IL MAL DI SPREAD di Antonio Laurenzano
IL
MAL DI SPREAD
di Antonio
Laurenzano
Luna di miele movimentata
per la coppia Di Maio-Salvini. Il “governo del cambiamento” del
Presidente Conte, dopo la fiducia in Parlamento, è chiamato ora a
vincere la sfiducia dei mercati. Resta da chiarire la rotta che
s’intende seguire sul debito pubblico il cui aumento causerebbe il
declassamento del “merito creditizio” del Paese da parte delle
agenzie di rating e quindi lo stop della Bce per l’acquisto dei
nostri Btp. L’Italia rischierebbe l’uscita dal “livello sicuro”
di investimento con effetto domino sulla tenuta dei conti pubblici.
Con la chiusura del “quantitative easing” da parte della Bce, che
compra 30 miliardi di euro al mese di bond governativi, il Paese si
troverebbe ad affrontare le speculazioni degli investitori
internazionali per recuperare le risorse necessarie a rifinanziare
il debito in scadenza (420 miliardi di euro nel 2019).
La spesa corrente dello
Stato dal 2013 è stata tagliata di quasi il 3% del Pil e il surplus
di bilancio, prima di pagare gli interessi sul debito, resta tra i
più alti d’Europa. Negli scambi con il resto del mondo l’Italia
lo scorso anno ha registrato un surplus per 47 miliardi di euro. Ma,
a causa dell’enorme debito pubblico (132% del Pil), il secondo in
Europa, il terzo nel mondo, basta un venticello per farci
improvvisamente cadere nel panico finanziario. In agguato il “grande
fratello”: lo spread, il “termometro della fiducia dei governi”,
ossia il differenziale tra il rendimento del Btp decennale, il titolo
rappresentativo del debito pubblico italiano, e il Bund decennale
tedesco, che per la sua bassa rischiosità è considerato titolo di
riferimento per il mercato.
L’Italia, con spese
annue che superano il 30% le entrate, ricorre a investitori e banche
per coprire il debito pubblico che, se non garantito da una
governance politica credibile, può incidere sull’ affidabilità
dello Stato, sulla sua solvibilità per scongiurare la quale e
attrarre nuovi capitali si è obbligati ad alzare il rendimento,
ossia il saggio d’interesse con ulteriore crescita del debito. Una
variazione in aumento dell’1% significa 25 miliardi di euro l’anno,
pari a una manovra finanziaria, e quindi meno risorse per servizi
pubblici, riduzione di tasse e costo del lavoro. Ma significa anche
mutui e prestiti più cari per famiglie e imprese, il che accresce
il rischio delle banche, diminuisce la loro propensione al credito.
Da qui il crollo dei titoli bancari appesantiti dalla grande quantità
di Btp in portafoglio.
In un mercato in
fibrillazione tanti i dubbi sulle prospettive economiche del Paese:
risparmi e investimenti, e quindi i conti pubblici, si tutelano con
azioni di governo responsabili senza rincorrere sogni proibiti!
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