25 giugno 2018

Camera – VII Prix Pictet - Space a cura di Marco Salvario


Camera – VII Prix Pictet - Space
Marco Salvario

Dal 23 maggio al 26 agosto 2018, Camera - Centro Italiano per la Fotografia ha ospitato nel suo spazio espositivo di Torino i finalisti del settimo ciclo del Prix Pictet.  Il Gruppo Pictet accoglie i contributi di fotografi impegnati nelle sfide ambientali e sociali dei nostri tempi; il tema di questa edizione, collegato al concetto di “sostenibilità”, era “Space”, lo spazio.
Più di 700 i fotografi di tutto il mondo che hanno accettato la sfida e presentato i loro lavori, dodici i selezionati e, a mio giudizio, tutte le opere dei finalisti erano di altissimo livello. Purtroppo nessun fotografo italiano tra di loro.
Nel seguito mi sono soffermato sui messaggi delle opere che più mi hanno colpito e sul loro impatto emotivo sul pubblico. I fotografi che le hanno realizzate sono bravissimi professionisti e nessun appunto sulle scelte espressive o sulle tecniche utilizzate poteva essere sollevato.
La mostra s’inserisce tra le molte proposte di FO.TO Fotografi a Torino, che hanno coinvolto decine d artisti e di gallerie d’arte della mia città.




Michael Wolf

Questo fotografo tedesco ha trovato ispirazione fotografando, all’interno di una stazione della metropolitana di Tokio, i lavoratori pendolari in transito che, dalle estreme periferie della capitale nipponica, dove i prezzi degli alloggi sono relativamente più accessibili, raggiungono i propri posti di lavoro nei quartieri ricchi del centro. Ogni ottanta secondi transitava davanti alla sua macchina fotografica un treno stracolmo di passeggeri stremati, ancora assonnati, costretti a respirare aria povera di ossigeno e satura di umidità. A milioni questi lavoratori dai volti annebbiati, sofferenti, quasi deformati e dagli occhi chiusi, ripetono il loro calvario tutte le mattine per tutta la loro vita. La loro condizione al limite della resistenza fisica, colta attraverso i finestrini chiusi, è un atto di accusa che ci costringe a meditare sulle leggi che regolano il lavoro della nostra società anche nei paesi più ricchi ed economicamente solidi.




Richard Mosse

Con Mosse, il premio Pictet di questa edizione è andato in Irlanda; oltre alla possibilità di fare conoscere le sue opere in città dove le sue fotografie e quelle degli altri finalisti sono e saranno esposte, l’artista si è portato a casa 100.000 franchi svizzeri che sono una bella cifra, circa 87.000 euro al cambio di oggi.
Per realizzare i suoi lavori, Mosse utilizza una fotocamera termica militare con teleobiettivo, che gli consente di documentare anche da chilometri di distanza la vita all’interno dei siti europei dove sono racchiusi, spesso per periodi lunghissimi e sotto lo stretto controllo dell’esercito, i rifugiati in fuga dalle guerre o dalla miseria. Senza bisogno di commenti, senza che siano cercate immagini di effetto che spesso falsano e distorcono il messaggio di una fotografia, ci viene offerto lo squallido spettacolo di provvisorietà e abbandono normalmente nascosto ai nostri occhi da recinzioni e barriere. Questa visione apparentemente ordinata e senza tempo, fa venire in mente immagini del passato che speravamo, almeno nella nostra Europa, non avremmo più dovuto vedere e che invece si stanno ripetendo ora, oggi, senza che noi ne siamo completamente coscienti.
Nessuno è più cieco di chi non vuole vedere e la nostra cecità ci fa rifiutare ogni senso di colpa.




Benny Lam

Lam ci mostra riprendendola dall’alto, mi vengono in mente le mappe di Google, la vita nei minimi spazi in cui i poveri di Hong Kong sono costretti a rifugiarsi. Un letto e intorno quanto serve per lavarsi, cucinare, vestirsi. Un vecchio televisore, luride pentole, fili elettrici volanti, stracci, sacchetti, qualche foto o ritaglio di giornale; nessuna finestra. Poco lontano possiamo immaginare le luci e la ricchezza dei grattacieli e dei negozi di lusso, eppure in queste misere celle c’è dignità e rispetto per se stessi.
Se volete sentirvi male, pensate di scambiare per un mese, per una settimana o anche solo per un giorno, la vostra vita con queste persone.




Munem Wasif

Terra desolata il confine tra India e Bangladesh, dove Wasif è nato. Terra povera di suo e devastata da guerre interminabili e dimenticate, da sfruttamento e inquinamento. Qui l’industria ha depredato e frantumato anche le pietre, non trovando altro da portare via. Wasif ci mostra quella che potrebbe essere una cava abbandonata, dove tutto è desolazione. Un polveroso mucchio di vestiti impolverati, quasi invisibile, mostra quello che resta di un uomo, probabilmente un cadavere, forse un migrante morto di stenti oppure depredato da una banda di disperati che gli hanno rubato anche il poco che aveva.
Questa fotografia ha riportato davanti ai miei occhi il ricordo della parabola del buon samaritano che, lungo il suo percorso, trova e soccorre un giudeo ferito dai briganti; purtroppo nel mondo presente nessun samaritano passa su queste strade.




Pavel Wolberg

Wolberg è un fotografo russo e ha documentato il conflitto tra Russia e Ucraina.
Uomini sulle barricate, coraggiose donne inermi che affrontano la polizia schierata in tenuta antisommossa, contrapposizioni cariche di tensione e a volte di speranze. Barriere che separano, dividono, che però accolgono popoli, uomini e donne, vecchi e giovani, in nome di una ritrovata condivisione di valori.
Mentre Wolberg fotografa gli uomini sulla barricata, due di quegli uomini stanno fotografando nella sua direzione e una giovane donna lo guarda con curiosità. Mondi che si studiano, che si fronteggiano, che cercano di conoscersi e di non odiarsi.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

Buona Pasqua

  Auguri di Buona Pasqua ai collaboratori, ai lettori, a chi passa per curiosità! A rileggerci dopo le festività!