CONTI PUBBLICI, IL RISIKO DEL FUTURO GOVERNO di Antonio Laurenzano
CONTI PUBBLICI, IL RISIKO DEL FUTURO GOVERNO
di Antonio Laurenzano
Giorni caldi
per la formazione della maggioranza parlamentare che dovrà esprimere
il nuovo Governo. Prove di dialogo, prime aperture, primi rifiuti.
Ma, in concreto, dopo gli spot elettorali diffusi fra illusioni e
paure, cosa c’è … nell’incubatrice dei partiti? Quali sono le
reali opzioni in agenda? Certo, non sarà facile passare da un’azione
di marketing per la cattura del voto a un’azione di governo in
linea con gli impegni presi con l’elettorato. Tante mirabolanti
promesse, tutte nel segno di un rigetto del Patto di stabilità e dei
vincoli di finanza pubblica imposti dai Trattati europei,
sottoscritti in passato. Congelato ogni aumento di tasse.
E proprio la
politica fiscale è stato uno dei temi più dibattuti nel corso
dell’ultima campagna elettorale. In particolare, la flat tax
(“tassa piatta”: sistema fiscale non progressivo con una sola
aliquota, indipendentemente dal livello di reddito del contribuente)
ha dominato la scena. Grande interesse (e aspettative) hanno generato
anche la cancellazione della Legge Fornero e il reddito di
cittadinanza. Misure politiche che, se introdotte, causerebbero
-secondo la “profezia” di Mario Monti- “la strage degli
innocenti: gli italiani di domani farebbero bene a non nascere, per
non essere stroncati dal debito pubblico che scaricheremmo su di
loro”. Un giudizio fortemente critico sulle future vicende
governative legittimato dal richiamo di questi giorni che viene da
Bruxelles con l’annuale “rapporto-Paese” relativo all’Italia,
“un Paese con alto debito pubblico e protratta bassa redditività,
un Paese con squilibri eccessivi che rappresentano un rischio per il
resto dell’Europa”. Un avvertimento per chi si insedierà a
Palazzo Chigi nella previsione anche di una politica monetaria della
Bce meno espansiva e di un probabile rallentamento economico
dell’area europea per i venti protezionistici che soffiano
minacciosi dagli Stati Uniti. Un quadro macro-economico sul quale
riflettere con attenzione prima di imboccare cattive direzioni di
marcia.
Già nel
prossimo Documento di economia e finanza (Def) del 10 aprile (da
inviare a Bruxelles entro la fine dello stesso mese) dovrebbero
essere chiare le linee guida della strategia economica e di finanza
pubblica nel medio termine. Ma la dichiarazione di un candidato
premier sui vincoli europei lascia poco spazio alla fantasia: “Sarà
un Def alternativo ai diktat dei tecnocrati di Bruxelles”. Una
dichiarazione non difforme da altre registrate nelle ultime ore, una
prova di forza che deve però fare i conti con la spada di Damocle
che pende sul futuro bilancio: le “clausole di salvaguardia”
introdotte negli anni scorsi a tutela dei saldi di finanza pubblica,
pari a un totale di 31,5 miliardi nel biennio 2019-2020. Quindi, se
nella prossima Legge di bilancio il nuovo Governo non troverà
risorse compensative (per l’anno 2019 oltre 12 miliardi) scatterà
l’aumento dell’Iva dal gennaio 2019: dal 10 al 12% l’aliquota
ridotta, dal 22 al 24,2% quella ordinaria. Operazione che si
completerà nel 2020 con il rispettivo passaggio al 13 e al 24,9%,
con buona pace dei consumi!
E’ stretta
la strada per evitare la tagliola degli aumenti Iva: sostituire le
clausole di salvaguardia con tagli alla spesa (impresa difficile:
Cottarelli docet!), aumenti del prelievo fiscale (misura impopolare a
poche settimane dal voto), oppure invocare nuovamente la
“flessibilità europea”, finanziando cioè il mancato gettito in
deficit e rinviando l’assestamento dei conti, con il nullaosta
della Commissione europea, a tempi migliori. Ma non sarà scontato il
via libera di Bruxelles in considerazione dei ritocchi approvati alla
Legge Fornero che, in prospettiva, determinano una crescita della
spesa previdenziale. Partita complessa e delicata che richiede
“grande senso di responsabilità nell’interesse generale del
Paese e dei suoi cittadini”, come ha auspicato il Presidente
Mattarella in un appello ai leader politici. Superare le asprezze
della campagna elettorale per scongiurare un’eventuale e poco
auspicabile “procedura d’infrazione” a livello europeo e dare
all’Italia, in tempi rapidi, una stabile governance politica ed
economica.
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