Piccoli forse di Angela Caccia
I segnali della infinita possibilità della vita
Un lungo tempo di lavoro, di gestazione e di volontà ha portato Angela
Caccia alla vitalità profonda di versi come questi: (…) Il cielo brucia più
/dell’inferno (…), (…) Ha piccoli passi /questa sera d’abissi (…), (…) Il giardino
delle rose /piccola grammatica /per gente semplice (…), e altri che in questa raccolta
– nel viaggio tra ritorni e sguardi ancora al largo – offrono e interpretano
una tensione poetica finalmente più certa, più cosciente e meno
agitata a raggiungere, per stratagemmi più che per virtù interna, i risultati
attesi e desiderati.
Intendo che la voce di Angela – per chi la segue da tempo – appare qui più
certa, quasi in apparente contrasto con la sospensione suggerita dal titolo
della raccolta.
Si tratta esattamente di una forza che la poesia, intesa come sguardo inquieto
e mai vago al mondo e alla propria vita, oppone alla ipotetica serie
dei piccoli forse come pure sospensione dubitosa, facendola diventare la
quiete delle accettate possibilità.
Ci sono due modi infatti di leggere i piccoli forse che la vita propone.
Si possono leggere come tarme, come elementi di negazione e di sfaldamento
del tessuto vitale – insomma, piccoli tumori, anticipi di morte – e
sono i forse che paralizzano, i dubbi che solo arrestano il cammino.
Oppure – ed è il caso di questo libro – come segnali della infinita possibilità
della vita, come segni della sua vastità e varietà, rispetto ai quali il cammino
personale individua, se fedele al cuore, un personale destino, dove
non a caso la metafora del porto domina. Un porto fatto di mani che si ritrovano,
di figure dormienti ammirate, di terrazzi da cui guardare la propria
terra e non soltanto i propri sogni.
Il destino è il tema, quasi come guida musicale e non solo come oggetto di
riflessione, di questi versi. Non c’è forse un Ulisse che appare anche come
personaggio tra le pagine, ma che è innanzitutto figura interiore alla voce
poetante? Il destino, per Angela Caccia, è sempre questione dalla risonanza
psicologica forte e complessa. È il termine di discussione della sua poesia
perché lo è della vita. Una vita fatta di accettazione di scarti rispetto a destini
imposti e autoimposti. Rispetto al destino, i piccoli forse sono mine che
fanno esplodere altri possibili con altre possibilità.
~ 12 ~
Angela Caccia, Piccoli forse
Credo che il tema del ritorno, flesso in molti modi, sia il tirante magnetico
di questo libro. Seguiamo la voce della poetessa condurci in diversi territori
e livelli della esistenza. La sua è voce che cerca anche l’attrito, le parole
scostanti. Sa che la poesia non sta solo nel bel verso.
Caccia ci consegna una voce matura, mai rinunciando del tutto ai suoi
scarti, agli umori di una sua scrittura scabra a volte, e pastosa, una voce intenzionata
a colpire.
Non sempre va a segno, ma ormai anche Angela ha imparato che in poesia
non conta l’effetto ma l’affetto. Ovvero il chiarirsi dell’affetto, quel che gli
antichi chiamavano afficio, legame con il mondo, persone e cose, alla luce di
un destino.
Davide Rondoni
Davide Rondoni
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