Montanelli: il coraggio dell'esempio a cura di Angelo Ivan Leone
MONTANELLI: IL CORAGGIO DELL'ESEMPIO di Angelo Ivan Leone
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Montanelli smise di essere fascista nel 1936-1937 all'inizio della
campagna di Spagna, quando il Fascismo, dopo la campagna di Etiopia e
le sanzioni, aveva raggiunto il massimo del suo consenso. Premesso
questo e cassata quindi, la stucchevole pregiuziale fascista, c'è da
aggiungere che per questo suo rifiuto al Fascismo Montanelli pagò
con l'ostracismo e con l'esilio in Estonia. Tornò alla ribalta
grazie alle cronache fatte sul Corriere della Sera della guerra tra
Finlandia e URSS e da allora iniziò la sua parabola come giornalista
più amato dagli italiani, tanto che lo definirono: il principe.
Montanelli pagò il suo rifiuto al Fascismo con la condanna a morte
che gli diedero i nazisti che lo imprigionarono nel carcere di San
Vittore e, dal quale, solo fortunosamente riuscì ad evadere.
Montanelli pagò, ancora di più se è possibile, il suo rifiuto al
Comunismo con le 4 pallottole che i brigasti rossi gli spararono
mentre si recava alla sede del Giornale da lui diretto e fondato per
20 anni. Montanelli, dopo svariati anni, perdonò i suoi sicari e
strinse loro la mano perché, frase sua, indimenticabile: con i
nemici sconfitti si brinda. Montenelli pagò il suo rifiuto al
berlusconismo lasciando il Giornale da lui diretto e fondato per 20
anni e fondando la Voce. Lasciò la sua creatura editoriale amata e
venerata di cui lui era stato padre e bandiera per ricominciare un
avventura a 85 anni suonati. Sfido chiunque dei vegliardi attuali di
questa macilenta e tremebonda italietta a fare altrettanto. Le opere
scritte da Montanelli, la sua storia d'Italia in particolare, ebbero
un immenso successo di pubblico e questa fu la sua opera più grande
avendo reso un servigio immenso al popolo e alla nazione di cui era
un immenso figlio. Il servigio reso fu quello di avvicinare gli uni
(il popolo) all'altra (la nazione), quella di aver fatto conoscere la
storia del proprio Paese ad un popolo che se ne è sempre
strafotutto, proprio perché ha trovato quegli intellettuali di cui
fu sempre acerrimo nemico, quasi tutti di sinistra seppur con
parecchi soldini, che hanno reso la cultura italiana distante e
lontana dal popolo, proprio il contrario di quello che dovrebbe
essere e hanno reso lo stesso circuito culturale una sorta di grossa
mafia. Come se non ce ne fossero già abbastanza in questo Paese che
è mafioso nel suo dna. Sul fatto, infine, che il comunismo di Mosca,
come tutti i comunismi che sono arrivati al potere, fosse: inumano,
violento, persecutore e creatore di povertà non è che aveva ragione
Montanelli, è stata la storia a dimostrarcelo, altrimenti non si
spiegherebbe il perché il comunismo sia imploso dal di dentro,
lasciando partita vinta al regime capitalista che non è certo il
paradiso in terra, eppure si è rivelato, alla prova dei fatti,
migliore e più duraturo del regime nato in URSS. Per quanto riguarda
la sua prosa che era semplice, pulita e bellissima io mi auguro che
anche uno solo, uno soltanto dei tanti soloni e intellettuali engagé
e non, che abbiamo in Italia, sappiano scrivere bene anche solo la
decima parte di come scriveva Montanelli e, sopratutto, che abbiano
anche solo un millesimo delle palle che aveva lui.
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Montanelli smise di essere fascista nel 1936-1937 all'inizio della
campagna di Spagna, quando il Fascismo, dopo la campagna di Etiopia e
le sanzioni, aveva raggiunto il massimo del suo consenso. Premesso
questo e cassata quindi, la stucchevole pregiuziale fascista, c'è da
aggiungere che per questo suo rifiuto al Fascismo Montanelli pagò
con l'ostracismo e con l'esilio in Estonia. Tornò alla ribalta
grazie alle cronache fatte sul Corriere della Sera della guerra tra
Finlandia e URSS e da allora iniziò la sua parabola come giornalista
più amato dagli italiani, tanto che lo definirono: il principe.
Montanelli pagò il suo rifiuto al Fascismo con la condanna a morte
che gli diedero i nazisti che lo imprigionarono nel carcere di San
Vittore e, dal quale, solo fortunosamente riuscì ad evadere.
Montanelli pagò, ancora di più se è possibile, il suo rifiuto al
Comunismo con le 4 pallottole che i brigatisti rossi gli spararono
mentre si recava alla sede del Giornale da lui diretto e fondato per
20 anni. Montanelli, dopo svariati anni, perdonò i suoi sicari e
strinse loro la mano perché, frase sua, indimenticabile: con i
nemici sconfitti si brinda. Montenelli pagò il suo rifiuto al
berlusconismo lasciando il Giornale da lui diretto e fondato per 20
anni e fondando la Voce. Lasciò la sua creatura editoriale amata e
venerata di cui lui era stato padre e bandiera per ricominciare un
avventura a 85 anni suonati. Sfido chiunque dei vegliardi attuali di
questa macilenta e tremebonda italietta a fare altrettanto. Le opere
scritte da Montanelli, la sua storia d'Italia in particolare, ebbero
un immenso successo di pubblico e questa fu la sua opera più grande
avendo reso un servigio immenso al popolo e alla nazione di cui era
un immenso figlio. Il servigio reso fu quello di avvicinare gli uni
(il popolo) all'altra (la nazione), quella di aver fatto conoscere la
storia del proprio Paese ad un popolo che se ne è sempre
strafotutto, proprio perché ha trovato quegli intellettuali di cui
fu sempre acerrimo nemico, quasi tutti di sinistra seppur con
parecchi soldini, che hanno reso la cultura italiana distante e
lontana dal popolo, proprio il contrario di quello che dovrebbe
essere e hanno reso lo stesso circuito culturale una sorta di grossa
mafia. Come se non ce ne fossero già abbastanza in questo Paese che
è mafioso nel suo dna. Sul fatto, infine, che il comunismo di Mosca,
come tutti i comunismi che sono arrivati al potere, fosse: inumano,
violento, persecutore e creatore di povertà non è che aveva ragione
Montanelli, è stata la storia a dimostrarcelo, altrimenti non si
spiegherebbe il perché il comunismo sia imploso dal di dentro,
lasciando partita vinta al regime capitalista che non è certo il
paradiso in terra, eppure si è rivelato, alla prova dei fatti,
migliore e più duraturo del regime nato in URSS. Per quanto riguarda
la sua prosa che era semplice, pulita e bellissima io mi auguro che
anche uno solo, uno soltanto dei tanti soloni e intellettuali engagé
e non, che abbiamo in Italia, sappiano scrivere bene anche solo la
decima parte di come scriveva Montanelli e, soprattutto, che abbiano
anche solo un millesimo delle palle che aveva lui.
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