25 luglio 2018

MINUTE DI PASSAGGI DI TEMPO Paesaggi narrativi metatemporali di Italo Arcuri a cura di Vincenzo Capodiferro


MINUTE DI PASSAGGI DI TEMPO
Paesaggi narrativi metatemporali di Italo Arcuri

Minute di passaggi di tempo” è una raccolta di racconti di Italo Arcuri, edita da Emia, nel 2017. L’autore di Sant’Agata di Esaro, giornalista e scrittore impegnato nel sociale, ha già prodotto diverse opere, tra cui segnaliamo le più recenti: Ambrogio Donini e la storia delle idee (2016); Il Rifiuto. Riano, parole e immagini di una lotta di popolo (2016); Memme Bevilatte salvata da Teresa (2014); Il corpo di Matteotti (2013). “Minute” è un lavoro straordinario - a parte l’assonanza con “minuti”, per cui si ha la stessa radice etimologica che indica frammento, minimo - in cui l’autore ci offre dei paesaggi dell’anima, proiettati in un locus letterario a-spaziale e atemporale, o meglio metatemporale. “Passaggi di tempo” indica infatti uno sfondo di proiezione introspettiva diacronica, in cui la temporalità, con tutte le sue estasi - qui rammemoriamo il paesaggio heideggeriano che si perde nella “Radura”, nell’”Orizzonte” - si dispiega invece in una rappresentazione unitaria, in cui vengono riportate tutte le fratture, o le continuità temporali intensive, proprio come in un marcato paesaggio impressionista. Come gli impressionisti dipingevano en plein air non la realtà così come è, ma come viene percepita dall’occhio dell’artista, così fa Italo in questo esperimento narrativo, in cui vengono giustapposte esperienze passatiste e futuriste, verosimili e realistiche. Il tempo, come diceva Bergson, non è dato dalla semplice successione spazializzatrice matematica, ma dalla durata. È l’anima la misura del tempo, come asseriva il grande Stagirita. Il tempo è il vero vissuto coscienziale, l’erlebnis. Nel mondo dell’inconscio - come aveva intuito Freud - non vi è la dimensione temporale ordinaria, ma quella straordinaria, diacronica, metatemporale. La durata di Bergson ci rimanda direttamente a questo spazio-tempo dell’anima, che dai tempi di Agostino fino a Freud diviene il “Fondo dell’anima”, come lo descrivevano i Romantici, riprendendo un’accezione tipica dei mistici medievali. Poi vi sono intermezzi poetici significativi, come “Il mio papà”: «Dava del tu al legno,/ lavorando a testa bassa con riguardo/ Amava sua moglie con sentimento carico/ levigando affetto e premura …». Ma guardate ai racconti: la storia di Elsa, questa scrofa che viene uccisa nei ricordi dell’infanzia tra lo strazio dei bambini che le si erano affezionati, o la storia di Jamal, il migrante inghiottito da questo mare famelico, il Mediterraneo, o tanti altri! I racconti sono per la maggior parte drammatici. In questo esperimento si risente naturalmente l’indole tipica degli scrittori sudisti, tra le “sudate carte”. Come in leopardiani “idilli” che cominciano in gioia e finiscono in noia, o dolore i racconti di Italo trasudano un velato pessimismo verista, che sa di Verga e di Capuana, anche nelle proiezioni futuristiche, come in “Il sonno preservato”, storia di questa ragazza morente che richiede al giudice inglese di farsi ibernare, cioè eternare come un(a) “Galata morente”. Non vi è neppure l’illusione del “Velo di Maia” che a Schopenhauer concedeva veramente dei sollazzi dal dolore. Italo tocca varie tematiche forti, come il terremoto di Amatrice, il bullismo, le patologie, etc. E le tocca con lo stesso piglio storico-giornalistico. Italo fa il giornalista con se stesso. È bello questo esperimento di auto-giornalismo o auto-storicismo. D'altronde non dimentichiamo che giornale deriva da “giorno”, cioè riportare alla luce, all’attualità. Italo ritrae l’esperienza forte del dolore, di quel fantomatico “male di vivere” che ha accompagnato una folle folla di nostri letterati del Novecento. Ci soffermiamo soltanto in alcuni aspetti, che in particolare ci hanno colpito nella lettura di Minute. Innanzitutto “L’eredità di un difetto”: «C’è chi nel corso dell’esistenza eredita case, palazzi e soldi e chi invece riceve in lascito la sordità. Quando mi è stata diagnosticata l’otosclerosi ci sono rimasto male, …». Ecco che con stile libero, sciolto, efficace, chiaro l’artista si lamenta del proprio dolore, un dolore lancinante, ma un dolore altrettanto prezioso, noi diremmo, nel segno della Provvidenza: Beethoven era sordo … eppure! E Goya? Anche i difetti, le imperfezioni, seppure ereditarie sono tanto preziose nel complesso dell’economia olistica dell’universo. Sono queste piccole differenze che nella natura di tutte le cose avvalorano le varie essenze, anzi le imperfezioni provocano perfezioni maggiori. I più bassi, come Napoleone, Attila, Stalin, Mozart ed altri diventano alti, etc. Si ha una metamorfosi, che non è solo “complesso di inferiorità”, come se Adler avesse ridotto il mondo ad una congerie di impotenti: tutti afflitti dal complesso di impotenza, altro che “volontà di potenza”! Un altro aspetto su cui vogliamo fare una riflessione è dato da “Chi è del Sud”: «Chi è del Sud, di tutti i Sud del mondo … Chi è del Sud, di tutti i Sud del mondo, sa più di ogni altro cos’è l’affetto, l’attenzione e la presenza …». Anche qui l’autore rimarca la propria sudità, che è parallela a sordità, etc. Ma la sudità diviene l’essenza del mondo, il “Sale della Terra”, il sole, la solarità. È perché c’è quel male, che non è solo male morale, ma male fisico, anche metafisico, riprendendo Agostino, che il bene diviene così prezioso ed attento alle nostre esigenze. Il Bene precede il male e lo valorizza, lo impreziosisce per la redenzione sociale del debole, del vinto. La voce dei deboli così diviene forte, e quella dei vinti vincitrice. Il messaggio forte di tutti i pessimisti in verità ci dice il contrario: il male si trasfigura in bene. La Ginestra resiste sulle falde dello Sterminator Vesevo e se ne frega di tutta la languente social-catena degli afflitti. E coi suoi fiori ci deride. «Ecco, io sono più forte di voi, rammolliti!». La Natura provvede sempre a se stessa, supera ogni male e il tutto va avanti, sempre, sempre! L’essere del Sud è “per natura” un tale essere. L’approccio positivistico, o neopositivistico delle razze/classi/civiltà, chiamatele come volete, sempre in perenne lotta tra di loro, qui viene perennizzato in un “Sud di tutti i sud”. Chi è del sud è marchiato a vita, è come Rosso malpelo, o come la scrofa Elsa, destinata al macello, o al naufragio, non vi è nulla da fare. E il naufragar m’è dolce in questo mare, nel Mediterraneo: questa è la vita!

Vincenzo Capodiferro

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