NIETZSCHE PANTEISTA NEOPAGANO Religione dionisiaca ed eterno ritorno a cura di Vincenzo Capodiferro
NIETZSCHE
PANTEISTA NEOPAGANO
Religione
dionisiaca
ed
eterno ritorno
Nietzsche,
il profeta dell’Anticristo e della morte di Dio è veramente un
ateo? Cosa nasconde colui che fa pronunziare a Zarathustra, uno dei
profeti monoteisti dell’antichità, la morte di Dio? Chi è questo
folle che gira nel mercato e si mette a gridare: «Dio è morto»? In
verità l’ateismo come forma religiosa, così come è stata
espressa da Feuerbach, Marx, Nietzsche e Freud, discende direttamente
dal panteismo hegeliano. Dal tutto al nulla il passo è facile.
L’uomo senza un dio non può vivere, così vengono proposte altre
divinità: l’”Homo homini deus” di Feuerbach, la dea Materia di
Marx, la dea Volontà di Schopenhauer, il dio Es di Freud ed il suo
diavolo Thanathos - cioè la Trinità Es, Eros e Thanathos - e il dio
Dioniso di Nietzsche ed il suo oppositore Apollo. Al misticismo
logico di Hegel viene sostituito il misticismo ateo e l’ascetismo
ateo, con tanto di cammino di perfezione: guardate, ad esempio, le
vie di liberazione di Schopenhauer. Queste sono le nuove divinità
che sono state sostituite a Dio. Non si tratta di un vero ateismo. Il
vero ateo non crede in nessuna forma di divinità. Ma esiste allora
il vero ateo? Nella teoria di Nietzsche, che egli escogita nella sua
lucida pazzia, vi sono almeno due punti, che annullano di fatto
l’ateismo di fondo: il dionisismo ed il fato, o eterno ritorno.
Nella “Nascita della Tragedia” Nietzsche prospetta una teoria
interpretativa della civiltà greca, la quale è dualista: Dioniso e
Apollo. Dioniso è «l’affermazione religiosa della vita totale,
non rinnegata, né frantumata». È la forza dell’istinto. È
gettarsi su tutto ciò che l’esistenza propone senza remore morali,
senza pregiudizi razionali, il noumeno. Apollo è l’equilibrio, la
ragione, l’armonia delle forme, identificabile con il fenomeno
kantiano. La tragedia greca fu amore dionisiaco della tragedia della
vita. Socrate ebbe il grave demerito di razionalizzare l’esistenza,
cioè di comicizzarla. Tutta la civiltà occidentale discende dal
socratismo: Platone, Aristotele, il Cristianesimo, il medioevo, la
modernità. Questo dualismo nietzschiano, già kantiano, si
rispecchia in tutte le sfera della vita: vi è una doppia religione,
quella dionisiaca e quella apollinea; vi è una doppia morale, quella
dei forti e quella dei deboli; vi è una doppia arte, e così via. Il
nichilismo di Nietzsche è un finto nichilismo, non porta al nulla,
ma distrugge il tutto per proporre un altro tutto: l’antichissimo
culto di Dioniso e una morale consistente nell’assoluta
sottomissione al Fato. Nietzsche è un neopagano, non è un ateo, è
un panteista rovesciato, perché divinizza l’universo. Dioniso è
la vita cosmica, con le sue leggi ferree ed i suoi ingranaggi.
Dioniso, Wotan dei Germani, è questa Volontà divina che dirige
tutto il cosmo. Il giovane Nietzsche era un filologo appassionato. Si
innamorò di questo dio greco, lo adorò. Come Dioniso fece impazzire
Licurgo, così fece impazzire Nietzsche. Perché Nietzsche ha tentato
di razionalizzare Dioniso, di ingabbiarlo nei suoi schemi del fato e
dell’eterno ritorno. Così gli ha inviato le menadi del delirio, il
vino dell’ebbrezza schizofrenica. Dioniso è l’impulso cosmico,
la Materia divina che si dimena nell’universo e crea la vita, la
Vita, la Zoè. Nietzsche accusa Feuerbach e Schopenhauer di essere
mezzi preti, in realtà egli è un prete intero, è un sacerdote di
Dioniso. I profeti di Dioniso sono gli oltre-uomini, o i superuomini.
L’oltre-uomo è la trasposizione della baccante greca. Dioniso
d'altronde è una specie di androgino, nasce da una doppia
gestazione, dal grembo di Semele e dalla coscia di Zeus. Dioniso non
è altro che il Romanticismo che si oppone all’Illuminismo di
Apollo. Nietzsche è il filosofo di questa esasperazione romantica.
Cristo è per lui un superman, ma il cristianesimo diventa, ciò che
già Kierkegaard aveva identificato come una “malattia mortale”.
Così la religione degli eroi ripropone antichissimi valori: amor
fati,
fedeltà alla terra. Non può esistere una morale senza il bene ed il
male, o al di là del bene e del male: solo che il bene e il male
vengono invertiti: tutto qua! Come non può esistere alcuna morale al
di qua del bene e del male. Questa sarebbe l’ingenuità adamitica
pre-morale, equiparabile alla condizione degli animali, quell’altra,
invece prefigura una condizione ultramorale tipica solo della
divinità. Dio è al di fuori del bene e del male. Così Nietzsche
rifiutati tutti i valori assoluti, ritenuta la vita una fugacità,
non accetta più questa condizione, non si accontenta di fare questa
vita così insignificante, inutile. Di qui spunta la risoluzione a
tutto il suo problema esistenziale nell’estate del 1881: l’eterno
ritorno: «Tutto va, tutto ritorna, la ruota dell’esistenza gira
eternamente. Tutto muore, tutto si rigenera, il ciclo dell’esistenza
prosegue eternamente» (Così
parlò Zarathustra).
«Tutto passa ed insieme tutto ritorna. Tutto ciò che è, è già
stato infinite volte e tornerà infinite volte. Tutto è ritornato:
Sirio e il ragno e i tuoi pensieri in quest’ora e questo tuo stesso
pensiero che tutto ritorna». In realtà non inventa questa teoria,
ma la riprende dall’antica religione filosofia greca: Anassimandro,
Eraclito, Pitagora, Platone, gli Stoici, Plotino ed in parte anche
dal Cristianesimo: tipo la teoria di Origene. Così anche gli Stoici:
«Attraverso la conflagrazione cosmica il mondo riappare e si ripete
in tutto e per tutto: Anito e Meleto torneranno ad accusare Socrate,
Busiride ad uccidere gli ospiti, Ercole a compiere le sue fatiche».
Il problema sta tutto qua: se esiste un eterno ritorno, una legge
cosmica, un charma, necessariamente esiste un legislatore. Il
principio e la fine implicano necessariamente razionalità, implicano
necessariamente una causa efficiente ed una causa finale, cioè
implicano necessariamente Dio. Ma Nietzsche si ostina a negarlo.
L’universo è un «mostro di forze senza principio e senza fine. Si
afferma da sé, anche nella sua uniformità, che rimane la stessa nel
corso degli anni, si benedice da sé, perché è ciò che deve
eternamente ritornare, perché è divenire che non conosce sazietà,
né disgusto, né fatica» (La
volontà di potenza).
La teoria di un universo cieco ed irrazionale, senza leggi, senza
fini è inconciliabile con la teoria dell’eterno ritorno, a meno
che non si ammetta il panteismo: un panteismo ateo, ma in realtà
finto ateo, un panteismo mascherato. Dioniso è il principio vitale
dell’universo, è un principio immanente all’universo. Apollo è
la ragione cosmica. Uno è Ying, l’altro è Yang. Uno è
ispirazione, l’altro è espirazione, entrambi costituiscono la
respirazione. L’uomo è una piccola ruota di questo eterno divenire
ciclico e come tutte le altre cose è stato infinite volte ed
infinite volte tornerà ad essere sempre allo stesso modo di essere:
che noia mortale! Questo eterno ritorno è eguale ad un orologio
troppo preciso, peggio di un orologio svizzero! Tutto torna allo
stesso modo di essere eternamente! Ma come è possibile questo
miracolo, senza un ordinatore? Senza un orologiaio? Questo è un
problema serio, che va risolto! Ricordate gli orologi di Leibniz:
supponiamo che due orologi vanno d’accordo alla perfezione, il
fatto può essere spiegato in vari modi: o perché gli orologi si
influenzano a vicenda, o perché l’orologiaio ha predisposto che i
due orologi si accordino ognuna seguendo meccanicamente le sue leggi
(meccanicismo), o perché l’orologiaio interviene di volta in volta
ad accordare gli orologi (occasionalismo), o perché l’orologiaio
ha fatto così perfetti gli orologi che essi vanno sempre d’accordo
e mai falliscono (armonia prestabilita). Se l’universo è un
orologio infallibile che gira sempre allo stesso modo si deve
presupporre un’armonia prestabilita. Ma un’armonia prestabilita
senza un orologiaio è impossibile. Vediamo i caratteri del
superuomo: l’irrazionalità, l’assurdità: la vita è sogno;
l’assoluta libertà di spirito: se Dio non esiste tutto è
possibile; l’infinita possibilità delle forme di esistenza:
divieni ciò che sei. L’emblema di questa figura è la metamorfosi
del fanciullo, che segue al leone ed al cammello. Ma come possiamo
conciliare questa figura con l’amor
fati?
Vi pare che uno schiavo così cieco del destino possa essere tanto
libero e fare il sognatore o possa fare tutto ciò che crede di fare?
A meno che il Destino non scelga i suoi eroi e torniamo ad una forma
di predestinazione dei superuomini, gli stessi eroi cosmici
hegeliani. Ma anche in tal caso si presuppone un Destinatore. Il
superuomo, come dicevamo, è la trasposizione del baccante, il
seguace di Dioniso. I baccanti, o le menadi, sono invasati,
deliranti. Nietzsche è un baccante dei tempi moderni, tornato dal
ritorno eterno.
Vincenzo
Capodiferro
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