca, come tutti i comunismi che sono arrivati al potere, fosse: inumano, violento, persecutore e creatore di povertà non è che aveva ragione Montanelli, è stata la storia a dimostrarcelo, altrimenti non si spiegherebbe il perché il comunismo sia imploso dal di dentro, lasciando partita vinta al regime capitalista che non è certo il paradiso in terra, eppure si è rivelato, alla prova dei fatti, migliore e più duraturo del regime nato in URSS. Per quanto riguarda la sua prosa che era semplice, pulita e bellissima io mi auguro che anche uno solo, uno soltanto dei tanti soloni e intellettuali engagé e non, che abbiamo in Italia, sappiano scrivere bene anche solo la decima parte di come scriveva Montanelli e, sopratutto, che abbiano anche solo un millesimo delle palle che aveva lui.
Indro Montanelli smise di essere fascista nel 1936-1937 all'inizio della campagna di Spagna, quando il Fascismo, dopo la campagna di Etiopia e le sanzioni, aveva raggiunto il massimo del suo consenso. Premesso questo e cassata quindi, la stucchevole pregiuziale fascista, c'è da aggiungere che per questo suo rifiuto al Fascismo Montanelli pagò con l'ostracismo e con l'esilio in Estonia. Tornò alla ribalta grazie alle cronache fatte sul Corriere della Sera della guerra tra Finlandia e URSS e da allora iniziò la sua parabola come giornalista più amato dagli italiani, tanto che lo definirono: il principe. Montanelli pagò il suo rifiuto al Fascismo con la condanna a morte che gli diedero i nazisti che lo imprigionarono nel carcere di San Vittore e, dal quale, solo fortunosamente riuscì ad evadere. Montanelli pagò, ancora di più se è possibile, il suo rifiuto al Comunismo con le 4 pallottole che i brigatisti rossi gli spararono mentre si recava alla sede del Giornale da lui diretto e fondato per 20 anni. Montanelli, dopo svariati anni, perdonò i suoi sicari e strinse loro la mano perché, frase sua, indimenticabile: con i nemici sconfitti si brinda. Montenelli pagò il suo rifiuto al berlusconismo lasciando il Giornale da lui diretto e fondato per 20 anni e fondando la Voce. Lasciò la sua creatura editoriale amata e venerata di cui lui era stato padre e bandiera per ricominciare un avventura a 85 anni suonati. Sfido chiunque dei vegliardi attuali di questa macilenta e tremebonda italietta a fare altrettanto. Le opere scritte da Montanelli, la sua storia d'Italia in particolare, ebbero un immenso successo di pubblico e questa fu la sua opera più grande avendo reso un servigio immenso al popolo e alla nazione di cui era un immenso figlio. Il servigio reso fu quello di avvicinare gli uni (il popolo) all'altra (la nazione), quella di aver fatto conoscere la storia del proprio Paese ad un popolo che se ne è sempre strafotutto, proprio perché ha trovato quegli intellettuali di cui fu sempre acerrimo nemico, quasi tutti di sinistra seppur con parecchi soldini, che hanno reso la cultura italiana distante e lontana dal popolo, proprio il contrario di quello che dovrebbe essere e hanno reso lo stesso circuito culturale una sorta di grossa mafia. Come se non ce ne fossero già abbastanza in questo Paese che è mafioso nel suo dna. Sul fatto, infine, che il comunismo di Mosca, come tutti i comunismi che sono arrivati al potere, fosse: inumano, violento, persecutore e creatore di povertà non è che aveva ragione Montanelli, è stata la storia a dimostrarcelo, altrimenti non si spiegherebbe il perché il comunismo sia imploso dal di dentro, lasciando partita vinta al regime capitalista che non è certo il paradiso in terra, eppure si è rivelato, alla prova dei fatti, migliore e più duraturo del regime nato in URSS. Per quanto riguarda la sua prosa che era semplice, pulita e bellissima io mi auguro che anche uno solo, uno soltanto dei tanti soloni e intellettuali engagé e non, che abbiamo in Italia, sappiano scrivere bene anche solo la decima parte di come scriveva Montanelli e, soprattutto, che abbiano anche solo un millesimo delle palle che aveva lui.

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